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Premio Adolfo Parmaliana 2023 a Matteo Bisetto per la miglior tesi di dottorato

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Il Direttivo del Gruppo Interdivisionale di Catalisi (GIC) della Società Chimica Italiana (SCI) ha assegnato al dottor Matteo Bisetto il Premio Adolfo Parmaliana 2023 per la migliore tesi di dottorato (cicli XXXIV e XXXV) sulla tematica "Catalisi per lo sviluppo sostenibile". Il dr. Bisetto ha conseguito il dottorato di ricerca in Nanotecnologie sotto la supervisione dei professori Paolo Fornasiero e Tiziano Montini del Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche dell'Università di Trieste.

La tesi è incentrata sullo sviluppo di catalizzatori nanostrutturati a base di nanoparticelle di ossido di rame, studiandone gli effetti della forma sulla riduzione elettrochimica dell’anidride carbonica. Di grande importanza è stata la collaborazione internazionale con il gruppo del professor A. Naldoni del RCPTM di Olomouc (Repubblica Ceca), dove Bisetto ha svolto un periodo di ricerca durante il dottorato.

Il Premio Adolfo Parmaliana sarà consegnato mercoledì 8 novembre 2023 durante l’evento “Catalisi: ieri, oggi e domani” a Venezia, dove Matteo Bisetto presenterà le parti più significative del suo lavoro di tesi.

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Tesi sulla tematica "Catalisi per lo sviluppo sostenibile"
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Robotica marina: i risultati del progetto MARBLE

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Il progetto “MARBLE – Maritime Robotics in Blue Economy” finanziato dall’Interreg Adrion e iniziato a gennaio 2023, si è concluso ponendo solide basi per la nascita del primo Joint Master sulla robotica marina nel settore della Blue Economy.

Coordinato dal Dipartimento di Matematica, Informatica e Geoscienze dell’Università di Trieste, MARBLE ha tra i suoi partner anche l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS. Il progetto ha permesso di realizzare uno scambio di best practices e mobilità tra i partner.

Da segnalare in particolare due workshop internazionali e multidisciplinari che hanno visto la partecipazione di più di 100 studenti appartenenti a 6 Paesi diversi. Il primo è la “Marble – Training week” svoltasi a maggio a Trieste e “Marble Hackaton” in Bosnia Erzegovina.  La squadra composta dai due studenti triestini del Master di II livello in Robotica, Davide Vidmar e Ionut Alexandru Pascariu, è risultata finalista.

L’ambiziosa sfida proposta dai ragazzi riguardava la realizzazione di un classificatore binario attraverso l’utilizzo di tecniche di computer vision e AI, al fine di individuare la presenza di larve di ostriche all'interno di un campione d'acqua e ricavarne al contempo il numero di esemplari. L’acquisizione di tali dati permette di valutare la miglior posizione per il posizionamento di alcune strutture sottomarine in grado di ospitare le larve nella loro fase di metamorfosi da plancton a conchiglie.

Il progetto sarà presentato nell’ambito delle iniziative collegate al progetto PNRR ecosistema dell’innovazione INEST.

I risultati del loro ambizioso progetto sono stati presentati al workshop finale di MARBLE “Breaking the Surface (BtS)”, appena concluso a Kumbor (Montenegro).

I partner del progetto, che vede come lead partner la Facoltà di Ingegneria Elettrica e Informatica dell'Università di Zagabria, si sono riuniti a Kumbor per discutere dei risultati e dei futuri sviluppi di MARBLE.

La città di Trieste è stata rappresentata dall’Università degli Studi di Trieste con la partecipazione della prof.ssa Maria Cristina Pedicchio, dall'OGS, grazie all'intervento di Miro Gagic sulle proprietà oceanografiche e circolazione nel Mar Adriatico e dal Maritime Technology Cluster FVG. Presenti anche gli altri partner: Digital innovation hub (DIH) Agrifood Croatia, National Technical University di Atene, l'Università del Montenegro e la Facoltà di Ingegneria Elettrica dell'Università di Sarajevo.

 

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Il San Giusto d'oro 2023 a UniTS

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Il San Giusto d’oro 2023 va all’Università degli studi di Trieste. Lo ha deciso l’Assostampa Fvg che organizza il premio – nato nel 1967 su iniziativa del Gruppo Giuliano Cronisti e giunto alla 57.a edizione – con la collaborazione del Comune di Trieste e il sostegno della Fondazione CrTrieste.

“In questi tempi bui tragicamente segnati da quella che Papa Francesco ha chiamato ‘la terza guerra mondiale a pezzi’ - spiega Carlo Muscatello, presidente dell’Assostampa Fvg -, siamo sempre più convinti che l’unica speranza di futuro, di progresso, di pacifica convivenza fra i popoli possa venire dalla conoscenza, dalla cultura, dallo studio. Per questo il sindacato regionale dei giornalisti ha deciso di assegnare il premio all’ateneo triestino, nell’anno accademico del suo centenario, che cadrà nel 2024. Il forte aumento degli iscritti di quest’anno, la crescita di studenti stranieri, l’ampliamento costante dell’offerta didattica e i bilanci sani sono il segno di una realtà sana e in costante sviluppo”.

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Studiosi in zone di conflitto: UniTS protagonista con la Rete SAR

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L’Università di Trieste ha ospitato nei giorni scorsi la riunione del Direttivo e l’Assemblea Generale della Rete SAR Italia. La Rete internazionale Scholars at Risk (SAR), che riunisce Università di tutto il mondo, ha lo scopo di tutelare i diritti fondamentali di studenti e studiosi “a rischio”, di garantirne la partecipazione alla vita universitaria, di promuovere la libertà accademica e di proteggerli in Paesi dove la loro attività è severamente compromessa.

L'Università di Trieste ha contribuito fortemente alla creazione della sezione italiana di SAR ed ha curato i contenuti e la stesura finale del Vademecum sull’Accoglienza, strumento rivolto alle Università italiane per fornire le indicazioni di base legate all’arrivo degli studiosi a rischio, sia in termini di opportunità internazionali, di procedure amministrative per ottenere visti, permessi di soggiorno e assicurazioni, sia per l’attività di mentoring, strategica per l’integrazione degli studiosi nelle comunità accademiche.

Il passaggio di consegne dal precedente Direttivo, rimasto in carica 4 anni e del quale l’Università di Trieste è stata componente attivo, si è svolto nella sede del Dipartimento di Studi Umanistici di UniTS. L’ultimo atto del Direttivo uscente è stato l’attivazione di un ciclo di quattro seminari rivolto a tutte le Università italiane che si svolgerà tra novembre e dicembre di quest’anno. Si tratta di un percorso di formazione online per diffondere nella comunità universitaria del nostro Paese la conoscenza delle attività e delle strategie di SAR a partire dal Vademecum sull’Accoglienza. Saranno inoltre fornite indicazioni di carattere normativo, organizzativo e di mentoring e sarà promossa l’applicazione delle metodologie e delle procedure più adatte per l’attuazione concreta dell’accoglienza. Agli incontri sui temi che riguardano “La libertà accademica e la protezione di studiosi/e a rischio”, “Mobilità e Procedure di visto in situazioni emergenziali”, “Transizione e Riconoscimento dei titoli di studio” e di “Mentoring e Inclusione” si sono iscritte oltre 500 persone da 40 atenei e dal CNR.

L’Università di Trieste, con referenti la Prof.ssa Roberta Altin e la dott.ssa Carla Savastano, ha avuto un ruolo centrale nella costruzione dei contenuti del percorso, nell’individuazione dei relatori, nella stesura del programma in stretta collaborazione con le Università di Verona e Trento.

Alcuni dati.

Le recenti crisi in Afghanistan e Ucraina hanno portato a un significativo aumento della presenza di studiosi a rischio nelle Università italiane. Tra gennaio 2021 e dicembre 2022 (ultimi dati disponibili) sono state attivate circa 92 posizioni temporanee in 16 Università italiane, in favore di studiosi provenienti da 9 Paesi.

I dati 2021/2022 sugli studiosi a rischio indicano che tramite la rete SAR sono stati ospitati negli Atenei italiani 54 ucraini, 15 afghani, 10 russi, 5 turchi, 3 yemeniti, 2 siriani, 1 etiope, 1 bielorusso, 1 iraniano.

Grazie alla sua partecipazione alla rete SAR, nel periodo 2021/22 l’Università di Trieste ha ospitato una studiosa turca, che ha potuto continuare la sua attività di ricerca sulle migrazioni transnazionali e sugli studi sulle aree di confine conducendo un lavoro di indagine anche nel nostro territorio di confine attraversato dalla rotta balcanica.

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Missione spaziale Euclid: ecco le prime 5 foto a colori del cosmo

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La missione spaziale Euclid di ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha rivelato le sue prime immagini a colori del cosmo. Mai prima d'ora un telescopio è stato in grado di creare immagini astronomiche così nitide su una porzione di cielo così ampia e di guardare così lontano nell'Universo. Le cinque immagini illustrano il pieno potenziale di Euclid e dimostrano che il telescopio è pronto a creare la più estesa mappa 3D dell'Universo mai realizzata.

Ciò che rende speciale la visione di Euclid del cosmo è la sua capacità di creare immagini visibili e a infrarossi straordinariamente nitide su un'enorme porzione di cielo in un solo “scatto”.

L’Università degli Studi di Trieste ha la responsabilità delle operazioni che coinvolgono i due strumenti scientifici che sono il cuore della missione Euclid: il VISible Instrument (VIS) e il Near Infrared Spectrometer Photometer (NISP).

“Le spettacolari immagini inviate dimostrano le altissime prestazioni degli strumenti di Euclid", commenta Anna Gregorio di UniTS, coordinatore degli strumenti. "Euclid è attualmente in fase di calibrazione, necessaria per ottimizzare tutti i parametri della missione e renderla pronta ai sei anni di osservazioni previsti”. 

Euclid ha un compito difficile: indagare su come la materia e l'energia oscura abbiano reso il nostro Universo come appare oggi. Il 95% del nostro cosmo sembra essere costituito da queste misteriose entità "oscure": non sappiamo ancora cosa siano di preciso perché la loro presenza causa solo cambiamenti molto sottili nell'aspetto e nei movimenti delle cose visibili.

Per rivelare la loro influenza sull'Universo visibile, nei prossimi sei anni Euclid osserverà le forme, le distanze e i moti di miliardi di galassie fino a 10 miliardi di anni luce. In questo modo creerà la più grande mappa cosmica in 3D mai realizzata.

Euclid è una delle missioni più ambiziose mai realizzate da ESA e vede coinvolte numerose realtà scientifiche locali, italiane e internazionali. L’Istituto Nazionale di Astrofisica - Osservatorio Astronomico di Trieste (INAF-OATs), la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) e l’Università degli Studi di Trieste sono fortemente coinvolti nella missione: sono infatti protagonisti sia per lo sviluppo degli algoritmi di analisi, sia nell’interpretazione dei dati, oltre ad avere la responsabilità delle operazioni degli strumenti a bordo del satellite.

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UniTS ha la responsabilità delle operazioni che coinvolgono i due strumenti scientifici: il VISible Instrument (VIS) e il Near Infrared Spectrometer Photometer (NISP)
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Paleoclima: studio UniTS conferma le Alpi "hot spot" dei cambiamenti climatici

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Paleoclima: uno studio dell’Università di Trieste sull’ultima glaciazione conferma le Alpi hot-spot dei cambiamenti climatici

Uno studio condotto dall’Università degli studi di Trieste e pubblicato sulla rivista Climate of the Past apre nuove prospettive sull’uso dei modelli climatici

Il riscaldamento globale sulle Alpi procede a velocità quasi doppia rispetto alla media globale: un processo dalle conseguenze molto impattanti che trova un precedente in senso opposto nell’ultima glaciazione.

Lo studio condotto dall’Università degli studi di Trieste appena pubblicato sulla rivista internazionale Climate of the Past” dal titolo “Atmosphere–cryosphere interactions during the last phase of the Last Glacial Maximum in the European Alps” ha stimato come tra 26mila e 21mila anni fa il clima delle Alpi abbia registrato valori di raffreddamento quasi doppi rispetto alla scala globale. L’equazione utilizzata per ricostruire il paleoclima – ossia, il clima di periodi geologici e storici precedenti lo sviluppo degli strumenti di misura delle componenti climatiche e del tempo atmosferico – in questa zona funziona anche in direzione opposta e offre utili indicazioni rispetto al futuro.

Condotto da Costanza Del Gobbo, titolare del corso "Global and Regional Climate Change" all’Università degli studi di Trieste e assegnista di ricerca all’Istituto di Scienze Polari del CNR, lo studio ha richiesto 4 anni di lavoro, è stato finanziato dall’International Centre for Theoretical Physics ed è stato supervisionato dal Premio Nobel Filippo Giorgi (ICTP), da Renato R. Colucci, ricercatore all’ISP-CNR e docente di Glaciologia all’Università degli studi di Trieste e da Giovanni Monegato, ricercatore all'Istituto di Geoscienze del CNR.  

Durante l'Ultimo Massimo Glaciale (LGM) avvenuto sulle Alpi tra 26mila e 21mila anni fa, i ghiacciai si spinsero nelle pianure pedemontane e sono ancora oggi identificabili grazie alle grandi morene frontali ben conservate, ad esempio quelle del Tagliamento a Nord di Udine, del Garda a nord di Verona o nel comprensorio Ivrea-Verbano in Piemonte.  

I ghiacciai sono fortemente controllati dalla temperatura e dalle precipitazioni e quindi sono eccellenti indicatori del cambiamento climatico. In questo lavoro è stato utilizzato un modello climatico regionale (RCM) sviluppato dall’ICTP innestato nel modello paleoclimatico del Max Planck Institute (Germania), che ha permesso di studiare alcuni dei processi fisici che hanno sostenuto i ghiacciai alpini 21mila anni fa.  

In particolare, il lavoro ha potuto ricostruire la linea di equilibrio glaciale (ELA) durante l'LGM, confrontandola con quella dei livelli preindustriali, ossia all’inizio del 1800.  

I risultati di questo lavoro sono riusciti, per la prima volta, a trovare ottima coerenza con le evidenze geomorfologiche e geologiche sul terreno, dove invece i modelli precedenti avevano grossi errori in diversi settori alpini a causa di errate stime legate alle precipitazioni.   

I risultati mostrano come il clima delle Alpi fosse mediamente 6.8°C più freddo rispetto ai livelli preindustriali (quindi circa 9°C più freddo rispetto ad oggi) e in particolare nei settori orientali. Le precipitazioni annuali erano più scarse di circa il 15%.

La stagione a subire le variazioni più significative fu l’estate con una diminuzione di 7.3°C rispetto ai livelli preindustriali, ossia quasi 10°C in meno rispetto alle estati attuali. Queste condizioni permettevano ricorrenti nevicate attorno ai 1000 metri di quota in piena estate, e a volte anche a quote inferiori, mentre le pianure del Nord Italia erano coperte di neve da novembre a maggio.

La distribuzione delle precipitazioni era molto diversa rispetto ad oggi, con l’estate come stagione più piovosa (in particolare sul settore alpino settentrionale), mentre l’inverno era verosimilmente molto freddo e secco a causa dell’influenza di una vasta area di alta pressione estesa dalla Scandinavia, dove aveva sede una calotta glaciale simile a quella della Groenlandia attuale, alla Siberia. Solo sul settore meridionale delle Alpi le precipitazioni erano frequenti anche nel corso dell’inverno, prevalentemente a carattere nevoso fino in pianura. 

Questo studio ha aperto nuove prospettive sull'uso dei modelli climatici regionali per lo studio dei climi passati, in quanto tali modelli possono offrire un dettaglio spaziale che ci permette di capire meglio gli indicatori climatici rilevati sul campo soprattutto in aree, come quella Alpina, caratterizzate da morfologie molto complesse.

 

Nell'mmagine in alto a destra, i Ghiacciai dell'Engadina in Svizzera che richiamano il paesaggio che avevano tutte le Alpi al picco dell'ultimo massimo glaciale quando le lingue glaciali più avanzate si spingevano fino sulle aree pedemontane di pianura (Foto Renato R. Colucci).

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Studio pubblicato sulla rivista "Climate of the Past"
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UniTS a Palermo per Destinazione Public Engagement #5

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L’Università di Trieste ha partecipato il 9 e 10 novembre ai lavori di “Destinazione Public Engagement #5”, l’evento annuale dell’Associazione Rete degli Atenei ed Enti di Ricerca per il Public Engagement – APEnet che si è svolto presso l'ateneo di Palermo.

La due giorni è stata dedicata all’analisi, al monitoraggio, alla valorizzazione e all’implementazione di progetti e attività per il coinvolgimento della società nel mondo della ricerca.

UniTS figura tra i soci fondatori di APEnet e collabora attivamente ai gruppi di lavoro coordinati dall’Associazione che periodicamente si riunisce per ridefinire e attualizzare il vasto tema del Public Engagement, alla ricerca di nuove strategie per produrre benessere collettivo attraverso didattica e ricerca.

L'evento, organizzato da APEnet in collaborazione con l’Università di Palermo, ha rappresentato l'occasione per condividere esperienze e buone pratiche attivate su tutto il territorio nazionale. La rapida evoluzione del modello e degli approcci del Public Engagement, i contesti organizzativi e di diffusione, gli strumenti di monitoraggio e i percorsi di formazione sono alcuni dei temi discussi nella tappa siciliana, a partire da quanto già avviato da APEnet in questi anni e con lo sguardo rivolto al futuro.

Sulla scia delle esperienze maturate nel contesto internazionale, anche in Italia il mondo della ricerca si sta configurando sempre più come incubatore di progetti di co-creazione e diffusione dei risultati. In questo contesto il ruolo di APEnet è quello di una rete capace di misurarsi con l’eterogeneità delle iniziative di Public Engagement, delineandone la definizione e i contorni, per misurare i benefici di questa attività per la società e per il mondo della ricerca.

Nata nel 2018, la Rete APEnet si è da subito proposta come spazio di confronto, studio e progettazione in collaborazione con i diversi attori nazionali e internazionali del sistema ricerca e delle istituzioni scientifiche in Italia.

Nell’Aprile del 2022 si è trasformata in Associazione grazie al contributo di 41 Soci fondatori tra Università, Politecnici, Scuole Superiori ed Enti di Ricerca con l’obiettivo di consolidare il ruolo che Atenei ed Enti di Ricerca rivestono nel definire e dare forma concreta al Public Engagement come insieme di valori e azioni istituzionali diretti a generare crescita sociale, culturale ed economica. La rete oggi è costituita da 49 Soci.

La registrazione dell'evento è disponibile sul canale youtube dell’associazione APEnet.

 

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L’Università di Trieste all'evento annuale dell’Associazione “Rete degli Atenei ed Enti di Ricerca per il Public Engagement – APEnet” dedicato al legame tra scienza, ricerca e società
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Inaugurato il Baby Pit Stop UNICEF nella sede UniTs di Androna Campo Marzio

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Nella sede di Androna Campo Marzio dell’Università di Trieste è stato inaugurato Baby Pit Stop UNICEF, il primo spazio di ateneo attento alle esigenze degli ospiti più piccoli e dei loro genitori.

UniTs ha voluto così aderire al progetto UNICEF che promuove l’allattamento in spazi pubblici. Nel concretizzare l’iniziativa, l’Ateneo ha trovato un prezioso supporto nel Soroptimist International, che sostiene  il progetto UNICEF “Baby Pit Stop”

Attraverso l’allestimento di un angolo dedicato, l’Università di Trieste vuole contribuire alla conciliazione dei tempi di vita e di studio della comunità studentesca e universitaria e offrire un servizio utile a tutti colori che frequentano i suoi spazi in occasione di conferenze, mostre, seminari e sessioni di laurea. 

L’iniziativa nasce da una proposta di Gina Chianese, docente di Pedagogia al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Ateneo e di Ilaria Garofolo, Collaboratore del Rettore per l’area Edilizia ed Energia. Il Soroptimist ha contribuito con la fornitura degli arredi. 

L’Università di Trieste allestirà spazi analoghi anche in altre sedi per estendere l’opportunità ad un pubblico più vasto e continuare la collaborazione con UNICEF.

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Con il prezioso supporto nel Soroptimist International
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UniTS aderisce alla Giornata Mondiale del Diabete

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L’Università di Trieste partecipa alla Giornata Mondiale del Diabete, che si celebra il 14 novembre nell’anniversario della nascita di Frederick Banting, lo scienziato al quale viene attribuita la scoperta dell’insulina con l’aiuto di Charles Best.

Il tema della giornata mondiale 2023 è “Accedere alle cure per il diabete”: la campagna si focalizza sulla prevenzione del diabete di tipo 2 con lo slogan “Know your risk, know your response”.

Con una prevalenza in continua crescita, il diabete viene identificato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) quale priorità globale per tutti i sistemi sanitari. Secondo gli ultimi dati dell'International Diabetes Federation (IDF), più di mezzo miliardo di persone convive con il diabete nel mondo.

In Italia sono quasi 5 milioni, invece, le persone affette da questa patologia e circa un milione non sa di soffrirne; 4 milioni sono coloro che presentano un alto rischio di sviluppare il diabete; 75mila sono i decessi ogni anno causati direttamente dalla malattia o come comorbidità.

La Giornata Mondiale del Diabete rappresenta un importante momento di sensibilizzazione nei confronti di questa patologia, dei suoi fattori di rischio e di come prevenirla.

UniTS intende manifestare il suo impegno nella ricerca, nella formazione e nella pratica clinica volta a migliorare i percorsi di accesso alle cure per tutti i pazienti, in modo che gli sviluppi scientifici e tecnologici siano sempre accessibili a tutti i cittadini. 

«Oggi, grazie alla ricerca scientifica – sostiene Riccardo Candido, professore associato di Endocrinologia all’Università di Trieste - disponiamo di un numero sempre maggiore di farmaci non solo iniettivi ma anche orali e tecnologie che ci permetteranno di migliorare la cura e la gestione della malattia con l'obiettivo primario di prevenire le complicanze, migliorare la qualità di vita delle persone con diabete e ridurre i costi».

Il professor Candido, che è anche responsabile della S.S. di Diabetologia di ASUGI, proprio in questi giorni è stato eletto Presidente Nazionale dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD): «È per me un onore rappresentare l’Università di Trieste nel panorama della diabetologia italiana. Nel corso del biennio di presidenza intendo investire sulla crescita societaria e su quattro direttrici fondamentali: condivisione, cronicità, continuità e comunicazione.

Sarà fondamentale sviluppare – afferma il docente del DSM - nuove sinergie con i diversi attori che gravitano attorno al mondo delle malattie croniche come diabete, obesità, malattie cardiovascolari e renali: le Istituzioni, la politica, i media e le associazioni di pazienti, per essere promotori del cambiamento e dell’efficientamento del modello organizzativo del diabete sul territorio».

In occasione della Giornata Mondiale del Diabete, per testimoniare il suo impegno al fianco di ricercatori, medici e pazienti, UniTS illuminerà di blu la facciata dell'edificio A di Piazzale Europa nella serata di martedì 14 novembre.

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Riccardo Candido, docente di Endocrinologia e Presidente Nazionale dell’Associazione Medici Diabetologi, commenta le prospettive di ricerca e assistenziali nei confronti della patologia
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Inaugurata la mostra #SBLAD - Shine Bright Like A Diamond

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La mostra #SBLAD – Shine Bright Like A Diamond, Residenze d’artista è visitabile a ingresso libero (giorni feriali, orario 9-18) dal 15 novembre 2023 e per tutto il 2024 nell’edificio principale dell’Università degli Studi di Trieste in Piazzale Europa 1.

Dieci opere di artisti della scena contemporanea sono installate nelle “stanze d’artista” allestite sui diversi livelli degli scaloni dell’edificio centrale, luogo simbolico e di grande impatto visivo e comunicativo. Un’iniziativa unica nel panorama universitario italiano organizzata per celebrare il Centenario di UniTS.

Il titolo, citazione di una famosa canzone, è un gioco di parole che volutamente rimanda a Ricorda e splendi, il catalogo generale dell’intero corpus di opere artistiche dell’Ateneo che sarà arricchito con le nuove realizzazioni.

Diverse le tecniche utilizzate, in particolare l’installazione, ma anche il disegno, il sound design, la scultura, la fotografia e la pittura.

Obiettivo dell’iniziativa è raccontare attraverso lo sguardo dell’artista la ricchezza e la complessità di ogni disciplina accademica, l’unicità e la poliedricità dell’essere umano.

Per contaminare la propria personale poetica, gli artisti in residenza hanno avuto modo di vivere a stretto contatto con gli studenti, i docenti e i ricercatori dell’Università: ciascuno di loro è stato infatti ospitato da uno dei dieci Dipartimenti da cui ha tratto ispirazione per realizzare un’opera artistica originale.

Gli artisti protagonisti dell’esposizione sono Umberto Chiodi, Antonio Della Marina e Alessandra Zucchi, Giulia Iacolutti, Nicola Martini, Ryts Monet, Ruben Montini, Michele Seffino, Michele Spanghero, Aryan Ozmaei, Alba Zari. Curatrice Eva Comuzzi, storica dell’arte contemporanea e docente, specializzata nelle produzioni delle giovani generazioni di artisti.

La presenza degli artisti nel nostro ateneo ha piantato semi creativi che sono certo germoglieranno per lungo tempo sia nei nostri dipartimenti che negli ambienti artistici coinvolti - ha sottolineato il rettore Roberto Di Lenardacon questa mostra, lasciando totale libertà creativa agli artisti, vogliamo solleticare la capacità critica e stimolare riflessioni anche forti sull’attualità e sul legame tra arte e scienza. La visita a questa mostra sarà una tappa molto attrattiva per chi arriva a Trieste e vuole scoprire una realtà vivace e in continua evoluzione”.

La mostra #SBLAD è il prodotto di un processo che si è sviluppato e nutrito nel corso delle giornate che gli artisti hanno trascorso a UniTS – ha spiegato la curatrice Eva Comuzzila loro personale ricerca artistica è stata deviata, modificata e arricchita dagli stimoli nati dalla contaminazione tra il mondo universitario e gli stessi artisti anche grazie alla possibilità di interagire con macchinari scientifici e metodologie di lavoro e punti di vista inediti. La collaborazione avviata non si concluderà qui ma si svilupperà in nuovi progetti di ricerca”.

Il progetto #SBLAD – Shine Bright Like A Diamond è stato realizzato da Università degli Studi di Trieste – Sistema Museale di Ateneo (smaTs) con la collaborazione di ERPAC – Ente Regionale per il Patrimonio Culturale e ARDiS – Agenzia Regionale per il diritto allo studio Friuli-Venezia Giulia.

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