FVG Digitale 2025: cresce il settore ICT, ma l’internazionalizzazione resta la sfida Read more about FVG Digitale 2025: cresce il settore ICT, ma l’internazionalizzazione resta la sfida Immagine Guido Bortoluzzi.jpeg Data notizia Tue, 23/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Società e territorio Destinatari canale Ateneo Destinatari target Enti e aziende Testo notizia Il comparto digitale del Friuli Venezia Giulia continua a espandersi e a cambiare pelle. Lo fotografa il Report FVG Digitale 2025 – La dimensione internazionale delle imprese digitali del Friuli Venezia Giulia, presentato da DITEDI – Distretto Industriale delle Tecnologie Digitali con il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e in collaborazione con i partner scientifici Università di Trieste, Università di Udine e Area Science Park.Il report – giunto alla quinta edizione – propone l’analisi annuale sullo stato dell’arte e sulle prospettive delle imprese ICT regionali, dedicando l’approfondimento 2025 a un tema strategico: la dimensione internazionale del settore, tra opportunità di crescita e nodi strutturali ancora da sciogliere.I numeri chiave del digitale in regioneNel 2025 le imprese ICT attive in Friuli Venezia Giulia sono 2.281 e gli insediamenti complessivi raggiungono quota 3.127, con una crescita +8% rispetto al 2024. Software e servizi restano il cuore dell’ecosistema (oltre il 95% del settore), mentre la componente hardware – pur su valori assoluti più contenuti – è quella che registra la dinamica più marcata in termini di numerosità.Sul piano territoriale, Udine si conferma il principale polo del digitale regionale, seguita da Pordenone, che mantiene un profilo rilevante anche grazie al legame con manifattura avanzata e automazione. Trieste consolida una posizione strategica, sostenuta dal suo sistema di ricerca e dalla specializzazione in ambiti come data science e tecnologie avanzate. Più contenuto il polo di Gorizia, con potenzialità legate allo sviluppo delle attività transfrontaliere connesse a GO!2025.L’analisi segnala inoltre un andamento economico positivo ma non privo di pressioni: i ricavi crescono, ma i margini risultano più compressi, con costi operativi e investimenti in aumento. Anche sul fronte dell’innovazione emerge una traiettoria in evoluzione, con segnali di crescita che indicano un potenziale ancora in consolidamento.Internazionalizzazione: il divario e le traiettorie possibiliIl focus 2025 evidenzia come l’internazionalizzazione rappresenti una traiettoria di sviluppo ancora ampiamente inespressa per il comparto ICT: solo una quota limitata di imprese mostra una presenza continuativa sui mercati esteri.Durante l’evento di presentazione, Guido Bortoluzzi, docente di Innovation Management and Entrepreneurship all’Università di Trieste e Prorettore ai rapporti con le imprese e il territorio, ha moderato la tavola rotonda con imprenditori e manager del settore, con la partecipazione di Alfa Sistemi, Beantech, EMC Gems, Esteco, MOLO17 e Video Systems.Riprendendo i contenuti emersi nel confronto – dedicato all’internazionalizzazione – Bortoluzzi ha sottolineato come il settore IT presenti una dinamica “a due velocità”: fortemente globale a monte, sul fronte delle piattaforme e delle tecnologie abilitanti (prevalentemente statunitensi), e molto più locale a valle, nel mercato dei provider e dei system integrator, spesso concentrati sulla customizzazione di soluzioni sviluppate da grandi player. La tavola rotonda, ha osservato, ha però confermato che esistono modelli concreti di apertura internazionale: da imprese con prodotti e business model molto verticali – che nascono già con una proiezione globale – fino all’internazionalizzazione “piggyback”, quando il fornitore segue l’espansione all’estero dei propri clienti (ad esempio aprendo una sede vicino a un nuovo stabilimento). Nel complesso, ha concluso, la propensione internazionale del comparto resta moderata sul mercato, ma più spinta sul versante di fornitori e piattaforme.Tra gli ospiti della tavola rotonda anche Carlo Poloni, CEO di Esteco. Per il primo spin-off accademico dell'Università di Trieste “l’internazionalizzazione rappresenta una necessità e un modo di essere”. “Il nostro mercato – ha spiegato Poloni - è da sempre stato quello di chi sviluppa prodotti industriali sofisticati indipendentemente da dove questo avvenga. Pur mantenendo il nucleo centrale dello sviluppo a Trieste il supporto ai clienti è da sempre globale”.Il report completo è disponibile su fvgdigitale.ditedi.it Abstract Guido Bortoluzzi (DEAMS): «Nel digitale l’internazionalizzazione viaggia su due piani: filiera globale a monte, mercato spesso locale a valle. Ma esistono modelli concreti per aprirsi ai mercati esteri» Mostra nel diario Off
UniTS tra gli atenei di eccellenza in Italia: l’ANVUR conferma la prima fascia Read more about UniTS tra gli atenei di eccellenza in Italia: l’ANVUR conferma la prima fascia Immagine Titolo (61).jpg Data notizia Mon, 22/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Comunicati stampa Destinatari canale Ateneo Testo notizia L’Università di Trieste si avvia alla conclusione dell’anno con un risultato che la conferma nella ristretta eccellenza degli atenei italiani: è stata collocata nella fascia più alta dell’accreditamento periodico, con un giudizio di sede “pienamente soddisfacente” dall’Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca (ANVUR).Nelle valutazioni fino ad oggi disponibili, il giudizio massimo è stato assegnato dall’ANVUR solo ad altri quattro atenei italiani su 33 esaminati, ovvero Pavia, Unimore, Politecnico di Torino e Bocconi.«È con grande orgoglio che condivido questo esito: UniTS viene collocata nella fascia più alta di valutazione. È un giudizio terzo e oggettivo che guarda al complesso delle nostre attività: didattica, ricerca, impegno pubblico e sociale, attività assistenziale in ambito sanitario, risorse e servizi. È il riconoscimento della qualità di un lavoro di squadra che ha coinvolto tutta la comunità universitaria», sottolinea la rettrice Donata Vianelli.Nel rapporto finale dell’Agenzia, l’Università di Trieste ottiene la valutazione top nell’86,7% dei punti di attenzione (20 su 23), rispetto a un massimo del 78,3% (18 su 23), finora registrato dagli altri atenei collocati nella medesima fascia di giudizio. Che cos’è l’accreditamento periodicoL’accreditamento periodico è la verifica con cui ANVUR valuta, a intervalli regolari, la qualità complessiva di un Ateneo: non solo i risultati, ma anche processi, procedure e organizzazione che sostengono le attività di formazione, ricerca e terza missione/impatto sociale, insieme alla gestione delle risorse e ai servizi.I punti di forza riconosciutiNel Rapporto e nelle buone prassi richiamate nel percorso di accreditamento emergono, in particolare, alcuni elementi distintivi. Tra i più significativi spicca l’internazionalizzazione, a partire dalla rilevante quota di studenti provenienti da Paesi esteri (8% degli iscritti totali nei corsi di laurea e laurea magistrale nell’a.a. 2024/25, percentuale tra le più alte in Italia) per proseguire con l’offerta didattica che propone percorsi di doppio titolo e titoli congiunti attraverso accordi con università europee. La valutazione valorizza inoltre il coinvolgimento attivo di studentesse e studenti nei processi decisionali e nel sistema di assicurazione della qualità, insieme al contributo riconosciuto del personale tecnico-amministrativo.Accanto a questi aspetti, viene evidenziato l’impegno nell’innovazione didattica, anche attraverso il Teaching and Learning Centre (TLC) e il potenziamento delle dotazioni tecnologiche nelle aule. Sul versante della ricerca, UniTS ha introdotto un sostegno dedicato all’avvio dell’attività dei ricercatori neoassunti: uno starting grant di 10mila euro per chi non dispone di fondi propri.Il percorso di valutazione La valutazione si è svolta attraverso un’analisi documentale e una fase di visita in loco condotta da una Commissione di Esperti per la Valutazione (CEV) nominata da ANVUR e composta da docenti e studenti. I corsi di laurea e i dottorati di ricerca sono stati inizialmente esaminati a distanza dal 5 al 7 maggio 2025; la Commissione è poi stata in Ateneo dal 20 al 23 maggio 2025 per estendere le proprie valutazioni.Sono stati sottoposti a valutazione l’Ateneo nel suo complesso, un campione di 3 dipartimenti (Matematica, Informatica e Geoscienze; Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute; Studi Umanistici),10 corsi di studio di primo e secondo livello (Economia Internazionale e Mercati Finanziari, Fisica, Geologia, Lingue e Letterature Straniere, Giurisprudenza, Medicina e Chirurgia, Farmacia, Diplomazia e Cooperazione Internazionale – LM, Computer Engineering – LM, Neuroscienze – LM) e 3 corsi di dottorato (Medicina personalizzata e terapie innovative, Scienze della terra, fluidodinamica e matematica. Interazioni e metodiche, Studi storici, filosofici e politico-sociali).Un percorso di continuità nell’eccellenzaLa rettrice Vianelli ha evidenziato l’aspetto corale di questo brillante risultato e rivolto un ringraziamento particolare al rettore emerito Roberto Di Lenarda, sotto cui si è svolta la valutazione, alla sua governance, «in primis al prof. Gianpiero Adami», e all’Unità di Staff Qualità e Supporto Strategico, che hanno supportato l’Ateneo in questa fase.«Il giudizio di eccellenza – osserva la rettrice Vianelli - certifica la solidità dei processi con cui UniTS programma, realizza e migliora nel tempo le proprie attività istituzionali: un risultato che rafforza la capacità dell’Università di Trieste di essere un punto di riferimento per la formazione di studentesse e studenti che hanno in Italia i più alti tassi di occupazione, per la ricerca che sta portando risultati di eccellenza internazionale, e per l’impatto sociale, attraverso un dialogo costante con tutti gli attori del territorio, in particolare aziende, imprese, enti e istituzioni. Inoltre, il successo nei bandi europei è garanzia di continua innovazione delle nostre infrastrutture.Siamo molto soddisfatti per il giudizio ANVUR – conclude Vianelli, che guida l’Ateneo triestino dallo scorso 1° agosto -, in tempi di Olimpiadi mi sento di dire che abbiamo vinto la nostra medaglia d’oro». Abstract L’accreditamento periodico assegna il massimo risultato al giudizio di sede, assegnato finora solo a 4 atenei su 33. UniTS prima a ottenere il giudizio massimo nell’86,7% dei punti di attenzione. La rettrice Vianelli: “Grande risultato corale. È come vincere una medaglia d'oro" Mostra nel diario On Periodo di permanenza in Magazine Mon, 22/12/2025 - 12:00 - Sat, 31/01/2026 - 12:00
Dall’emergenza sanitaria alla mobilità internazionale: premiati i migliori progetti imprenditoriali dell'ICL Read more about Dall’emergenza sanitaria alla mobilità internazionale: premiati i migliori progetti imprenditoriali dell'ICL Immagine ICL-FINALE-web2.jpg Data notizia Wed, 10/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Comunicati stampa Società e territorio Destinatari canale Ateneo Studiare Destinatari target Studenti iscritti Enti e aziende Testo notizia Dall’emergenza sanitaria alla sostenibilità degli acquisti quotidiani, dal supporto agli studenti fuorisede al benessere degli animali domestici, fino alla mobilità formativa internazionale: sono i temi dei cinque progetti imprenditoriali premiati alla finale dell’Innovators Community Lab 2025 (ICL), che si è svolta nella Sala Cappella dell’ex Ospedale Militare di via Fabio Severo.L’evento ha concluso la prima edizione dell’ICL, evoluzione dell’esperienza del Contamination Lab dell’Università di Trieste.Nel corso della finale sono stati presentati i 20 progetti finalisti sviluppati durante questa edizione del percorso formativo. Le cinque borse di studio da 5mila euro per i migliori progetti imprenditoriali sono stati attribuiti a ResQ di Francesco Sulli, studente di Fisica, che intende realizzare una valigetta smart di primo soccorso per aziende, scuole e spazi pubblici; SiVale di Valentina Malijevic, studentessa di Giurisprudenza, delinea un supermercato sostenibile plastic-free basato su contenitori riutilizzabili e tracciabili; inU di Jovana Obradovic, studentessa di Psicologia, è invece una piattaforma digitale che accompagna gli studenti nella scelta universitaria e nella vita da fuorisede in Friuli Venezia Giulia; Aura di Asja Feruglio, PhD in Design for Made in Italy – in collaborazione con Siminozar Bahram, studentessa in Business Management – prevede una soluzione avanzata per la riduzione degli odori nei cani che unisce metodo scientifico e design; Kansje di Chiara Doga’, studentessa di Filosofia, crea un’app raccoglie e rende accessibili opportunità di formazione e mobilità internazionale per i giovani.Sono stati inoltre assegnati a Francesco Sulli e Valentina Maljevic, quali migliori studenti del corso, i due viaggi di formazione che li porteranno a visitare ecosistemi internazionali dell’innovazione. L’insieme dei progetti e dei profili premiati conferma il carattere eterogeneo, multidisciplinare e cosmopolita che ha arricchito la classe ICL, in cui lo scambio di esperienze e di idee ha coinvolto studenti e studentesse di corsi di studio e livelli diversi – dalla Fisica alla Giurisprudenza, dalla Psicologia al Design, al Business Management e alla Filosofia – e di provenienze diverse.La finale ha inoltre ospitato la tavola rotonda “Formare per innovare: il driver dell’imprenditività giovanile”, che ha messo a confronto università, istituzioni e mondo produttivo sul ruolo della formazione come motore dell’innovazione. Nel dibattito, moderato dal giornalista Paolo Pichierri, la rettrice Donata Vianelli ha sottolineato l’importanza di creare occasioni strutturate di dialogo tra giovani impegnati in percorsi universitari diversi, indicando come fondamentale la contaminazione di competenze e punti di vista per accompagnare il passaggio dall’idea al progetto imprenditoriale ed evidenziando la necessità di un’apertura a contesti e reti internazionali. Alla tavola rotonda hanno partecipato inoltre Francesca Ros, Presidente Confindustria Giovani Alto Adriatico, e Giacomo Andolfato, Presidente Confindustria Giovani Udine.Erik Vesselli, delegato al Trasferimento Tecnologico di UniTS, ha precisato che «l’Innovators Community Lab racchiude le tre missioni dell’università: formazione, ricerca e impegno sociale. Il trasferimento tecnologico diventa concreto quando i risultati della ricerca entrano nei territori, nelle imprese, nelle istituzioni, anche attraverso la nascita di nuove start up. Questo è possibile solo lavorando fianco a fianco, in un percorso di contaminazione tra docenti, ricercatori, studentesse, studenti ed esponenti del tessuto imprenditoriale».Il percorso formativo dell’Innovators Community Lab, nella sua nuova struttura che riconosce 6 crediti formativi a chi lo completa, in questa edizione ha ulteriormente intensificato le occasioni di role modeling, offrendo esempi, esperienze e contatti utili per comprendere da vicino le dinamiche dell’innovazione, dell’impresa e del lavoro attraverso il confronto diretto con i protagonisti del sistema produttivo. Accanto alle attività seminariali e di networking, gli ICLabbers hanno visitato la sede del Gruppo Marcegaglia, dove hanno incontrato i vertici aziendali e si sono recati a Casa Marcegaglia, il museo d’impresa che racconta la storia, i valori e la visione di una grande realtà industriale.Nel corso della serata è stato presentato anche il bando ICL 2025/2026 per la nuova edizione del percorso, con candidature aperte fino al 12 gennaio 2026. Tutte le informazioni e il testo del bando sono disponibili sul portale di Ateneo. I progetti premiati (schede di approfondimento)Francesco Sulli, studente di Fisica – “ResQ” ResQ è una valigetta smart di primo soccorso pensata per rivoluzionare la gestione delle emergenze in azienda, a scuola e negli spazi pubblici.Combina materiale sanitario certificato con sensori integrati e un’interfaccia digitale che guida passo-passo anche chi non ha formazione sanitaria.Tramite l’app ResQ Connect monitora lo stato del kit, le scadenze dei materiali e lo storico degli interventi, semplificando il lavoro di RSPP e responsabili della sicurezza.Il progetto prevede una famiglia di prodotti (Lite, Standard, Pro, Extreme) per contesti che vanno dall’ambito domestico ai cantieri e agli scenari outdoor più estremi.Valentina Malijevic, studentessa di Giurisprudenza – “SiVale” SiVale, un supermercato sostenibile Ogni anno, milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggio provengono dal carrello della spesa. Il riciclo migliora, ma non basta: il vero problema sta nel modello del monouso.SiVale nasce per cambiare questo sistema, proponendosi come supermercato di nuova generazione. Qui i prodotti sono venduti sfusi e alla spina, offrendo gratuitamente l’uso di contenitori riutilizzabili dotati di tecnologia RFID che ne consente la tracciabilità. La presenza delle reverse vending machine permette di ritirare i contenitori usati, rimetterli in circolazione e allo stesso tempo ricompensare il cliente.La spesa così non produce più scarti, ma diventa un gesto di innovazione e di responsabilità verso l’ambiente. SiVale dimostra che un modello circolare, plastic-free e tecnologicamente avanzato può diventare normale, desiderabile e adattabile su larga scala.Jovana Obradovic, studentessa di Psicologia – “inU” inU è una piattaforma digitale indipendente che accompagna gli studenti nella scelta universitaria e nella vita da fuorisede nel Friuli Venezia Giulia.inU integra in un unico ecosistema recensioni autentiche dei corsi, supporto peer-to-peer, informazioni territoriali dettagliate e una partnership strutturata con il Centro di Orientamento Regionale (COR) per offrire supporto professionale gratuito.Con un modello freemium e una strategia B2B con partner locali, inU mira a diventare il punto di riferimento regionale per l’orientamento universitario consapevole e vicino agli studenti, contribuendo a ridurre il dropout universitario e valorizzare il territorio.Asja Feruglio, PhD in Design for Made in Italy – “Aura” progetto sviluppato con Siminozar Bahram, studentessa in Business ManagementAura è un progetto di ricerca che sviluppa una soluzione avanzata per la riduzione degli odori nei cani, garantendo efficacia, sicurezza cutanea e biocompatibilità.Unendo metodo scientifico e design, offre un prodotto pensato per migliorare l’igiene quotidiana e il benessere dell’animale. La sua essenza non è solo una fragranza: è la rappresentazione del legame tra cane ed essere umano, un design che traduce quella relazione in un valore emotivo e identitario.Chiara Doga’, studentessa di Filosofia – “Kansje” Kansje – che in olandese significa “piccola opportunità” – è un’app pensata per giovani che desiderano vivere esperienze di formazione o mobilità all’estero, anche con risorse economiche o di tempo limitate. Molte opportunità gratuite, perché finanziate dall’UE o perché community-based, restano poco conosciute e difficili da trovare: Kansje è il primo database unificato che le rende accessibili grazie a un sistema di matchmaking intelligente, capace di individuare le esperienze più adatte a ciascun utente. L’app offre anche consulenze personalizzate prima e dopo la partenza, un percorso educativo e formativo per prepararsi al viaggio e un forum dedicato per confrontarsi con altri giovani. Abstract La finale dell'Innovators Community Lab ha assegnato 5 borse di studio da 5mila euro e due viaggi di formazione. Aperto fino al 12 gennaio 2026 il bando per la prossima edizione Mostra nel diario Off
Melanoma, uno sguardo “in profondità” per prevedere il rischio di metastasi Read more about Melanoma, uno sguardo “in profondità” per prevedere il rischio di metastasi Immagine Titolo (33).jpg Data notizia Thu, 18/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Destinatari canale Ateneo Destinatari target Territorio e società Testo notizia Capire in anticipo se un melanoma tenderà a diffondersi ad altri organi potrebbe diventare più semplice grazie a ciò che i dermatologi vedono con una lente speciale sulla pelle: il dermatoscopio. È quanto emerge da uno studio internazionale appena pubblicato su Nature Communications, una delle riviste scientifiche più prestigiose a livello mondiale, a cui ha partecipato la prof.ssa Iris Zalaudek (Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute) con un team di ricerca dell’Università di Trieste.Oggi il rischio che un melanoma dia metastasi viene valutato soprattutto dopo l’asportazione del tumore, analizzando al microscopio alcune caratteristiche come lo spessore e la presenza di ulcerazione. Questi parametri restano fondamentali, ma non sempre permettono di individuare con precisione i pazienti che avranno una recidiva o svilupperanno metastasi.Per questo il gruppo di ricerca internazionale, coordinato dall’Università Aristotele di Salonicco, ha deciso di guardare a un’altra fonte di informazioni: le immagini dermatoscopiche, ovvero le “foto ingrandite” del melanoma scattate prima dell’intervento. Lo studio, che ha coinvolto dieci centri specializzati in tre continenti e oltre 500 pazienti, ha raccolto quasi 800 immagini. Trenta dermatologi esperti le hanno esaminate, descrivendo in modo standardizzato colori, strutture e altri segni visibili sulla lesione.A questo punto i ricercatori hanno messo insieme tutte le osservazioni e le hanno analizzate in relazione all’andamento della malattia nel tempo. È emerso che alcuni dettagli ricorrenti nelle immagini fanno davvero la differenza. Quando il melanoma presenta un’estesa ulcerazione – cioè zone in cui la superficie della pelle appare “rotta” – e il cosiddetto “velo bianco-bluastro”, il rischio che compaiano metastasi è più alto e la probabilità di rimanere liberi da recidiva nel tempo risulta minore.Al contrario, nei casi in cui la lesione mostra una pigmentazione molto intensa e segni di regressione – piccole aree cicatriziali che indicano una reazione del sistema immunitario contro il tumore – il comportamento della malattia tende a essere meno aggressivo, con una minore probabilità di diffusione ad altri organi.Sulla base di questi segni, il gruppo internazionale ha costruito tre strumenti per stimare il rischio di metastasi: uno che utilizza solo le immagini dermatoscopiche, uno che si basa sui dati istologici tradizionali e uno che combina entrambe le informazioni. Il risultato più interessante è che il modello fondato solo sul dermatoscopio ha mostrato una capacità di previsione paragonabile a quella dei parametri istologici; l’unione dei due approcci è quella che offre le prestazioni migliori.In prospettiva, questo significa che il dermatoscopio – già oggi indispensabile per la diagnosi precoce del melanoma – potrebbe diventare anche uno strumento per stimare in anticipo l’aggressività del tumore, prima ancora dell’intervento chirurgico. Questo permetterebbe un monitoraggio più mirato e scelte terapeutiche più personalizzate, ad esempio per decidere chi avrà bisogno di trattamenti aggiuntivi o di controlli più ravvicinati.Gli autori ricordano però che si tratta di uno studio retrospettivo e che i risultati dovranno essere confermati da nuove ricerche su numeri ancora maggiori di pazienti prima di entrare nella pratica clinica.La prof.ssa Iris Zalaudek, docente di Malattie Cutanee e Veneree di UniTS e direttrice della UCO di Dermatologia e Centri Malattie Sessualmente Trasmesse e HIV di ASUGI, sostiene che “i risultati dello studio supportano la nozione che lo standard nel percorso di melanoma deve essere una accurata documentazione clinica e dermoscopica del primitivo. La dermatoscopia ha il potenziale di fungere come da ulteriore strumento prognostico non invasivo del melanoma, offrendo informazioni preziose sul comportamento biologico del tumore prima dell’escissione.Questo approccio – conclude Zalaudek - potrebbe migliorare la stratificazione del rischio dei pazienti e supportare il processo decisionale riguardo ai trattamenti adiuvanti e neoadiuvanti”. Abstract La prof.ssa Zalaudek (DSM) all’interno del team che ha curato uno studio internazionale pubblicato su Nature Communications Mostra nel diario Off
Navi più silenziose e sostenibili: il DIA nel progetto "Acoustic Black Holes - SilentShip" Read more about Navi più silenziose e sostenibili: il DIA nel progetto "Acoustic Black Holes - SilentShip" Immagine Titolo (32).jpg Data notizia Wed, 17/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Destinatari target Enti e aziende Testo notizia Migliorare il comfort a bordo, azzerando l'impronta vibro-acustica per proteggere l'ambiente marino e garantire il benessere di passeggeri ed equipaggio. Questi sono gli ambiziosi obiettivi che hanno dato il via al progetto di ricerca e sviluppo “SilentShip - Acoustic Black Holes, nuova frontiera per navi silenziose”.L'iniziativa, strategica e co-finanziata dal Programma Regionale FESR della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, vede il Dipartimento di Ingegneria e Architettura (DIA) dell'Università di Trieste partner scientifico, al fianco di leader industriali come Fincantieri ed Esteco, con il supporto gestionale di MareFVG. Capofila del progetto è il Consorzio Servizi Navali e Industriali - CSNI.La chiave dell’innovazione risiede negli Acoustic Black Holes (ABH), dispositivi basati su una particolare geometria ed applicati a porzioni delle strutture. In pratica, queste geometrie fanno sì che le vibrazioni si “concentrino” in esse: qui l’energia meccanica rallenta e viene dissipata più facilmente da materiali o trattamenti dedicati. È per questo che gli ABH sono descritti come veri e propri “pozzi” di energia vibrazionale. L’uso di questa tecnologia permette di progettare soluzioni leggere e sostenibili per limitare la propagazione delle vibrazioni generate dai macchinari principali e, di conseguenza, contenere il rumore percepito a bordo ed irradiato verso l’esterno.All’interno del progetto il Dipartimento di Ingegneria e Architettura ricoprirà un ruolo cruciale che spazia dalla teoria alla sperimentazione. Il team di ricerca è guidato dall’ing. PhD Giada Kyaw Oo D'Amore, RTD-A del DIA, in qualità di responsabile scientifico del progetto e coordinatrice UniTS e comprende il prof. Marco Biot, il prof. Mitja Morgut e l'ing. PhD Giovanni Rognoni, assegnista di ricerca del DIA.I ricercatori UniTS si concentreranno sullo sviluppo di modelli numerici avanzati e sull'esecuzione di complesse simulazioni volte a individuare le geometrie ABH più efficaci e i parametri essenziali per ottimizzarle. Queste analisi produrranno anche le linee guida utili a stabilire dove collocare i prototipi sulle strutture navali per ottenere il massimo contributo.Il gruppo di ricerca fornirà un apporto fondamentale anche nella fase di validazione, infatti progetterà e condurrà test progressivi, dal laboratorio, a mock-up navali, fino alle prove a bordo nave. Queste attività serviranno, da un lato, a rilevare le sollecitazioni reali che generano le vibrazioni, così da inserirle con precisione nei modelli numerici; dall’altro, a verificare l’efficacia delle soluzioni individuate al computer e a rifinire i prototipi, assicurando che le prestazioni previste in simulazione siano confermate anche in condizioni operative.L’impegno del DIA si estenderà infine agli aspetti di sostenibilità e innovazione aperta. Il team effettuerà valutazioni LCA (Life Cycle Assessment) del prodotto sviluppato e condurrà studi per applicare soluzioni di Open Innovation coerenti con la filosofia della Società 5.0, in cui l’avanzamento tecnologico è orientato sia al miglioramento della qualità della vita sia alla riduzione degli impatti ambientali. Il Dipartimento contribuirà inoltre alla definizione delle specifiche tecniche del prodotto e del processo produttivo.Il progetto "SilentShip" può contare su un finanziamento complessivo di 1.366.685,17 euro, con un contributo regionale di 822.016,20 euro e un cofinanziamento UE di 328.806,48 euro. Il budget a disposizione del team UniTS ammonta a 418.130,20 euro, a conferma dell'importanza del lavoro di ricerca svolto dai ricercatori dell’Ateneo triestino.Con una durata di 42 mesi, il progetto punta a fissare una nuova frontiera tecnologica nel settore navale, rendendo le imbarcazioni non solo più confortevoli per l’uomo, ma anche più rispettose dell'ambiente marino. Abstract Il team UniTS è partner di CSNI, Fincantieri ed Esteco: svilupperà modelli numerici e test sperimentali per ridurre vibrazioni e rumore a bordo, con attenzione a sostenibilità e open innovation Mostra nel diario Off
Ecosistema dell'innovazione iNest: presentati i risultati dello spoke coordinato da UniTS Read more about Ecosistema dell'innovazione iNest: presentati i risultati dello spoke coordinato da UniTS Immagine Titolo (29).jpg Data notizia Thu, 11/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Destinatari target Enti e aziende Testo notizia Sviluppo di tecnologie marittime, marine e delle acque interne, convergendo verso la creazione di un Gemello Digitale del Mare Adriatico settentrionale: questo in sintesi l’obiettivo dello Spoke 8 dell’Ecosistema dell’Innovazione iNEST – Interconnected Nord-Est Innovation Ecosystem, coordinato dall’Università di Trieste, i cui risultati sono stati presentati nel corso dell’evento finale del progetto – promosso dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – organizzato al Castello di San Giusto di Trieste, insieme ai partner, tra cui l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), l’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale (PNAEAS) e il Polo Tecnologico Alto Adriatico Andrea Galvani (PTAA).“Le attività dello Spoke 8” – ha sottolineato il prof. Pierluigi Barbieri, Coordinatore di iNEST per Università degli Studi di Trieste “si ispirano alle priorità Europee, e all’ambizioso Programma denominato “Missione Starfish” finalizzato a conoscere, tutelare e restaurare le nostre acque entro il 2030. La missione indica cinque obiettivi generali: colmare il divario di conoscenze, rinnovare la governance legata alla gestione degli ambienti marini e costieri, rigenerare gli ecosistemi marini e di acqua dolce, azzerare l'inquinamento, decarbonizzare le acque. Il tema della gestione delle acque e della Blue Economy” – ha detto Barbieri – “sta assumendo sempre maggiore interesse economico, politico e sociale e tocca molteplici settori, tra cui i trasporti, la logistica, la sicurezza, la pesca, il turismo, le attività sottomarine. L’iniziativa finanziata dal PNRR per una innovazione basata sulla ricerca porta contributi in termini di sistemi di acquisizione dati, integrazioni delle informazioni per una gestione sostenibile delle aree costiere, tecnologie per l’adattamento ai cambiamenti climatici”.Dal titolo “Maritime, marine and inland water technologies: towards the Digital Twin of the Upper Adriatic”, l’evento ha rappresentato un'occasione di riflessione sui possibili sviluppi progettuali. “Dati, modelli e prodotti generati da attività specifiche e da convergenze tra ambiti contigui” – ha spiegato il prof. Pierluigi Barbieri – “sono stati sviluppati da ricercatori di enti pubblici e innovatori di aziende del territorio triveneto e del meridione d'Italia. Sono stati assegnati finanziamenti a 24 progetti di ricerca, sviluppo e innovazione, con 53 beneficiari, tra cui 39 enti privati e 9 enti pubblici di ricerca del Triveneto e del Sud Italia, per un valore di oltre sei milioni di euro. Sono state coinvolte 34 piccole imprese, 4 PMI e 6 grandi imprese, favorendo la R&I e la ricerca collaborativa nell'area tematica di Spoke 8”.Le attività di Spoke 8 e quelle delle aziende contrattualizzate con Università di Trieste si sono concentrate sulla ricerca applicata, non trascurando aspetti organizzativi, economici e legali che regolano la transizione verso una visione e gestione più integrate e sostenibili dell'ambiente marino e acquatico in genere. La trasformazione digitale delle imprese operanti nei settori della Blue Economy è stata individuata come pilastro fondamentale della strategia di specializzazione intelligente per supportare la competitività delle PMI operanti nell'ecosistema iNEST, favorirne la conversione verso nuovi segmenti di prodotti e servizi a maggiore valore aggiunto, accrescendone il grado di internazionalizzazione. I cinque obiettivi generaliBiologia degli ecosistemi mariniAvviata la digitalizzazione della vita marina, inclusa quella ancora inesplorata, grazie a strumenti capaci di mappare la dimensione fisica e genetica: i data base ottenuti aprono nuove prospettive per settori innovativi, dalla biotecnologia alla pesca sostenibile, fino al turismo. Un mare vivo è una risorsa produttiva in grado di generare valore, ricchezza e futuro.Innovazione nella gestione dei rischi fisici e chimici e del loro impatto sull’idrosferaLe Università di Trieste, Trento e l’OGS collaborano in un progetto che studia i rischi chimici e acustici del mare, simula eventi climatici estremi e analizza gli effetti delle mareggiate. Si sviluppano anche metodi per ridurre l’impatto dei reflui e monitorare gli inquinanti, creando un gemello digitale per prevedere e gestire l’equilibrio ambientale.Innovazione nel trasporto marittimo sostenibile È in sviluppo un nuovo mezzo per il trasporto turistico lungo la costiera Triestina. Grazie alla propulsione ibrido-elettrica potrà essere usato anche per gli spostamenti quotidiani. Sono state anche ridefinite rotte strategiche e progettate infrastrutture di ricerca per un sistema di mobilità sostenibile.Pianificazione marittima e spaziale integrata terra-mare L’attività di ricerca si concentra sulle aree costiere del Triveneto, in particolare del Friuli Venezia Giulia, caratterizzate dall’alternanza di acque dolci e salate, zone umide e aree asciutte. Il progetto analizza tali dinamiche da una prospettiva poco esplorata: guardare dal mare verso la terra, ponendo l’accento su una mobilità sostenibile e integrata tra mare, acque interne e terra.Un gemello digitale dell’Alto AdriaticoSi tratta di una rappresentazione virtuale di un sistema fisico che permette di esplorare scenari e ottenere risposte applicabili alla realtà. L’obiettivo è creare un Digital Twin del nord Adriatico integrando osservazioni e modelli. Questo strumento, prevedendo le proprietà fisiche e biogeochimiche dell’ecosistema marino, supporterà sia le attività umane che la tutela dell’ambiente. Abstract 53 beneficiari, tra cui 39 enti privati e 9 enti pubblici di ricerca del Triveneto e del Sud Italia, per un valore di oltre sei milioni di euro, 34 piccole imprese, 4 PMI e 6 grandi imprese coinvolte, favorendo la R&I e la ricerca collaborativa Documenti allegati Document Progetti finanziati iNEST Mostra nel diario Off
Un assistente di Intelligenza Artificiale Generativa per la gestione clinica dell’epatite C Read more about Un assistente di Intelligenza Artificiale Generativa per la gestione clinica dell’epatite C Immagine Titolo (31).jpg Data notizia Tue, 16/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Comunicati stampa Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Testo notizia Un’intelligenza artificiale che traduce le linee guida internazionali per il trattamento dell’epatite C in risposte cliniche chiare e coerenti con gli standard più aggiornati: è il focus di uno studio internazionale guidato da Mauro Giuffrè, ricercatore dell’Università di Trieste (Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e della Salute) e della Yale University School of Medicine, validato dagli stessi autori delle linee guida europee per il trattamento della patologia.L’epatite C è un’infezione causata dal virus HCV (Hepatitis C Virus), che colpisce il fegato e può evolvere in forme croniche con gravi complicanze, come cirrosi e carcinoma epatocellulare. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 58 milioni di persone nel mondo convivono con l’infezione cronica e ogni anno si registrano oltre 1,5 milioni di nuovi casi. L'OMS ha fissato l'obiettivo ambizioso di eliminare l'epatite C come minaccia per la salute pubblica entro il 2030, puntando a ridurre le nuove infezioni del 90% e i decessi del 65%. Lo sviluppo di strumenti innovativi basati sull’intelligenza artificiale, come quello presentato nello studio dell’Università di Trieste, svolge un ruolo fondamentale nel perseguimento di questi obiettivi: migliorare l’aderenza alle linee guida terapeutiche e facilitare l’accesso a cure appropriate anche in contesti con risorse limitate sono passi concreti che possono contribuire al raggiungimento dei target globali.Miglioramenti significativi nell’accuratezza clinicaIl team ha sviluppato e testato due approcci innovativi per specializzare GPT-4 nella gestione dell'HCV: da un lato un sistema di recupero di informazioni (retrieval-augmented generation, RAG) che integra in tempo reale le linee guida europee - testati in due varianti (RAG-Top1, che recupera il singolo paragrafo più rilevante, e RAG-Top10, che recupera i dieci paragrafi più pertinenti) - dall'altro un addestramento specifico (supervised fine-tuning, SFT) del modello linguistico sui contenuti delle stesse linee guida. I risultati hanno superato ogni aspettativa: rispetto al 36,6% del modello base GPT-4 il modello RAG-Top10 ha raggiunto un'accuratezza del 91,7% nelle valutazioni degli esperti, RAG-Top1 l'81,7% e il modello SFT il 71,7%, raggiungendo quindi miglioramenti significativi rispetto al modello standard.Un sistema di validazione inedito che comprende gli estensori delle linee guida e gli esperti cliniciA rendere particolarmente rilevante questo studio è la metodologia di validazione applicata, inedita finora nella letteratura scientifica di settore. Sono stati reclutati due gruppi distinti di valutatori. Il primo gruppo era composto da quattro epatologi esperti, selezionati tra gli autori principali e i presidenti delle linee guida HCV della European Association for the Study of the Liver (EASL), ovvero i maggiori esperti europei nel trattamento dell’epatite C e gli estensori delle linee guida internazionali. A questi si è aggiunto un secondo gruppo di epatologi di un centro di riferimento terziario (Humanitas Hospital, Rozzano), garantendo una doppia prospettiva di valutazione tra teorici delle linee guida e clinici sul campo. Questo approccio ha permesso di ottenere quella che gli stessi ricercatori definiscono "una valutazione che si avvicina al gold standard nella definizione dell'accuratezza degli output".Verso l'integrazione responsabile dell'AI in medicinaI risultati aprono prospettive concrete per l'utilizzo dell'intelligenza artificiale nel supporto alle decisioni cliniche. "Sia RAG che SFT - spiegano gli autori - migliorano significativamente le prestazioni dei Modelli Linguistici di grandi dimensioni (LLM) nella gestione dell'epatitie C attraverso le linee guida, migliorando non solo l'accuratezza e la chiarezza delle risposte, ma anche la selezione dei regimi terapeutici negli scenari clinici". Lo studio rappresenta un passo significativo verso quello che gli autori definiscono "l'integrazione sicura dell’Intelligenza Artificiale Generativa nella pratica clinica", confermando il potenziale di modelli linguistici specializzati e validati da esperti come strumenti concreti di supporto decisionale in medicina, particolarmente preziosi in contesti ad alta complessità come la gestione delle malattie epatiche croniche.La ricerca, presentata nell’articolo From Guidelines to Real-Time Conversation: Expert-Validated Retrieval-Augmented and Fine-Tuned GPT-4 for Hepatitis C Management, pubblicato su Liver International, si è avvalsa del contributo di Nicola Pugliese e Alessio Aghemo (Humanitas University), dei bioingegneri dell’Ateneo triestino Simone Kresevic e Milos Ajcevic (Dipartimento di Ingegneria e Architettura) e di un network internazionale di epatologi e specialisti di intelligenza artificiale, tra cui Dennis L. Shung (Yale), Francesco Negro (University Hospitals of Geneva), Massimo Puoti (ASST GOM Niguarda; Università di Milano Bicocca), Xavier Forns (Hospital Clínic Barcelona; IDIBAPS; CIBERehd) e Jean-Michel Pawlotsky (UPEC/INSERM; AP-HP Paul Brousse, Parigi). Abstract Allo studio coordinato da Mauro Giuffrè (DSM) hanno collaborato anche Simone Kresevic e Milos Ajcevic (DIA). Il modello RAG-Top10 fornisce risposte aderenti alle linee guida internazionali con un'accuratezza del 91,7% Mostra nel diario Off Fotogallery
Allergia al Nickel: pubblicato studio UniTS – ASUGI Read more about Allergia al Nickel: pubblicato studio UniTS – ASUGI Immagine foto nickel.jpeg Data notizia Wed, 17/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Comunicati stampa Ricerca Destinatari canale Ateneo Studiare Ricerca Destinatari target Studenti iscritti Post lauream Testo notizia Appena pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Contact Dermatitis (Wiley) uno studio multicentrico dell’Università di Trieste condotto dai Proff. Luca Cegolon (UCO di Igiene e Medicina Preventiva di ASUGI) e Francesca Larese Filon (UCO di Medicina del Lavoro) sull’allergia da contatto al nickel solfato 5% in 31.948 pazienti sottoposti a patch test in Triveneto dal 1997 al 2023.Il nickel è la causa più frequente di allergia da contatto, un’ ipersensibilità che si può sviluppare dopo ripetute e prolungate esposizioni cutanee ad allergeni.Nel 1994, la direttiva europea UE 94/27/CE ha disposto la restrizione dell’ uso del nichel in bigiotteria ed altri prodotti da consumo che possono entrare a contatto con la cute umana.Sebbene grazie a questo provvedimento si sia osservata una progressiva riduzione della sensibilizzazione al nichel in Europa, il beneficio si è riscontrato soprattutto nelle generazioni più giovani. I più anziani, invece, sensibilizzati prima dell’entrata in vigore della direttiva, contribuiscono alla prevalenza di allergia da contatto al nickel a livello globale.In dettaglio, la distribuzione geografica della sensibilizzazione al nichel è eterogenea e tende ad essere superiore nei Paesi dell’area mediterranea rispetto a quelli del Nord Europa, probabilmente a causa di un'applicazione tardiva e meno rigorosa della direttiva europea.Al di fuori dell’ Unione Europea, nello specifico in Nord America e Giappone, continua a registrarsi una prevalenza di sensibilizzazione al nichel superiore ed in aumento nel corso degli anni, a causa della mancanza di normative restrittive in materia.Lo studio dell’Università di Trieste sottolinea che la prevalenza di sensibilizzazione al nichel era del 26,1% durante il periodo di studio (1997-2023), seguiva un trend temporale in progressiva riduzione ed era significativamente inferiore nei maschi. Il trend rivelava inoltre un andamento ad U invertita rispetto all'anno di nascita tra le donne, passando dal 35,70% in quelle nate tra il 1955 e il 1964 al 46,24% in quelle nate tra il 1965 e il 1974, per ridursi al 41,36% tra le nate negli anni 1975-1984.L'andamento a U invertita delle reazioni positive ai patch test per anno di nascita riflette un’esposizione e sensibilizzazione al nichel in donne di età compresa tra 20 e 50 anni, prima dell'entrata in vigore della direttiva europea.Per quanto riguarda l’attività lavorativa svolta dalle persone sottoposte all’indagine, si è riscontrata una prevalenza di reazioni positive al patch test significativamente superiore tra i commercianti, mentre era inferiore tra pensionati e casalinghe. Una maggiore prevalenza di reazioni positive tra i commercianti potrebbe riflettere un'esposizione prolungata in professioni che implicano manipolazione di monete, mentre un’ immunosenescenza legata all’ età potrebbe spiegare la minore prevalenza di sensibilizzazione in pensionati e casalinghe.Sebbene in riduzione nel corso degli anni, la prevalenza di reazioni positive al nichel si è confermata comunque superiore rispetto a quella dei paesi nord-europei, probabilmente per un'applicazione tardiva e meno rigorosa della suddetta direttiva europea. Altri fattori che possono contribuire alla maggiore prevalenza di sensibilizzazione nei paesi dell’ area mediterranea rispetto a quelli del Nord Europa includono trend sociali che hanno spinto le donne italiane ad utilizzare precocemente prodotti di bigiotteria contenenti nickel e temperature ambientali più elevate che facilitano rilascio e penetrazione di allergeni nella cute umana da prodotti contenenti nichel. Abstract Luca Cegolon e Francesca Larese Filon hanno condotto uno studio cha ha coinvolto circa 32.000 pazienti del Triveneto tra il 1997 e il 2023 Documenti allegati Document Graphical Abstract Mostra nel diario Off
"Combattere la violenza di genere con la cultura e la formazione", la giudice Paola Di Nicola Travaglini ospite di UniTS Read more about "Combattere la violenza di genere con la cultura e la formazione", la giudice Paola Di Nicola Travaglini ospite di UniTS Immagine Titolo (60).jpg Data notizia Tue, 16/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Destinatari canale Ateneo Destinatari target Territorio e società Testo notizia Libertà, controllo, possesso, ma anche stereotipi e vittimizzazione secondaria: alla vigilia dell’entrata in vigore della legge sul femminicidio, l’Università di Trieste ha scelto di chiamare la propria comunità a un confronto diretto sugli elementi culturali che la nuova norma intende scardinare. La conferenza “La violenza di genere tra norme e realtà”, promossa dal Comitato Unico di Garanzia (CUG), ha messo al centro una domanda essenziale: quale impatto avrà questa legge, non solo nel diritto, ma nel modo in cui il Paese riconosce e interpreta la violenza sulle donne.Protagonista della conferenza è stata la dott.ssa Paola Di Nicola Travaglini, consigliera della Corte di Cassazione e consulente giuridica della Commissione sul femminicidio del Senato, intervistata dalle docenti UniTS Natalina Folla e Patrizia Romito.Ad aprire i lavori sono stati i saluti istituzionali della Magnifica Rettrice Donata Vianelli, della prof.ssa Maria Dolores Ferrara, Presidente del CUG, e del Consiglio degli Studenti. La Rettrice ha richiamato l’attenzione dell’Università sul riequilibrio di genere e sul contrasto alla violenza, sottolineando che “non è un impegno sulla carta”, ma un’azione concreta che coinvolge studenti, personale docente e tecnico-amministrativo e che si traduce in iniziative capaci di incidere nella comunità interna e nel dialogo con la società, anche grazie al lavoro del CUG.La giudice Di Nicola Travaglini ha definito la nuova norma “una delle leggi più importanti che il nostro Paese abbia mai approvato”, ricordando che è stata approvata “all’unanimità” e che rappresenta un passaggio cruciale perché “dà un nome a quello che fino ad oggi non ha avuto un nome”: l’uccisione delle donne in quanto donne. Un cambio di passo, ha sottolineato, che introduce anche nel linguaggio giuridico categorie decisive per comprendere la violenza: “controllo”, “libertà”, “possesso”, fino al peso che può avere la scelta di interrompere una relazione violenta.La magistrata ha evidenziato che UniTS "è la prima università” a raccogliere la propria comunità, “studenti e studentesse”, per interrogarsi sul significato della legge e sul suo impatto culturale oltre che giuridico. Un passaggio che ha dato senso all’incontro come momento di formazione pubblica, coerente con la responsabilità educativa dell’Ateneo.Entrando nel merito, la giudice ha affrontato i nodi che ancora limitano l’efficacia del sistema di tutela: non tanto l’assenza di norme, quanto la difficoltà di applicarle in modo adeguato e omogeneo, anche a causa di stereotipi radicati. Il punto, ha spiegato, è la formazione: “Il blocco non è legislativo, ma culturale e formativo”. Da qui l’accento sull’esigenza di percorsi strutturati per tutti gli operatori coinvolti – dalla magistratura ai servizi sanitari, dalle forze di polizia alla scuola – perché la legge possa esprimere davvero la sua “capacità trasformativa”.Un passaggio centrale ha riguardato la vittimizzazione secondaria, cioè quel insieme di atteggiamenti, linguaggi e domande che possono trasformare la persona offesa in un’“imputata” di fatto. In questo quadro, la magistrata ha richiamato anche il tema dei “miti dello stupro”, ancora diffusi nella società e capaci di influenzare le narrazioni: “La donna provoca”, “se l’è cercata”, “denuncia strumentalmente”. Miti che alimentano una lettura distorta della violenza sessuale come impulso, mentre – ha ribadito – la violenza è “atto di potere e di dominio”.A rafforzare la dimensione partecipativa e comunitaria dell’iniziativa, la lettura di brani da parte di studentesse e studenti delle scuole superiori ha affiancato all’analisi giuridica un momento di sensibilizzazione dal forte impatto evocativo.L’evento è stato organizzato in collaborazione con Mimma Dreams APS e ha visto l’adesione dell’INPS – Direzione Regionale Friuli Venezia Giulia e dei Comitati Unici di Garanzia del Comune di Trieste, di OGS, IRCCS Burlo Garofolo, ASUGI, Area Science Park e ARPA FVG: una rete che conferma come il contrasto alla violenza di genere richieda un lavoro integrato tra università, istituzioni e servizi, e come il luogo della formazione possa diventare spazio di consapevolezza e responsabilità collettiva. Abstract Iniziativa del CUG che ha coinvolto studenti universitari e delle scuole, alla viglia dell'entrata in vigore della legge sul femminicidio Mostra nel diario Off
Metalmeccanica FVG, contributo UniTS nel report dell'Osservatorio COMET: crescita e resilienza in uno scenario complesso Read more about Metalmeccanica FVG, contributo UniTS nel report dell'Osservatorio COMET: crescita e resilienza in uno scenario complesso Immagine Titolo (59).jpg Data notizia Fri, 12/12/2025 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Società e territorio Destinatari canale Ateneo Destinatari target Enti e aziende Testo notizia Il settore della metalmeccanica del Friuli Venezia Giulia torna a crescere e mostra segnali di resilienza in uno scenario ancora complesso. È quanto emerge dall’ultimo report dell’Osservatorio della Metalmeccanica FVG, promosso dal Cluster COMET in collaborazione con Area Science Park, Intesa Sanpaolo e le Università di Trieste e Udine. L’analisi evidenzia per il 2025 una crescita dello 0,9% del comparto, in netta controtendenza rispetto al resto della manifattura regionale, che registra un calo dell’1,4%. L’Osservatorio, cui l’Università di Trieste partecipa come partner scientifico attraverso il Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche (DEAMS), offre una fotografia dettagliata di un settore che da solo rappresenta circa il 43% della manifattura regionale. Il report presentato a fine 2025 certifica un’inversione di tendenza dopo due anni di leggere flessioni, mostrando come le imprese metalmeccaniche del FVG stiano reagendo con determinazione alla complessità dei mercati internazionali.L’analisi economico-finanziaria restituisce un quadro articolato: tra il 2021 e il 2024 il fatturato complessivo del comparto è cresciuto di circa l’8,7%, in linea con l’andamento nazionale, ma il confronto tra 2024 e 2023 registra una contrazione del 4,1% in regione, più marcata rispetto alla media italiana. La redditività (Ebitda margin) scende all’10,8% avvicinandosi ai valori nazionali, mentre la solidità patrimoniale è in miglioramento, con un incremento della quota di patrimonio netto sul passivo.Il report mette inoltre in luce una crescente polarizzazione del tessuto produttivo: le micro e piccole imprese risultano più esposte alle difficoltà di mercato, mentre le medie e grandi aziende, più orientate all’export e dotate di una governance giovane, mostrano performance migliori. Un elemento distintivo del comparto metalmeccanico rispetto al resto della manifattura regionale è la maggiore propensione all’innovazione: oltre un terzo delle aziende presenta segnali concreti in questo ambito, tra brevetti, partecipazione a progetti europei e collaborazioni con startup e centri di ricerca.In questo quadro, il ruolo dell’Università di Trieste è quello di affiancare il sistema produttivo nella lettura delle tendenze e dei rischi emergenti. Il DEAMS contribuisce alla progettazione e all’interpretazione dei dati dell’Osservatorio, integrando l’analisi quantitativa con strumenti di indagine qualitativa, come gli instant poll sulle aspettative e sulle strategie delle imprese rispetto a fattori economici, geopolitici, sociali e tecnologici.“I dati 2025 confermano un elemento chiave: le imprese della metalmeccanica regionale stanno reagendo con determinazione alla complessità dello scenario internazionale – commenta il professor Guido Bortoluzzi, docente di Innovation Management e di Entrepreneurship all’Università di Trieste –. Le strategie di diversificazione dei mercati mostrano segnali concreti di efficacia e, nonostante le incertezze geopolitiche e i nuovi dazi, il settore ha saputo navigare la tempesta meglio del resto del comparto manifatturiero”.Bortoluzzi richiama però l’attenzione sulle sfide che si stanno aprendo: “Non possiamo ignorare la crescente polarizzazione del nostro tessuto produttivo: la forbice tra chi corre, trainato da export, certificazioni e una governance giovane, e chi fatica, si sta allargando. Il tempo delle decisioni basate solo sull’intuito è finito. Il futuro richiede alle nostre imprese un cambio di paradigma fondato sull’agilità strategica, sulla lucidità dei dati e sulla capacità di captare i segnali deboli del cambiamento”.Per spiegare questo passaggio, il prof. Bortoluzzi ricorre a una metafora marinara: “Servono dei ‘radar’ per intercettare i nuovi macrotrend emergenti, siano essi tecnologici, economici o sociali. Sono necessarie ‘reti’ di connessione interna per condividere rapidamente le informazioni e prendere decisioni in modo più rapido del passato. Infine, le aziende devono imparare a gettare i loro ‘ami’: o diversificando l’attività in più settori per pescare in superficie, oppure specializzandosi verticalmente nel proprio core business per pescare più in profondità e rimanere competitive in un mondo dove la competizione si è allargata. Abbiamo imparato a navigare in mari tempestosi, ora dobbiamo alzare lo sguardo e prepararci al futuro con continuità, visione e coraggio”. Abstract Per il prof. Guido Bortoluzzi (DEAMS) «il tempo delle decisioni basate solo sull’intuito è finito: alle imprese servono dati chiari, agilità strategica e radar per cogliere i segnali del cambiamento» Mostra nel diario Off