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L’impresa come attrice globale: laurea honoris causa in Diplomazia e Cooperazione Internazionale a Simone Bemporad

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L’Università di Trieste ha conferito oggi la Laurea Magistrale ad honorem in Diplomazia e Cooperazione Internazionale a Simone Bemporad, direttore delle relazioni esterne e comunicazione del Gruppo Generali.

Il riconoscimento, promosso dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Ateneo triestino, è stato attribuito «per il significativo e innovativo contributo dato allo sviluppo della diplomazia culturale e alla diffusione di modelli imprenditoriali orientati alla trasparenza, alla sostenibilità e allo sviluppo sociale».

Dopo i saluti introduttivi del Rettore Roberto Di Lenarda e la lettura della motivazione da parte del Direttore di Dipartimento Georg Meyr, il professor Diego Abenante, coordinatore del Corso di laurea in Diplomazia e Cooperazione Internazionale, ha esposto la laudatio academica.

Nel suo intervento, Abenante ha evidenziato come Bemporad rappresenti una «figura di rilievo nel panorama nazionale e internazionale della comunicazione strategica, delle relazioni istituzionali e della diplomazia d’impresa», capace di «connettere interessi privati e responsabilità pubblica» lungo una traiettoria che ha accompagnato la trasformazione delle imprese in soggetti attivi dello scenario politico globale.

Dopo una prima esperienza come giornalista, Bemporad ha operato nei Ministeri del Tesoro e dell’Industria prima di assumere ruoli di responsabilità nelle relazioni esterne di importanti realtà pubbliche e private italiane, tra cui IRI, Enel, Leonardo e, attualmente, Generali. Accanto all’attività manageriale, ha sviluppato, inoltre, una rilevante produzione editoriale e una collaborazione costante con enti e organizzazioni internazionali.

Il percorso professionale di Simone Bemporad è stato contraddistinto da progetti di grande impatto sociale, come la nascita della fondazione “The Human Safety Net”, ora attiva in 26 Paesi per sostenere famiglie vulnerabili e rifugiati, o la collaborazione con lo United Nations Development Programme per proteggere comunità fragili dagli effetti della crisi climatica. Progetti che dimostrano come Bemporad abbia saputo coniugare obiettivi aziendali e responsabilità sociale, delineando un nuovo paradigma di impact diplomacy, che pone al centro la persona, la comunità e l’ambiente.

Dopo il conferimento ufficiale della Laurea ad honorem e la tradizionale vestizione con toga e tocco, Bemporad ha pronunciato una lectio magistralis intitolata Corporate Diplomacy: l’impatto delle aziende sulle relazioni politiche e sul bene comune, proponendo una riflessione articolata sul ruolo crescente dell’impresa nelle dinamiche internazionali.

«Considerare separate le traiettorie dell’interesse dell’impresa privata da quelle dell’interesse pubblico è una visione già superata dalla realtà», ha affermato. Le imprese, ha spiegato, «possono diventare protagoniste della diplomazia internazionale, agendo come ponti tra culture, economie e istituzioni». In questo quadro, la diplomazia aziendale si caratterizza anche per una forte dimensione valoriale, traducendosi nella promozione di modelli di sviluppo sostenibile e inclusivo, anche attraverso il coinvolgimento diretto di dipendenti e partner.

Particolarmente intensa la parte conclusiva dell’intervento, rivolta alle nuove generazioni e quindi agli studenti. Citando l’economista Arthur Brooks, Bemporad ha ricordato che il senso del proprio lavoro si trova nell’equilibrio tra “guadagnarsi il proprio successo” ed “essere utili agli altri”. Ai giovani ha suggerito di costruire una rete di relazioni solida e autentica, e di coltivare fiducia, competenza e dialogo come fondamenti per affrontare il mondo del lavoro.

«In un contesto segnato da sfide globali sempre più complesse - ha commentato il rettore Roberto Di Lenarda - il ruolo della diplomazia – scientifica, culturale, economica – si rivela essenziale per promuovere sviluppo, pace e coesione sociale. Il conferimento della laurea honoris causa a Simone Bemporad riconosce l’impegno di un professionista che ha saputo interpretare la comunicazione e le relazioni internazionali d’impresa come strumenti di responsabilità e dialogo tra istituzioni, territori e persone. Un segnale importante anche per le nostre studentesse e i nostri studenti, chiamati a diventare protagonisti consapevoli di una società aperta e interconnessa».

 

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Conferito il riconoscimento al direttore comunicazione e relazioni esterne del Gruppo Generali per il contributo alla diplomazia culturale e allo sviluppo di modelli imprenditoriali responsabili
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Gaza: il messaggio di solidarietà UniTS alle vittime del conflitto

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Il sanguinoso e brutale attacco terroristico del 7 ottobre 2023 ha messo in moto una spirale di tragici eventi di cui ancora non si scorge l’epilogo; l’enorme crisi umanitaria che affligge Gaza si manifesta con inesorabile crudezza segnando in modo indelebile la popolazione civile. Un peso particolarmente intollerabile grava sulle giovani generazioni, vera e propria speranza del nostro futuro comune, esposte a traumi e privazioni senza pari.

Radicata nei suoi principi fondanti – quali la libertà di pensiero intesa come faro della conoscenza, l'interazione tra culture quale antidoto all'intolleranza, e il ruolo della ricerca quale strumento di progresso e collegamento tra i popoli – l’Università degli Studi di Trieste vuole esprimere profonda solidarietà a tutte le vittime innocenti di questo prolungato conflitto.

Con convinzione, lUniversità di Trieste conferma, inoltre, l'impegno costante a promuovere attivamente ogni via di pacifica risoluzione delle ostilità, nel segno del reciproco rispetto e della dignità umana, nonché a offrire sostegno alle vittime attraverso le competenze e la rete della comunità accademica.

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Studio UniTS su Nature: creato un nuovo catalizzatore per la produzione più efficiente e sostenibile del propilene

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Un gruppo di ricerca internazionale ha progettato un nuovo catalizzatore per la produzione di propilene a basso costo, più efficiente e sostenibile, senza necessità di ricorrere alla lavorazione del petrolio grezzo e utilizzando minori quantità di platino, metallo prezioso, molto raro e costoso. Il propilene, essenziale nella produzione di vari prodotti come materie plastiche, fibre, componenti automobilistici e dispositivi elettronici, è considerato una materia prima fondamentale nell’industria. La sua produzione annua ha superato i 160 milioni di tonnellate nel 2023 con una previsione di oltre 200 milioni di tonnellate nel 2030.

Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Nature e avrà importanti effetti sul settore industriale. Tra i ricercatori anche Paolo Fornasiero, professore presso il Dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche dell’Università degli Studi di Trieste, associato all’Istituto di Chimica dei Composti Organometallici (ICCOM-CNR) di Firenze e membro del Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM).

La ricerca condotta dal professor Fornasiero e colleghi propone una soluzione concreta per efficientare e migliorare quella che oggi viene considerata una valida alternativa alla produzione di propilene da petrolio grezzo: il processo di “deidrogenazione” (PDH) del propano (componente del gas naturale) che, scindendo i legami tra carbonio e idrogeno, forma propilene liberando idrogeno. Innescata a temperature molto elevate, la deidrogenazione utilizza catalizzatori al platino, metallo facilmente suscettibile ad aggregazione e deterioramento se usato ripetutamente (fenomeno della “sinterizzazione”). Non solo, le alte temperature utilizzate per innescare la reazione comportano – insieme alla produzione di propilene – anche la formazione di depositi di carbonio solido e altri prodotti indesiderati che compromettono il catalizzatore.
Il processo risulta, dunque, ancora poco efficiente per colmare il divario tra domanda e offerta di propilene.

Paolo Fornasiero, professore dell’Università degli Studi di Trieste, associato all’istituto ICCOM-CNR di Firenze e membro del consorzio INSTM, commenta: “Nella prospettiva di un’economia sempre più sostenibile, meno inquinante ed energivora, il nostro studio suggerisce la possibilità di ridurre notevolmente l’utilizzo del platino, mantenendo o addirittura migliorando le prestazioni, evitando al contempo i processi di disattivazione e rigenerazione del catalizzatore attualmente necessari negli impianti industriali a causa della rapida degradazione degli stessi.”

I catalizzatori ottenuti dai ricercatori, incapsulando cluster di platino in opportune zeoliti (minerali dotati di struttura cristallina e microporosa), possono, infatti, mantenere un’elevata attività e selettività per oltre sei mesi nelle condizioni industriali, laddove attualmente i tempi di attività si arrestano a poche settimane.
Insieme a un generale efficientamento dei processi, i ricercatori si aspettano vantaggi economici e ambientali importanti, come la riduzione dei costi di gestione e manutenzione dei catalizzatori industriali, la drastica riduzione dei cicli di riattivazione/sostituzione dei catalizzatori, la diminuzione degli scarti e dell’utilizzo di platino.

Il gruppo di ricerca internazionale coinvolge, insieme al professor Paolo Fornasiero, i professori Haibo Zhu e Xiaojun Bao e loro collaboratori della Università di Fuzhou (Cina), il professor Jean-Marie Basset presso la King Abdullah University of Science and Technology (Arabia Saudita), con contributi dal Qingyuan Innovation Laboratory (Cina) e dal Dalian Institute of Chemical Physics (Cina).

La pubblicazione segue di pochi giorni una pubblicazione, sulla stessa tematica, dello stesso gruppo di ricerca apparsa sulla prestigiosa rivista Science il 01 maggio 2025. 
 

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Lo studio di un gruppo di ricerca internazionale, di cui fa parte Paolo Fornasiero del Dipartimento di Scienze chimiche e farmaceutiche UniTS, avrà importanti effetti sul settore industriale
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Assistenza domiciliare: studio UniTS stima i benefici del Long Term Care pubblico

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Garantire le risorse pubbliche per fornire assistenza domiciliare agli anziani con autosufficienza limitata potrebbe rivelarsi non solo una misura di welfare, ma una strategia efficace per migliorare la salute mentale dell’anziano, contenere i costi per le cure psichiatriche e alleggerire il carico sulle famiglie.

È quanto emerge da uno studio internazionale pubblicato sulla prestigiosa rivista Health Economics, condotto da Ludovico Carrino, docente di Economia politica all’Università di Trieste, in collaborazione con Erica Reinhard del King’s College di Londra e di Mauricio Avendano dell’Università di Losanna.

Lo studio, uno dei primi della comunità scientifica a indagare con metodo empirico l’impatto socio-economico dell’assistenza pubblica domiciliare sugli anziani, ha analizzato dati provenienti da quattro paesi europei (Belgio, Francia, Germania e Spagna), evidenziando come il Long Term Care (LTC) supportato dai programmi di sanità pubblica possa avere molteplici effetti positivi. I risultati dimostrano, infatti, che l’accesso a servizi di cura a domicilio riduce il rischio di depressione clinica di 13 punti percentuali – rispetto a una media del 28% nella popolazione osservata – e abbassa il rischio di solitudine del 6,7%, aumentando allo stesso tempo la percezione di una qualità di vita superiore alla media (+14%).

Ludovico Carrino, docente di Economia politica all’Università degli Studi di Trieste, commenta: “Oltre ai benefici per la salute degli individui, lo studio evidenzia il potenziale impatto economico di queste misure. La depressione in età avanzata ha, infatti, un costo sanitario elevato: studi condotti negli ultimi decenni rivelano che nel Regno Unito si verifica un costo extra annuo di 3.225 dollari per ogni persona tra i 65 e i 74 anni, mentre in Germania la spesa per gli over 75 è pari a 2.840 dollari annui. Ridurre l’incidenza di disturbi mentali attraverso un sistema di assistenza domiciliare efficiente significa, quindi, non solo migliorare la qualità della vita degli anziani, ma anche diminuire il ricorso a farmaci, cure psichiatriche e ricoveri, con effetti positivi sulla sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali”.

Un altro aspetto emerso dalla ricerca riguarda il ruolo dei caregiver familiari. L’assistenza informale, fornita da figli o parenti, rappresenta spesso la risorsa prevalente, con un forte impatto sulla vita lavorativa e personale di chi presta aiuto. Garantire un accesso più ampio ai servizi domiciliari potrebbe liberare i caregiver da un ruolo assistenziale spesso totalizzante, rimettendo risorse umane a disposizione del mercato del lavoro con potenziali ricadute positive per il sistema produttivo e per il reddito disponibile delle famiglie.

In Italia, dove lo sviluppo del Long Term Care pubblico sconta un certo ritardo rispetto ad altri Paesi europei, i risultati dello studio pubblicato su Health Economics possono offrire spunti concreti per orientare le politiche pubbliche e aggiornare le strategie di welfare.

“Gli interventi legislativi degli ultimi anni hanno aperto una riflessione sulla necessità di rafforzare i finanziamenti e ampliare l’accesso ai servizi domiciliari, sollevando l’attenzione su un tema di grande interesse in un Paese in cui l’invecchiamento della popolazione inevitabilmente determinerà l’aumento degli individui bisognosi di cure” conclude Ludovico Carrino.

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Studio completo pubblicato su Health Economics
There Is No Place Like Home: The Impact of Public Home‐Based Care on the Mental Health and Well‐Being of Older People

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La ricerca di Ludovico Carrino (DEAMS), pubblicata su Health Economics, individua effetti positivi per la salute mentale degli anziani e una riduzione dei costi per la sanità pubblica
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Inaugurato il rinnovato Orto Botanico di UniTS

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L’Orto Botanico dell’Università di Trieste, in Via Licio Giorgieri, con una superficie di 2.400 m2 custodisce circa 400 specie provenienti da Europa, Americhe, Africa, Asia e Australia, tra cui endemismi del Carso, del Friuli Venezia Giulia e dell’area mediterranea, con una piccola sezione dedicata alle pteridofite. 

L'Orto vanta un bisecolare esemplare monumentale di Roverella (Quercus pubescens), unico albero rispettato durante i disboscamenti del periodo bellico. Parte integrante dell'Orto Botanico, ma al di fuori del suo recinto e senza limiti d'orario, è il Sentiero Naturalistico del Monte Valerio, con diversi punti d'interesse valorizzati da cartelli esplicativi su flora e fauna.

Un Orto Botanico, l’Hortus vivus degli antichi, è un’istituzione che mantiene piante vive, documentate ed etichettate, disposte e ordinate secondo criteri scientifici, aperta al pubblico con scopi di ricerca, educazione, esposizione, ricreazione e conservazione. 

Al momento della sua creazione nel 1963, a cura del Prof. Sandro Pignatti, l’Orto dell’Istituto di Botanica dell’Università di Trieste fu concepito come una collezione dedicata in prevalenza alla flora Carsica e regionale con diversi esemplari a distribuzione illirica. Tagli di bilancio, mancanza di personale e differenti orientamenti dell’attività di ricerca hanno comportato un grave declino riducendo l’Orto a spazio verdeggiante tra gli edifici del Campus UniTS. Nonostante lo stato di abbandono, l’Orto rimase lo spazio privilegiato della ricerca e della didattica con la costruzione di una nuova serra e dotandosi, primo in Europa, di chiavi interattive per l’identificazione delle piante, strumenti impiegati dagli studenti del corso di Botanica Sistematica. A partire dal 2022, grazie all’impulso del prof. Andrea Nardini, Ordinario di Fisiologia vegetale, e del prof. Mauro Tretiach, allora Direttore del Dipartimento di Scienze della Vita, l’Orto riprese forma con l’acquisizione di numerose essenze esotiche e la definizione di ampi spazi dedicati all’attività di ricerca.

La presenza sul territorio di altre due istituzioni come il Giardino Botanico Carsiana, dedicato alla flora del Carso, e il Civico Orto Botanico di Trieste, con cultivar e piante esotiche, ha imposto una ridefinizione della missione del piccolo Orto universitario che non poteva essere solo uno spazio di esposizione ma doveva rafforzare la sua funzione di spazio della Didattica. Un Orto inteso come estensione dell’aula o del laboratorio, spazio di osservazione delle forme e dei tratti funzionali delle piante quindi luogo di conoscenza diretta e di approfondimento di nozioni e informazioni assunte durante i corsi.

L’Orto Botanico Universitario continua ad essere uno spazio ricreativo per gli studenti ma anche luogo di incontri e riunioni compatibilmente con le esigenze di conservazione delle piante.

Sono intervenuti all’inaugurazione Andrea Moro, curatore delle Collezioni Botaniche, e Marinella Perosa, autrice del volume "Botanica&Erbario" (Quaderni Visionari, edizioni Effigi).

 

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Con una superficie di 2.400 m2, custodisce 400 specie provenienti da Europa, Americhe, Africa, Asia e Australia
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Il Premio per la ricerca su identità di genere e orientamento sessuale va alla ricercatrice UniTS Giovanna Gilleri

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Il Comitato unico di Garanzia dell'Università di Padova ha assegnato alla ricercatrice UniTS Giovanna Gilleri il Premio per la ricerca su identità di genere e orientamento sessuale per il suo lavoro intitolato "Women, and All of Us: Article 5(a) CEDAW as a Protection for All Gendered Individuals".

CEDAW è l’acronimo della Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne, adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1979.

La commissione ha assegnato il riconoscimento a Giovanna Gilleri per la sua innovativa interpretazione dell'articolo 5(a) della Convenzione CEDAWche estendendo la tutela a tutte le identità di genere dimostra, attraverso un'analisi giuridica dettagliata e dialogo con il pensiero femminista e queer, come la lotta agli stereotipi di genere possa promuovere una visione inclusiva del diritto antidiscriminatorio.

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Il riconoscimento viene conferito dal CUG dell’Università di Padova
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Visita di Accreditamento Periodico UNITS: chiusura della fase “Visita Istituzionale"

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Venerdì 23 maggio 2025 si è conclusa la fase della Visita Istituzionale in Sede per l’Accreditamento Periodico del nostro Ateneo da parte della Commissione di Esperti Valutatori (CEV) dell’ANVUR.

L’incontro conclusivo si è svolto nell’Aula Magna dell’Edificio A ed ha visto un’ampia partecipazione di tutta la Comunità Accademica.

Durante la presentazione sono stati comunicati i principali elementi qualificanti e le aree di potenziamento rilevati dall’analisi documentale ed emersi durante le audizioni.

La Relazione preliminare, come previsto dalle procedure di accreditamento ANVUR, verrà inviata all’Ateneo entro novanta giorni.

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La Commissione di Esperti Valutatori (CEV) dell’ANVUR invierà la Relazione preliminare entro 90 giorni
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Su Nature studio coordinato da UniTS che può cambiare l’approccio alle vasculiti

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Un’infiammazione persistente che colpisce i vasi sanguigni e può portare a gravi complicanze trombotiche, anche in persone giovani e senza fattori di rischio noti. Sono le vasculiti sistemiche, un gruppo di malattie autoimmuni rare che, se non riconosciute e trattate tempestivamente, possono compromettere organi vitali come cuore, reni, polmoni e cervello.

A queste patologie è dedicato lo studio pubblicato sulla rivista Nature Reviews Rheumatology, tra le più prestigiose a livello mondiale nell’ambito dell’immunologia e della reumatologia, coordinato dal prof. Giacomo Emmi, immunologo, docente di Medicina interna dell’Università di Trieste e Direttore della Struttura Complessa UCO Medicina Clinica e Coordinatore Scientifico dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina. L’articolo, frutto di un lavoro di revisione coordinato tra centri di ricerca di riferimento in Italia, Svezia, Russia, Turchia ed Australia, fa il punto sulle manifestazioni trombotiche e cardiovascolari associate alle vasculiti e propone nuove strategie di trattamento basate sull’approccio antinfiammatorio.

L’argomento dello studio sarà l’oggetto di una relazione che terrà il prof. Emmi all’interno del congresso europeo EUVAS (European Vasculitis Society), in corso per la prima volta a Trieste dal 21 al 24 maggio, dove si riuniscono oltre 400 specialisti da tutta Europa. Il congresso è un appuntamento di riferimento per clinici e ricercatori che si occupano di queste patologie, e si distingue per l’approccio fortemente multidisciplinare. Emmi fa parte del direttivo della società scientifica e del comitato organizzatore dell’evento.

«Il nostro lavoro – spiega Emmi – dimostra che in molte vasculiti la trombosi non è un evento isolato, ma una diretta conseguenza dell’infiammazione vascolare. In questi casi, l’uso di anticoagulanti può non essere sufficiente e deve essere affiancata da una terapia immunologica. Comprendere meglio i meccanismi alla base di queste evidenze cambia l’approccio terapeutico e può aprire nuove strade anche per altre malattie croniche infiammatorie e non».

Tra le vasculiti analizzate nella revisione compaiono, tra le altre, la granulomatosi eosinofila con poliangioite, una patologia che colpisce soprattutto le vie respiratorie, il cuore e il sistema nervoso periferico, e la sindrome di Behçet, che interessa i vasi di calibro variabile, e caratterizzata, tra le altre cose, da eventi trombotici infiammatori. La pubblicazione si concentra sulle differenze tra eventi trombotici arteriosi e venosi, sulla gestione terapeutica nelle diverse fasi della malattia e sui diversi meccanismi patogenetici, che possono orientare le scelte cliniche.

Lo studio, consultabile online sulla piattaforma Nature, rappresenta un contributo importante al dibattito internazionale sulle malattie autoimmuni sistemiche, un’area della medicina in costante evoluzione.

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Studio completo pubblicato su Nature Reviews Rheumatology          

Arterial and venous thrombosis in systemic and monogenic vasculitis
Federica Bello¹˒¹⁵, Filippo Fagni²˒³˒¹⁵, Giacomo Bagni⁴, Catherine L. Hill⁵˒⁶, Aladdin J. Mohammad⁷˒⁸, Sergey Moiseev⁹, Iacopo Olivotto¹˒¹⁰, Emire Seyahi¹¹ & Giacomo Emmi¹²˒¹³˒¹⁴

1. Cardiomyopathy Unit, Careggi University Hospital, Florence, Italy
2. Department of Rheumatology, Skåne University Hospital, Malmö, Sweden
3. Department of Clinical Sciences, Rheumatology, Lund University, Lund, Sweden
4. Department of Rheumatology and Inflammatory Diseases, Sahlgrenska University Hospital, Gothenburg, Sweden
5. Discipline of Medicine, University of Adelaide, Adelaide, South Australia, Australia
6. Queen Elizabeth Hospital, Central Adelaide Local Health Network, Adelaide, South Australia, Australia
7. Department of Rheumatology and Inflammation Research, Sahlgrenska Academy, University of Gothenburg, Gothenburg, Sweden
8. Department of Medicine, Karolinska Institute, Stockholm, Sweden
9. Department of Internal Medicine and Rheumatology, Sechenov First Moscow State Medical University, Moscow, Russia
10. IRCCS Don Carlo Gnocchi Foundation, Florence, Italy
11. Istanbul Faculty of Medicine, Istanbul University, Istanbul, Turkey
12. Department of Medical, Surgical and Health Sciences, University of Trieste, Trieste, Italy
13. Department of Internal Medicine, Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina (ASUGI), Trieste, Italy
14. European Reference Network ReCONNET, Trieste, Italy
These authors contributed equally: Federica Bello, Filippo Fagni

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Il prof. Giacomo Emmi (DSM) presenterà la revisione durante il congresso della Società Europea delle Vasculiti, in programma a Trieste
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Bollino Rosa per la Clinica Urologica: premiati i percorsi dedicati alla salute della donna

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La Clinica di Urologia dell’Ospedale di Cattinara ha ottenuto anche il Bollino Rosa della Fondazione Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere – che premia le strutture sanitarie impegnate nella promozione della salute femminile e nell'integrazione della medicina di genere.

Attiva dal 2005, la Fondazione Onda assegna i bollini sulla base di requisiti clinici, qualità dell’accoglienza, attenzione alle differenze di genere e attività di formazione e comunicazione.

Si tratta del terzo riconoscimento conseguito dalla struttura dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina e dell’Università di Trieste: dopo il Bollino Arancione, per l’eccellenza nel trattamento delle patologie renali, e il Bollino Azzurro, per i percorsi dedicati alla salute maschile e alla prostata, la Clinica Urologica triestina è la prima in regione a potersi fregiare dell’intero tris di certificazioni Onda.

Il riconoscimento al lavoro svolto si estende anche alla dimensione formativa: i medici in formazione specialistica operano fin da subito in un contesto clinico che adotta un approccio attento alle specificità di genere e orientato alla non discriminazione.

«La medicina di genere non è un ambito a parte – commenta il prof. Giovanni Liguori, Direttore della Clinica Urologica ASUGI e docente di Urologia e Andrologia dell’Università di Trieste – ma parte integrante di un modo di curare che considera ogni persona nella sua complessità.

Riconoscimenti come questo confermano la bontà del percorso che abbiamo intrapreso insieme al prof. Paolo Umari, docente e Responsabile della Struttura Semplice di Chirurgia Robotica, al dott. Gianluca d’Aloia, responsabile della Prostate Unit, e alla dott.ssa Francesca Vedovo, responsabile dell’Urologia Funzionale».

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La struttura dell'Università di Trieste e di ASUGI è la prima in regione ad ottenere tutti i riconoscimenti della Fondazione Onda per la qualità e l’equità nei percorsi urologici
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Giovani e impresa: l’UniTS inaugura la nuova edizione dell’Innovators Community Lab

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Formare, connettere, ispirare. Con queste parole è stata lanciata la prima edizione dell’Innovators Community Lab (ICLab), il rinnovato programma dell’Università di Trieste che accompagna studentesse e studenti nella scoperta dell’innovazione e della cultura imprenditoriale.

Evoluzione del Contamination Lab, che nel corso di oltre dieci edizioni ha fornito background imprenditoriale a circa 300 studenti UniTS, l’ICLab è pensato per fornire a studenti e studentesse strumenti che consentano lo sviluppo di progetti di business nei settori emergenti.

Il programma si svolgerà ancora negli spazi rinnovati dell’ex Ospedale Militare, oggi trasformato in un ambiente aperto alla formazione, al co-working e alla collaborazione tra università, impresa e territorio. L’edizione 2025 ha preso il via con un evento ufficiale, alla presenza di istituzioni, imprese e dei 29 giovani selezionati, provenienti da corsi di laurea triennale, magistrale e di dottorato.

Durante l’incontro Salvatore Dore, responsabile dell’ICLab e Capo Ufficio Trasferimento Tecnologico e rapporti con le imprese, ha illustrato anche le principali novità dell’edizione 2025: il riconoscimento di crediti universitari curriculari, programmi di mentoring individuali, incontri di formazione e networking con imprenditori e manager e una visita agli stabilimenti del Gruppo Marcegaglia dove gli studenti incontreranno i vertici aziendali. Al termine del percorso, i cinque migliori progetti saranno premiati con borse di studio da 5.000 euro ciascuna, finanziate dalla Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Il rinnovato percorso, inoltre, beneficerà di una dimensione internazionale che sarà presentata nelle prossime settimane.

Nel suo intervento introduttivo, il professor Rodolfo Taccani, Delegato del Rettore per il Trasferimento tecnologico e i rapporti con le imprese, ha offerto una riflessione sul valore del lavoro fatto nel corso dei suoi sei anni di mandato prossimi alla conclusione: «Il Contamination Lab è stato per anni un laboratorio vivo di idee, ma anche di persone. Abbiamo visto crescere competenze, relazioni e iniziative capaci di superare i confini dell’università. Questo percorso ha accompagnato sei anni di lavoro in cui abbiamo messo al centro la connessione tra formazione, giovani e impresa. Il futuro passa anche da qui».

Momento centrale dell’evento è stato il keynote speech di Gianluca Bisol, Presidente dell’azienda vitivinicola Bisol 1542: il suo intervento “Innovare nella tradizione” ha raccontato l’esperienza di un’impresa familiare capace di coniugare identità territoriale e trasformazione attraverso le generazioni.

I 29 studenti selezionati per il nuovo percorso formativo ICLab – di cui 18 sono iscritti a lauree triennali, 10 a lauree magistrali e a magistrali a ciclo unico e uno a un dottorato di ricerca – hanno concluso l’incontro con una breve presentazione individuale, raccontando le proprie motivazioni, obiettivi e aspettative per il percorso appena avviato.

Tra i partecipanti la componente femminile rappresenta oltre un terzo del gruppo. A testimonianza di un percorso che intercetta abilità e interessi molto trasversali, non mancano neanche in questa edizione gli studenti provenienti da corsi di laurea umanistici, come Filosofia, Psicologia e Giurisprudenza.

Con l’ICLab, l’Università di Trieste attualizza e rende organico il proprio impegno nella formazione all’innovazione, creando spazi di confronto reale tra accademia e sistema produttivo e promuovendo all’interno del percorso universitario un’idea di impresa come strumento di crescita, relazione e impatto.

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Formazione, co-progettazione, networking e premi per i 29 studenti selezionati nel programma dell’Ateneo dedicato all’innovazione
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