Co-creazione etica per la ricerca: i risultati del progetto En-RRI Read more about Co-creazione etica per la ricerca: i risultati del progetto En-RRI Immagine aggiungi_unintestazione_4.png Data notizia Thu, 22/06/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Orientare la partecipazione pubblica verso la scienza e la tecnologia per rendere l’innovazione più coerente con i bisogni e le richieste della Società, è questo l’obbiettivo del progetto di ricerca En-RRI (Enhancing RRI in the bottom-up co-creation of science and technology) concluso da poco. Il team di ricerca, coordinato dal Politecnico di Milano e composto da ricercatori dell’Università degli Studi di Padova e dell’Università degli Studi di Trieste, ha lavorato per comprendere e promuovere progetti di innovazione con una forte partecipazione di cittadini e attori della società civile, ovvero i progetti di co-creazione. I processi di co-creazione sono chiave nel portare in primo piano le implicazioni trascurate dell’innovazione. En-RRI ha evidenziato come la co-creazione possa rendere la ricerca e l’innovazione più responsabile sotto il profilo etico e sociale, migliorandone al contempo la percezione e la comprensione pubblica. Come importante risultato del lavoro il team ha realizzato il volume “Co-creazione e responsabilità nell’innovazione tecno-scientifica dal basso”, pubblicato dall’editore Mimesis, che presenta in maniera accessibile i risultati di una lunga ricerca che ha esplorato le modalità attraverso cui è possibile condurre progetti di innovazione nei campi della salute, delle tecnologie digitali e della sostenibilità ambientale, capaci di mettere al centro i cittadini e i potenziali destinatari delle innovazioni. A partire dai risultati di questa ricerca, il progetto En-RRI ha realizzato poi una seconda pubblicazione, un libro illustrato a fumetti “Fare e raccontare la co-creazione della scienza e della tecnologia” che descrive alcuni principi guida (orientati a ricercatori, decisori politici e organizzazioni della società civile) che mirano ad allineare i processi di ricerca e innovazione ai valori sociali condivisi con lo scopo di guidare cittadinanza, istituzioni e comunità scientifiche nell’affrontare le grandi sfide che la società ha oggi di fronte, come quella della transizione ecologica. Inoltre, il libro ha raccontato in modo accessibile e coinvolgente come l’inclusione dei cittadini possa rendere l’innovazione e la ricerca più sostenibili e capaci di intercettare efficacemente i bisogni dei cittadini stessi. Nel complesso, i risultati del progetto En-RRI contribuiscono alla diffusione della ricerca e dell’innovazione responsabile nelle nuove comunità di innovatori e fra le istituzioni scientifiche italiane, stimolando la loro consapevolezza rispetto alle implicazioni sociali delle loro attività e motivandoli a farsi carico della responsabilità relativa sia al processo di ricerca sia ai risultati prodotti. Non vi è dubbio, infatti, che le istituzioni pubbliche dovrebbero essere sempre più attente nel guidare la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica verso una maggiore desiderabilità sociale: si parla di responsabilità della ricerca e dell’innovazione proprio per sottolineare come la dimensione etica debba essere centrale nel modo in cui immaginiamo e progettiamo la scienza e la tecnologia. En-RRI ha avuto durata triennale e il contributo di Fondazione CARIPLO (Bando “Science and Technology Studies, 2019). Il team di ricerca coordinato dal Politecnico di Milano e composto da ricercatori dell’Università degli Studi di Padova e dall’Università degli Studi di Trieste, ha lavorato per dare forma a nuove traiettorie dell’innovazione insieme a diverse organizzazioni fra cui: la Asfo Erbezzo; DeeBee Italia; ènostra; Fondazione FightTheStroke; Molino Tuzzi e Il Patto della Farina del Friuli orientale; OpenDot; Paradigma Innovation Hub e RaspiBO. Open Access En-RRI Libro a fumetti Mostra nel diario Off
Marco Franceschi guida del field trip di un progetto Unesco sul riscaldamento globale Read more about Marco Franceschi guida del field trip di un progetto Unesco sul riscaldamento globale Immagine igcp_739_excursion_2.jpg Data notizia Fri, 23/06/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Il professor Marco Franceschi, geologo del Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell'Università di Trieste, ha guidato, assieme al dott. Alberto Riva dell'Università di Ferrara, il field trip all'interno del progetto Unesco "The Mesozoic-Paleogene hyperthermal events", che ha visto la partecipazione di studiosi di otto università straniere, provenienti da Cina, Inghilterra e Germania. Il progetto in corso rientra tra gli International Geoscience Program (IGCP) che l'agenzia delle Nazioni Unite dedica a tematiche come le georisorse, il cambiamento climatico, il rischio geologico, l’idrogeologia e la geodinamica e, nel caso specifico, si concentra su intervalli del tempo geologico in cui vi sono evidenze di periodi di forte riscaldamento globale. Il loro studio può aiutare a comprendere l’attuale contesto di cambiamento climatico e prevederne gli effetti a lungo termine. L' escursione avvenuta in Italia si è concentrata su due eventi di riscaldamento globale: il Carnian Pluvial Episode e il Toarcian Ocean Anoxic Event, avvenuti rispettivamente all’incirca 235 e 183 milioni di anni fa. Il field trip si è svolto a Longarone e Cortina d’Ampezzo, in provincia di Belluno, dove sono esposte rocce che registrano questi due importanti eventi geologici. I partecipanti, tutti coinvolti nel progetto IGCP 739, provenivano da Nanjing Institute of Geology and Paloentology, Institute of Geology and Geophysics, Chinese Academy of Sciences, Nanjing University, China University of Geosciences (Beijing), Hohai University, Chengdu University of Technology, University of Leeds e University of Hamburg. Abstract Presenti studiosi di otto università straniere, provenienti da Cina, Inghilterra e Germania per una due giorni a Longarone e Cortina d'Ampezzo Mostra nel diario Off
Visita dell'Università cinese di YanShan Read more about Visita dell'Università cinese di YanShan Immagine yanshan.jpeg Data notizia Mon, 26/06/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Il prorettore Valter Sergo e la Delegata per le Relazioni e mobilità internazionale Barbara Milani hanno accolto una delegazione dell’Università di YanShan. L’ateneo cinese è legato ad UniTS da un Memorandum of Understanding, grazie al quale al Dipartimento di Ingegneria e Architettura sono e saranno ospitati studenti di dottorato e docenti per circa un anno. La visita ha rappresentato un'occasione per consolidare i rapporti tra le due Università. Questi i componenti della delegazione: Gao Xu, docente di lingua e cultura cinese all'Università degli studi di Trieste e di Udine, Presidente e fondatore dell'Istituto Nuove Vie della Seta; JanGuo Hou, Ispettore di secondo livello del Dipartimento dell'Istruzione della provincia di Hebei; YuMing Wu, Vice Presidente e Responsabile del Partito Comunista dell’Università di Medicina della provincia di Hebei; ZhengQi Ji, Direttore dell'Ufficio Comunicazione e collaborazione internazionale del Dipartimento dell'Istruzione della provincia di Hebei; SuMin Chu, Direttore del'Ufficio dei dati governativi dell'Ufficio di gestione servizi governativi della provincia di Hebei; Qi Zhang, Direttore dell'Ufficio comunicazione e collaborazione internazionale dell'Università di Medicina della provincia di Hebei e Jun Lu, Direttore dell'Ufficio internazionale dell'Università di YanShan. Mostra nel diario Off
È online il bando Mentors4UniTS, il primo progetto di mentorship di UniTS Read more about È online il bando Mentors4UniTS, il primo progetto di mentorship di UniTS Immagine mentoring.jpg Data notizia Tue, 27/06/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia E' uscito il bando Mentors4UniTS, il primo progetto di mentorship dell'Università di Trieste! Si tratta di un progetto pensato per avviare gli studenti magistrali (anche a ciclo unico) iscritti all’ultimo anno a un percorso di crescita personale in cui il mentor, un professionista laureato all’Università di Trieste, aiuterà lo studente a focalizzare il suo obiettivo professionale e a valorizzare il suo percorso di studi, le sue aspirazioni e attitudini. Gli studenti, partecipando al bando, potranno scegliere il proprio mentor e iniziare un percorso di avvicinamento consapevole al mondo del lavoro. TUTTE LE INFO Abstract Scegli il tuo mentor e iscriviti entro il 23 luglio! Mostra nel diario Off
Idrogeno verde, la scelta più sostenibile nel porto di Trieste Read more about Idrogeno verde, la scelta più sostenibile nel porto di Trieste Immagine aggiungi_unintestazione_5.png Data notizia Thu, 29/06/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia L’idrogeno verde – secondo alcuni importanti indici di efficienza energetica, emissioni di gas climalteranti e costi di produzione - è la soluzione ideale come vettore energetico per le operazioni del porto di Trieste. Sono arrivati a questa conclusione due gruppi di ricerca dell’Università di Padova e dell’Università di Trieste che hanno valutato la sostenibilità ambientale ed economica dell’idrogeno verde prodotto con elettrolizzatori alimentati da elettricità rinnovabile rispetto ad altri tipi di idrogeno (grigio, blu e grid). Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Applied Energy ed è frutto di una collaborazione portata avanti negli ultimi anni dal due gruppi di ricerca coordinati da Alberto Bertucco, professore ordinario di Impianti Chimici all’Università degli studi di Padova e da Maurizio Fermeglia, professore ordinario di Principi di Ingegneria Chimica all’Università degli studi di Trieste. La ricerca è stata svolta all’interno del centro studi “Levi Cases” dell’Università di Padova e del centro per l’energia, l’ambiente ed i trasporti “Giacomo Ciamician” dell’Università di Trieste. I ricercatori hanno svolto un’indagine di confronto fra diversi metodi di produzione di idrogeno per l’impiego a livello locale, con particolare riferimento alle operazioni di movimentazione di merci e persone, al fine di azzerarne le emissioni equivalenti di CO2 fossile. Lo studio ha sviluppato modelli di simulazione predittiva di processi industriali di produzione di idrogeno, che hanno fornito la base per una valutazione quantitativa affidabile. “Siamo partiti dalla necessità di fare chiarezza sui costi e sugli impatti della produzione di idrogeno e quindi dai simulatori di processo per ottenere i dati di bilancio di materia e di energia e dei costi di costruzione, manutenzione ed uso degli impianti per arrivare ad eseguire degli studi affidabili”, sottolinea Andrea Mio, ricercatore in Principi di Ingegneria Chimica presso l’Università di Trieste: “In questo modo il lavoro svolto ha dato indicazioni su diversi aspetti relativi alla sostenibilità: ambientale, economica ed energetica”. Si stima che i porti contribuiscano al 4,7% delle emissioni di CO2 dell’Unione Europea. L’idrogeno può svolgere un ruolo importante nella loro decarbonizzazione, andando progressivamente a sostituire l’alimentazione, oggi principalmente a diesel, di veicoli pesanti quali navi, treni e camion coinvolti nelle attività portuali. “Quello dell’idrogeno è un tema molto caldo nell’ambito della transizione energetica, e negli ultimi anni sono stati pubblicati molti studi a riguardo. Tuttavia, per noi era fondamentale calare lo studio nell’ambito di una specifica applicazione, quella del porto, poiché, come abbiamo capito attraverso i nostri studi, le condizioni al contorno possono influenzare molto i risultati” aggiunge Elena Barbera, ricercatrice in Impianti Chimici presso l’Università di Padova. I dati utilizzati sono quelli relativi al porto di Trieste, ma lo studio offre una metodologia generalizzabile ad altri porti del Mediterraneo che per la prima volta considera tutti insieme importanti indicatori, quali l’indice di ritorno energetico (EROEI – Energy Return On Energy Invested), il costo livellato dell’idrogeno (LCOH – Levelized Cost of Hydrogen), il potenziale di riscaldamento globale (GWP – Global Warming Potential), il costo totale di proprietà (TCO – Total Cost of Ownership), oltre a quelli previsti dall’analisi del ciclo di vita (LCA – Life Cycle Assessment). “Dal nostro studio si può evincere che l’idrogeno andrebbe sfruttato solo per un utilizzo locale, e con funzione di accumulo di quantità di energia in eccesso prodotta da fonti rinnovabili intermittenti, oppure per applicazioni in cui l’elettrificazione non costituisce un’alternativa realizzabile, come ad esempio il traffico di mezzi pesanti, che potrebbero essere alimentati da fuel cells a idrogeno” sostiene Alberto Bertucco. “Allo stato attuale, infatti, il trasporto dell’idrogeno nelle reti di distribuzione del gas naturale non è possibile, e potrà essere realizzato soltanto con una nuova rete costruita ad hoc, i cui costi di realizzazione, tuttavia, risulterebbero molto elevati” - aggiunge Maurizio Fermeglia - “Riteniamo pertanto che l’uso in loco sia da preferirsi. Così l’idrogeno, per cui sono stati già stanziati ingenti finanziamenti sia a livello nazionale sia europeo, potrebbe svolgere un ruolo nel processo di decarbonizzazione di diversi settori, tra cui anche quello portuale”. L’amministratore delegato di Adriafer Maurizio Cociancich sottolinea l’importanza dello studio: “L’analisi svolta offre delle chiavi di lettura della massima importanza per prendere decisioni strategiche legate alla conversione energetica della nostra produzione di servizi di manovra all’interno dei nodi portuali. Valutare le implicazioni legate alla sostenibilità economica e ambientale della scelta dell’idrogeno come veicolo energetico utilizzato per la propulsione delle nostre locomotive è un processo che siamo chiamati a fare considerando tutto il sistema portuale e della mobilità. Solo effettuando questa operazione, rompendo i silos settoriali, riusciremo a prendere la giusta direzione come sistema e non unicamente come singolo attore”. Le principali evidenze dello studio In termini di EROEI (Energy Return On Energy Invested) l’idrogeno verde, ottenuto da elettrolisi dell’acqua alimentata da energia rinnovabile, è risultato sempre più vantaggioso rispetto a idrogeno grigio o blu: il primo è ottenuto dal gas naturale (SMR – Steam Methane Reforming) senza cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica, il secondo con la cattura della CO2. I costi di produzione (LCOH) sono molto influenzati dalla scala dell’impianto. In particolare, gli impianti di SMR (per idrogeno grigio e blu) soffrono pesantemente dell’economia di scala, perciò sono adatti solo a produzioni centralizzate su larga scala, e non a produzioni in loco. Il costo dell’idrogeno verde, invece, grazie alla modularità degli elettrolizzatori, è meno influenzato dalla taglia dell’impianto, e si dimostra quindi più adatto ad una produzione decentralizzata. Per quanto riguarda l’analisi LCA (Life Cycle Assessment), in termini di Global Warming Potential (GWP) l’idrogeno verde è quello con le migliori prestazioni. Tuttavia si è visto che, se per il processo di elettrolisi viene utilizzata energia elettrica dalla rete (grid hydrogen) con il mix nazionale attuale (circa un terzo rinnovabile, due terzi non rinnovabile), le emissioni risultano significativamente più elevate anche di quelle dell’idrogeno grigio, poiché l’elettrolisi dell’acqua è un processo estremamente energivoro (circa 55 kWh/kgH2, in media). Relativamente all’idrogeno blu, le emissioni non sono ridotte a zero, in quanto la cattura non è totale e al massimo intorno al 90%. Inoltre, non è ancora stata validata su larga scala nessuna tecnologia per lo stoccaggio della CO2 dopo la sua separazione o cattura. Se si considerano altre categorie d’impatto ambientale (consumo di risorse, utilizzo di terreni, inquinamento e consumo di acqua), l’idrogeno verde produce degli impatti maggiori rispetto a blu e grigio, e pertanto alcuni aspetti possono e devono essere migliorati. Abstract Più sostenibilità ambientale ed economica con l’idrogeno verde per le operazioni del porto di Trieste. Lo studio offre un metodo generalizzabile ad altri porti del Mediterraneo. Mostra nel diario Off
Al Clab di Units lanciato il bando "YES! CALL 2023 Sustainable Innovative Solutions from FVG Region" Read more about Al Clab di Units lanciato il bando "YES! CALL 2023 Sustainable Innovative Solutions from FVG Region" Immagine unido.png Data notizia Thu, 29/06/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Si è svolta al Contamination Lab di UniTS la conferenza stampa organizzata da UNIDO ITPO Italy e World Trade Center Trieste per annunciare che il Global Manufacturing and Industrialisation Summit (GMIS) ha scelto Trieste come prossima tappa, a settembre, del roadshow GMIS Connect. GMIS Connect -Trieste mira a riunire i principali leader industriali ed esperti italiani per promuovere discussioni approfondite incentrate sull’idrogeno verde, sulle politiche efficaci e sulle strategie per affrontare la crisi climatica nel settore manifatturiero e non solo. Nel corso dell’incontro è’ stato anche lanciato il bando “YES! CALL 2023 Sustainable Innovative Solutions from FVG Region”. La call organizzata nell'ambito del progetto “Boosting Youth Engagement for Sustainable Innovation” realizzato da UNIDO ITPO Italy con il sostegno finanziario della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, ha l’obiettivo di trovare soluzioni innovative e sostenibili per affrontare le sfide poste dal cambiamento climatico, ispirare giovani imprenditori e innovatori a sviluppare modelli di business rivoluzionari e avere un impatto significativo su scala globale. Le soluzioni innovative e sostenibili dovranno essere legate ai seguenti temi: tecnologie verdi, economia circolare, turismo sostenibile, città intelligenti, mobilità e agricoltura sostenibile. Il bando sarà aperto dal 1° luglio 2023 al 15 settembre 2023 e i risultati saranno resi noti il 15 ottobre 2023. TUTTE LE INFO Hanno partecipato all’evento Ketty Segatti per la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, Dino Fortunato, Chief Technical Advisor UNIDO ITPO Italy, Massimiliano Ciarrocchi, Direttore Confindustria Alto Adriatico, Namir Hourani, Managing Director Global Manufacuring and Industrialisation Summit (da remoto). Presenti anche Rodolfo Taccani, Delegato del Rettore per il Trasferimento Tecnologico e Rapporti con il Territorio, Università degli Studi di Trieste e Salvatore Dore, Referente Contamination Lab di UniTS. Mostra nel diario Off
Robotica Marina: settimana di formazione a UniTS Read more about Robotica Marina: settimana di formazione a UniTS Immagine 2023-marble-training-trieste-venue_news.jpg Data notizia Mon, 15/05/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Partita il 15 maggio nel nostro Ateneo una settimana di formazione su robotica marina nell’ambito del progetto Interreg Adrion "MARBLE". L’Università di Trieste ospiterà infatti per tutta la settimana 125 studenti universitari e post-laurea delle scuole di ingegneria e scienze fisiche provenienti dai 5 paesi partecipanti al progetto Marble: Italia, Croazia (lead partner), Grecia, Montenegro, Bosnia. L’Università di Trieste, l’OGS e il cluster Marefvg rappresentano gli attori italiani attivi nel progetto. La settimana di formazione MARBLE prevede una serie articolata di attività: lezioni plenarie, Tutorial/Speciali serie di conferenze, eventi di networking, visite ad aziende (Saipem, Fincantieri, Beneteau) ed un Hackathlon. Saranno coinvolti attivamente anche i rappresentanti degli studenti per favorire uno scambio tra i giovani presenti, I Docenti e relatori coinvolti provengono dalle diverse sedi partner del progetto. In apertura ci sarà una presentazione da parte del Segretario generale del Porto di Trieste Vittorio Torbianelli. Mostra nel diario Off
Al via SynMech, progetto europeo coordinato da Lorenzo Cingolani Read more about Al via SynMech, progetto europeo coordinato da Lorenzo Cingolani Immagine cingolani_1.png Data notizia Tue, 16/05/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Il prof. Lorenzo Cingolani dell'Università di Trieste coordinerà per i prossimi 5 anni il progetto di ricerca SynMech, finanziato dal Consiglio Europeo della Ricerca nel quadro del programma Horizon EIC Pathfinder Open che punta a sviluppare tecnologie radicalmente innovative, con il potenziale di creare nuovi mercati e di affrontare sfide globali. SynMech è uno dei 57 progetti selezionati all'interno di una rosa di 858 proposte presentate da ricercatori di 29 paesi europei, con un tasso di successo quindi del 6,6%. Complessivamente, il finanziamento ottenuto dal consorzio, che comprende 7 partner provenienti da Italia, Germania e Olanda, ammonta a quasi 3 milioni di euro. Il progetto intende sviluppare una tecnologia di neurostimolazione altamente innovativa chiamata magnetogenetica sinaptica, con l’obiettivo di controllare la connettività dei circuiti neurali a scopi terapeutici per trattare forme di epilessia e ictus resistenti alle terapie attualmente disponibili. La magnetogenetica rappresenta un campo emergente delle scienze della salute, che unisce i vantaggi dell'optogenetica, che combina tecniche ottiche e genetiche per comprendere per comprendere le modalità di elaborazione e trasformazione delle informazioni tra neuroni, con quelli delle stimolazioni magnetomeccaniche. Come l'optogenetica, la magnetogenetica si basa su attuatori localizzati per stimolare specifici circuiti neurali, avvalendosi però di campi magnetici, anziché della luce, per penetrare nel tessuto cerebrale in maniera non invasiva. Il progetto SynMech può contare su un gruppo di lavoro eterogeneo che riunisce fisici, chimici, ingegneri, biologi molecolari, neurofisiologi e medici, e vede coinvolte diverse discipline, inclusa la nanotecnologia (con lo sviluppo di nanoparticelle magnetiche biocompatibili, da parte dell’Università di Verona), l'ingegneria elettronica (con lo sviluppo di stimolatori elettromagnetici ad alta permeabilità, da parte del Julich Research Center, Germania e dell’azienda Brain Science Tools, Paesi Bassi), l’ingegneria genetica (da parte dell’Università di Trieste e del CNR di Milano), l’elettrofisiologia e la microscopia ad alta risoluzione (da parte dell’Università di Trieste e del German Center for Neurodegenerative Diseases di Magdeburgo) e approcci preclinici (con stimolazioni magnetiche transcraniche per epilessia e ictus, da parte dell’Università di Utrecht, Paesi Bassi). Abstract Finanziato dal programma Horizon con 3 mln di euro punta a sviluppare una tecnologia di neurostimolazione altamente innovativa Mostra nel diario Off
Inaugurato OptImaTo, laboratorio che svela i segreti della materia con i raggi X Read more about Inaugurato OptImaTo, laboratorio che svela i segreti della materia con i raggi X Immagine lab_thib_006.jpg Data notizia Wed, 17/05/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia L’Università di Trieste inaugura un nuovo laboratorio all’avanguardia: il laboratorio del gruppo OptImaTo (Optimal Imaging and Tomography), allestito ad Elettra Sincrotrone Trieste e guidato dal fisico di fama internazionale Pierre Thibault, professore ordinario di fisica applicata dell’ateneo. FOTO E VIDEO DEL LABORATORIO OptImaTo è dotato di strumenti all'avanguardia che, combinati, rendono il laboratorio unico nel suo genere: un braccio robotizzato manipola i campioni da analizzare su scala micrometrica, mentre la potente sorgente a raggi X ad anodo liquido e il rivelatore photon-counting offrono immagini di massima qualità in tempi brevissimi. L’unicità del laboratorio risiede proprio nel metodo di utilizzo combinato di questi strumenti: il potenziale per l’acquisizione di nuovi risultati e lo sviluppo di tecniche innovative è quindi straordinario. “Nel nostro laboratorio stiamo lavorando su metodi di imaging che rivelano caratteristiche della materia invisibili con le tecniche raggi X convenzionali – spiega Pierre Thibault, professore ordinario di fisica applicata presso il Dipartimento di Fiisica dell’Università di Trieste – Le applicazioni saranno strategiche per l’industria, per lo sviluppo di nuovi materiali e per il monitoraggio dei cambiamenti climatici, grazie alla possibilità di studiare nel profondo le alterazioni causate dall’inquinamento ad esempio negli animali marini. Interessanti anche gli studi su delicati reperti fossili ed archeologici che possono essere investigati come mai prima d’ora. I raggi X attraversano la materia e le “foto” che così si ottengono riproducono il loro grado di assorbimento da parte dell’oggetto. Sfruttando le conoscenze sull’interazione dei raggi X con la materia, siamo in grado di produrre immagini derivanti da fenomeni come la rifrazione o lo scattering dei raggi. In tal modo riusciamo a cogliere non solo più dettagli ma addirittura caratteristiche completamente nuove”. Nato grazie ad un finanziamento europeo ERC (Horizon 2020) del valore di circa 2.2 milioni di euro ottenuto dal prof. Thibault per lo studio sul tema Scattering-Based X-ray Imaging and Tomography, la nuova struttura di ricerca consente di scattare immagini dell’interno di oggetti. UniTS e il centro di ricerca internazionale Elettra Sincrotrone Trieste hanno stretto un accordo per consentirne l’insediamento a Trieste, collaborando e contribuendo alla creazione di un team di dottorandi, ospitando la maggior parte delle attività sperimentali e mettendo a disposizione gli spazi. “Inaugurare oggi il nuovo laboratorio OptImaTo nella sede di Elettra Sincrotrone testimonia non solo l’eccellenza della nostra ricerca e dei docenti che hanno scelto di far parte del nostro ateneo – commenta il rettore dell’Università di Trieste Roberto Di Lenarda – ma anche lo stretto rapporto di collaborazione e fiducia che ci lega con le straordinarie realtà scientifiche del territorio. I ricercatori avranno da oggi un nuovo strumento per avanzare la conoscenza in ambiti strategici per la società”. Il Presidente di Elettra Sincrotrone Trieste, professor Alfonso Franciosi, ha così commentato: "Tutte le grandi infrastrutture di ricerca internazionali come Elettra Sincrotrone Trieste fioriscono anche grazie alla stretta collaborazione con le Università del territorio, prima fra tutte l'Università di Trieste. Siamo stati quindi felici di collaborare con UniTs nell'allestimento del laboratorio OptimaTo, che grazie alla guida del professor Thibault potrà offrire agli utenti internazionali di Elettra Sincrotrone Trieste un'importante risorsa complementare alle nostre macchine di luce Elettra e FERMI, sorgenti di brillanza insuperabile nell'intervallo dei raggi X". La tecnica utilizzata La tecnica adottata e sviluppata dal gruppo, molto efficace e insolita, è l’utilizzo di semplice carta vetrata come marcatore dei raggi X. Quando viene inserita tra la sorgente di raggi X e il campione, infatti, la carta vetrata produce una caratteristica distorsione dell’illuminazione dei raggi X “a macchia di leopardo”. Attraversando il campione, l’illuminazione così “frammentata” a livello spaziale trasporta con sé le informazioni sull’assorbimento, rifrazione e scattering, rivelandone caratteristiche inedite. I dati raccolti con questa tecnica innovativa e originale necessitano di un’interpretazione con metodi computazionali capaci di capire e ricostruire cosa è successo ai raggi X quando hanno attraversato il campione. Questo problema, tecnicamente chiamato “problema inverso”, vede il team dell’Università di Trieste eccellere nello sviluppo di metodi computazionali che consentono di decodificare l’interazione della materia con i raggi X e il disturbo causato, ad esempio, da vibrazioni e rumori che normalmente avvengono durante l’esperimento. Abstract Allestito a Elettra Sincrotrone il nuovo laboratorio di fisica di UniTS guidato dal fisico di fama internazionale Pierre Thibault Mostra nel diario Off
PhD Top Stories - Ferite difficili e medicina rigenerativa Read more about PhD Top Stories - Ferite difficili e medicina rigenerativa Immagine phd_topstory_16mag23_img.jpg Data notizia Thu, 18/05/2023 - 12:00 Categoria notizia ateneo Testo notizia Roman Vuerich - Corso di Dottorato in Biomedicina molecolare Non tutto il grasso vien per nuocere – una nuova terapia di medicina rigenerativa per le ferite difficili Promozione della rivascolarizzazione delle ferite ischemiche attraverso la formazione di vasi ibridi tra donatore e ricevente Le ferite difficili sono lesioni cutanee dolorose che non guariscono e spesso peggiorano nel tempo. Ciò è tipicamente causato dalla coesistenza di patologie croniche sottostanti, come il diabete e le arteriopatie periferiche, che impediscono un'adeguata vascolarizzazione della ferita. Senza un sufficiente apporto di ossigeno e nutrienti da parte del sangue, la ferita non può guarire correttamente. Si tratta di una condizione comune nelle persone di età superiore ai 60 anni, almeno tanto quanto l'insufficienza cardiaca, con limitazioni significative nelle attività quotidiane. Inoltre, l'incidenza è in aumento a causa dell'incremento dell'età media della popolazione, dei casi di diabete e delle malattie croniche. Le ricadute economiche a causa delle ferite difficili sono considerevoli, con circa il 3% del budget sanitario globale speso per il loro trattamento. Solo in Italia, il costo del trattamento delle ferite difficili ammonta a oltre 3 miliardi di euro all'anno, poiché spesso richiedono terapie specialistiche e costose. In aggiunta, i pazienti con ferite difficili possono subire una riduzione della capacità lavorativa e richiedere un'assistenza sanitaria continua. Le terapie attualmente disponibili per le ferite difficili prevedono l'uso di sostituti cutanei per promuovere la guarigione della ferita, ma la loro efficacia è ostacolata dalla scarsa vascolarizzazione che tipicamente è alla base di questa patologia. Per affrontare questo problema e promuovere la rivascolarizzazione della ferita, abbiamo sviluppato una nuova terapia che utilizza la frazione vascolare stromale (in inglese – Stromal Vascular Fraction, SVF). La SVF è una popolazione eterogenea di cellule derivate dal grasso che contiene tutti i mattoncini necessari per la formazione di nuovi vasi sanguigni. Per studiare gli effetti terapeutici di questa nuova terapia, abbiamo sviluppato un modello preclinico di ferita ischemica che simula realisticamente la patologia che si verifica nell'uomo. Abbiamo quindi applicato sulla ferita le cellule della SVF prelevate dal grasso sottocutaneo dei pazienti, ottenuto mediante liposuzione. Dopo una sola settimana, le cellule della SVF sono state in grado di formare una nuova rete vascolare funzionale, collegata al flusso sanguigno attraverso i vasi preesistenti nella ferita (Figura in alto a destra). Il ripristino del normale apporto di sangue in seguito alla formazione dei nuovi vasi sanguigni ha accelerato significativamente il processo di guarigione rispetto alle terapie convenzionali e ha permesso la chiusura della ferita dopo sole tre settimane. Inoltre, abbiamo dimostrato che le cellule derivate da pazienti diabetici, che sono il bersaglio principale di questa terapia, possono essere espanse in un bioreattore, preservando il potenziale terapeutico della SVF. Abbiamo così caratterizzato il duplice meccanismo d'azione della nostra terapia. Da un lato, le cellule che compongono i vasi della SVF si sono innestate ed espanse nel letto della ferita, contribuendo direttamente alla formazione di nuovi vasi. Dall’altro lato, una popolazione di progenitori fibro-adipogenici produceva dei fattori di crescita che supportavano ulteriormente l'espansione e la funzione della nuova vascolarizzazione. Questi dati hanno importanti implicazioni cliniche, in quanto rappresentano un passo avanti verso l'adozione riproducibile ed efficace della SVF come cura standard per le ferite difficili. Continua a leggere ... Mostra nel diario Off