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Il dottorando Davide Basso vince un importante premio sull'automazione di circuiti e sistemi integrati

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Il dottorando in Applied Data Science and Artificial Intelligence dell’Università di Trieste Davide Basso ha vinto la prestigiosa EDA (Electronic Design Automation) Competition durante la conferenza SMACD 2024 (International Conference on Synthesis, Modeling, Analysis and Simulation Methods, and Applications to Circuit Design). Questo importante evento internazionale si è tenuto a Volos, in Grecia. 

L’ EDA Competition mira a promuovere l'avanzamento dell'automazione nel design di circuiti e sistemi integrati. Il successo di Davide è frutto di una stretta collaborazione tra l’ateneo, in particolare del dottorando stesso sotto la supervisione del prof. Luca Bortolussi, con Infineon Technologies, multinazionale leader nel settore dei semiconduttori. Insieme, hanno sviluppato soluzioni basate su Machine Learning per l'automazione completa del layout dei circuiti analogici, un'area di crescente interesse nell'ambito dell'ingegneria elettronica.

La giuria, composta da rappresentanti accademici di università come quelle di Siviglia, Salonicco, Parma e Salerno, oltre a esponenti dell'industria come Ansys, ha valutato i progetti presentati in base a criteri di complessità, livello di automazione e integrazione con sistemi commerciali. Al termine delle valutazioni, Davide Basso e Jiaxiang Pan, dell'Università di Ningbo - Cina, sono stati proclamati vincitori grazie all’alto valore innovativo dei loro lavori.

Il riconoscimento conferma l'importanza del lavoro di ricerca svolto nel campo dell'intelligenza artificiale applicata all'automazione dei circuiti, sottolineando il ruolo del nostro ateneo nel contribuire a rivoluzionare il settore tecnologico.

Nella foto, Davide Basso e  Jiaxiang Pan, Studente magistrale in Electrical Engineering and Computer Science all'Università di Ningbo, Cina

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Si tratta dell’EDA Competition a SMACD 2024
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Uno spazio di decompressione sensoriale UniTS all'Immaginario scientifico

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Uno spazio silenzioso, tranquillo, protetto: all'Immaginario Scientifico di Trieste è disponibile una nuova zona museale dedicata alla decompressione sensoriale all'interno del percorso espositivo.

Questo innovativo spazio è frutto della collaborazione fra Immaginario Scientifico e Università di Trieste, con il contributo di Fondosviluppo FVG. È una zona di rifugio per chi, durante la visita in un ambiente così dinamico e socializzante come il museo della scienza, possa necessitare di una pausa per riequilibrare i propri sensi.

L’iniziativa nasce dall'esigenza di rendere il museo sempre più inclusivo per tutti i visitatori, in particolare per le persone con atipicità sensoriali, come coloro nello spettro autistico, anziani, o persone con disturbi neurodegenerativi

Lo spazio di decompressione comprende una particolare seduta, rivestita in materiale fonoassorbente, conosciuta come "Alone-Together Seat". Questo innovativo elemento d'arredo, progettato nell'ambito del progetto di ricerca europeo La casa sensibile Senshome, guidato dalla prof.ssa Giuseppina Scavuzzo del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell'Università di Trieste, è pensato per favorire il benessere sensoriale di persone con autismo o altre disabilità sensoriali e cognitive. Originariamente progettata per ambienti residenziali, la seduta è stata adattata per il contesto museale e può ospitare fino a due persone, offrendo così uno spazio tranquillo anche per altre esigenze, come per esempio l'allattamento o per situazioni in cui si prova un sovraccarico sensoriale.

“Abbiamo discusso a lungo sul nome del nostro progetto. Abbiamo provato con “rifugio sensoriale” o “sensory shelter” - spiega Giuseppina Scavuzzo - la verità è che non esisteva ancora niente di simile. Si è ragionato su delle stanze per la decompressione sensoriale che non sono la stessa cosa. Per questo l’iniziativa può essere considerata, nel suo genere, una novità”.

A completare l'area rifugio vi è un elemento di separazione dal resto del museo, rivestito di materiale fonoassorbente, e due pannelli informativi, anch'essi in materiale fonoassorbente, forniti gratuitamente da Eternoivica s.r.l. di Padova. I pannelli informativi offrono spiegazioni su temi come la percezione del suono, il sovraccarico sensoriale e le atipicità sensoriali, il funzionamento dei materiali fonoassorbenti e fonoisolanti.

Il nuovo spazio non è dunque solo un luogo di pausa e rifugio, ma anche uno strumento di divulgazione scientifica. Racconta al pubblico le ricerche multidisciplinari condotte dall'Università di Trieste, con particolare attenzione all'importanza delle neurodiversità e delle atipicità sensoriali. Consolidando la presenza dell'Università già presente all'Immaginario Scientifico, Unidiversitas, lo spazio appena inaugurato testimonia l'impegno anche dell'Ateneo di promuovere accessibilità e inclusione

“Questo progetto dimostra sensibilità non solo verso la ricerca ma anche verso i bisogni della comunità - aggiunge Caterina Falbo, collaboratrice del Rettore per la Terza missione e divulgazione scientifica UniTS  - un posto che può essere utile a tutti noi, dato che chiunque può vivere un momento di fragilità”.

Hanno partecipato all'inaugurazione dello spazio Serena Mizzan, presidente e direttrice dell’Immaginario Scientifico, Caterina Falbo, collaboratrice del Rettore per la Terza missione e divulgazione scientifica dell’Università di Trieste, Giuseppina Scavuzzo, professoressa associata in Composizione architettonica e urbana nello stesso Ateneo ed Elena Bulfone, presidente della Fondazione ProgettoAutismo FVG Onlus. A portare un saluto per il Comune di Trieste la vice sindaca Serena Tonel e l’assessore alle Politiche sociali Massimo Toniolli, oltre a Giuseppe Graffi Brunoro, presidente di FondoSviluppo FVG che sostiene l’iniziativa.

 

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E' il risultato del progetto di ricerca "La casa sensibile Senshome"
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Scavi archeologici UniTS ad Aquileia: rinvenuta statua di Dioniso

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La campagna di scavi condotta dall’équipe del Dipartimento di Studi Umanistici UniTS nell’area della “Casa dei putti danzanti” (presso l’odierna via Gemina), affidata in concessione di scavo dal Ministero della Cultura - Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, ha portato ad alcune importanti scoperte tra cui il rinvenimento di una statua di marmo raffigurante Dioniso.

Il “quartiere” oggetto di indagine, a nord ovest del foro, si connotava per la centralità rispetto al cuore politico e commerciale di Aquileia e alla rete di comunicazioni d’acqua e di terra interne ed esterne all’abitato. All’interno si estendeva una vasta e lussuosa residenza tardo antica, nota come Casa dei putti danzanti, che fin dal primo impianto (metà del IV secolo d.C.) aveva occupato l’intero quartiere.

Grazie alle indagini dell’Università di Trieste è stato possibile riscoprire una serie di ambienti, un tempo decorati da mosaici, che per caratteristiche e dimensioni sono identificabili con alcuni di quelli individuati negli anni Trenta del secolo scorso dall’archeologo Giovanni Brusin e in seguito reinterrati. Ne derivano importanti dati per la ricerca scientifica.

La prima novità è di carattere topografico: l’équipe ha georeferenziato tali resti e ha verificato l’effettiva corrispondenza tra questi e dati d’archivio (piante, foto, disegni…).

La seconda riguarda la cronologia proposta per alcuni pavimenti a mosaico datati fino ad oggi, in assenza di dati di contesto, sull’analisi stilistico tipologica. Nuove proposte di datazione possono essere ora avanzate su basi stratigrafiche e sull’associazione con i materiali rinvenuti.

Un ulteriore fondamentale risultato è stato quello di poter “collegare” i resti individuati negli anni Trenta con quelli della Casa dei putti danzanti, della quale, con molta probabilità, costituivano un settore di rappresentanza.

Di grande importanza anche l’intervento effettuato all’interno di un ambiente scoperto, forse destinato a giardino, dove, grazie all’assenza di pavimenti musivi, è stato possibile scendere in profondità e intercettare, a più di un metro dal piano di calpestio e sotto un riporto in argilla, un piano in cocciopesto la cui cronologia è ancora in fase di definizione, ma verosimilmente anteriore alla metà del I secolo d.C. Proprio dallo scavo in questa zona, è stato possibile recuperare una pregevole statuetta in marmo raffigurante Dioniso, rara testimonianza dell’arredo scultoreo di questa Casa tardo antica.

La diffusione dei significativi dati scoperti negli anni in questo sito è possibile anche grazie alle aperture straordinarie dei cantieri di scavo, organizzate dalla Fondazione Aquileia in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, in occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia, svoltesi quest’anno il 13, 14 e 15 giugno, e delle prossime Giornate Europee del Patrimonio (28 e 29 settembre). Questi appuntamenti, come tutte le altre iniziative di archeologia pubblica sostenute dall’Università di Trieste nel cantiere di scavo di Aquileia, costituiscono un’opportunità di condivisione del patrimonio archeologico e contribuiscono al rafforzamento del valore lasciato dalle tracce del passato come bene comune.

 

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La campagna di scavi è condotta dall’équipe del Dipartimento di Studi Umanistici
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Federico Rosei vince il Nanotechnology Recognition Award 2024 di AVS

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Il prof. Federico Rosei, del Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche di UniTS, è il vincitore dell’edizione 2024 del Nanotechnology Recognition Award di AVS (American Vacuum Society), la comunità internazionale di scienziati e ingegneri attivi nella promozione della ricerca nel campo della tecnologia dei materiali.

Il riconoscimento, assegnato dalla divisione NSTD (Nanoscience and Technology Division) di AVS, premia ogni anno scienziati che si sono distinti per i loro eccezionali contributi scientifici e tecnici nel campo della della ricerca su materiali in scala nanometrica.

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Il premio assegnato dalla divisione Nanoscience and Technology della comunità internazionale di scienziati e ingegneri attivi nel campo della tecnologia dei materiali
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UniTS e Genomics England sviluppano TINC, un algoritmo per migliorare diagnosi e trattamenti dei tumori del sangue

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I ricercatori di Genomics England, dell'Università di Trieste e del Great Ormond Street Hospital for Children dell’NHS Foundation Trust hanno sviluppato un nuovo algoritmo per rendere più accurata l'analisi del sequenziamento completo del genoma, effettuato con tecniche di Whole Genome Sequencing (WGS) in pazienti con tumori del sangue.

L’algoritmo sviluppato ha l’obiettivo di interpretare più precisamente i dati del sequenziamento nei casi in cui i campioni di cellule idealmente sane, prelevati dai pazienti, risultino invece contaminati da cellule malate.

Nei pazienti malati di cancro, il sequenziamento completo del genoma può essere utilizzato per identificare mutazioni che possono influenzare il successivo sviluppo del tumore e quindi la prognosi della malattia. Per identificarle tali mutazioni è necessario confrontare il DNA delle cellule tumorali con quello di un tessuto sano dello stesso paziente. A questo scopo vengono prelevati almeno due campioni diversi, uno direttamente dal tumore e uno attraverso un prelievo di sangue che in principio dovrebbe contenere solo cellule sane.

Una volta effettuato il sequenziamento del DNA contenuto nei due campioni, le sequenze ottenute sono analizzate tramite procedure bioinformatiche. Si tratta di processi automatizzati che tuttavia, in caso di pazienti malati di cancro, possono incontrare problemi se il campione di cellule sane è contaminato da cellule tumorali. La contaminazione può infatti influenzare negativamente l’accuratezza dei risultati generati da questa procedura. Il rischio è particolarmente rilevante nel caso di tumori del sangue, dato che le cellule tumorali si trovano proprio nel flusso sanguigno ed è dunque pressoché impossibile separarle da quelle sane in un prelievo.

Per risolvere questo problema, il gruppo di ricercatori ha sviluppato un nuovo strumento informatico, un algoritmo chiamato TINC Tumour In Normal Contamination assessment, con cui stimare il livello di contaminazione tumorale nei campioni normali. Lo strumento si basa su algoritmi utilizzati per comprendere l'evoluzione del tumore ed i risultati ottenuti sono stati pubblicati oggi su Nature Communications.

L‘algoritmo TINC aiuta a stabilire la percentuale di cellule tumorali presenti nel campione normale, in modo che, in presenza di un elevato livello di contaminazione, si possa attivare un flusso di analisi alternativo a quello standard, in grado di fornire a scienziati e medici dati più precisi sul genoma tumorale. Il fine è arrivare a una diagnosi più accurata che permetta di scegliere le terapie più adatte da somministrare a ciascun paziente.

Il nuovo algoritmo è immediatamente entrato a far parte degli strumenti di lavoro con cui Genomics England, società britannica di proprietà del Ministero della Salute e dell'Assistenza Sociale del Regno Unito, quotidianamente fornisce le analisi di Whole Genome Sequencing agli ospedali e ai centri clinici de Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito.

I ricercatori hanno testato TINC utilizzando i dati di sequenziamento raccolti nell’ambito del progetto su larga scala “100.000 genomi”, che nel 2013 ha portato alla fondazione di Genomics England. Hanno quindi confrontato i dati elaborati dall’algoritmo con quelli ottenuti attraverso le tecnologie standard utilizzate per il test di malattia residua nei tumori del sangue. Si tratta di test in cui si verifica il numero di cellule tumorali rimaste nel sangue di un paziente dopo il trattamento.

“I Progetti che su larga scala utilizzano le tecnologie di sequenziamento per studiare le malattie oncologiche hanno un potenziale rivoluzionario”, sostiene Giulio Caravagna (nella foto), professore di Informatica dell’Università di Trieste e responsabile del Laboratorio Cancer Data Science, sostenuto dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. “Tuttavia – prosegue Caravagna l‘uso di tecnologie innovative come Whole Genome Sequencing richiede strumenti di analisi altrettanto innovativi. Il nostro laboratorio è fortemente specializzato nella costruzione di tali strumenti. Lo sviluppo di TINC nasce nell’ambito di una prestigiosa collaborazione internazionale tra l'Università degli Studi di Trieste e Genomics England e la sua implementazione in un contesto clinico su tutto il territorio inglese rappresenta un traguardo eccezionale che conferma il valore della ricerca in scienza dei dati del nostro ateneo”.

“L'implementazione dell'algoritmo TINC nella pipeline di Genomics England – spiega Alona Sosinsky, direttore scientifico del settore oncologico dell’azienda pubblica britannica – ci ha permesso di migliorare l'accuratezza dei test genomici per i pazienti con tumori del sangue. Questo progetto è un esempio di successo in cui dati generati da un progetto di sequenziamento su larga scala vengono interpretati usando tecniche di analisi avanzate, al fine di ottenere strumenti maggiormente precisi da cui prendere decisioni cliniche per la cura dei pazienti”.

"Grazie al Servizio di Medicina Genomica, ora utilizziamo il sequenziamento dell'intero genoma di routine per la diagnostica in ambito clinico - afferma Jack Bartram, specialista in ematologia pediatrica del Great Ormond Street Hospital for Children, struttura gestita dal NHS Foundation Trust -. L'implementazione dell'algoritmo TINC ci consente, come clinici, una maggiore fiducia nell'analisi dei dati genomici, che in ultima analisi vengono utilizzati ogni giorno per migliorare le terapie rivolte ai nostri pazienti".

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Studio pubblicato su Nature Communications, 18 gennaio 2024       
‘Clinical application of tumour in normal contamination assessment from whole genome sequencing’

Jonathan Mitchell1,8, Salvatore Milite2,3,8, Jack Bartram4, Susan Walker1, Nadezda Volkova1, Olena Yavorska1, Magdalena Zarowiecki1, Jane Chalker5, Rebecca Thomas4, Luca Vago6, Alona Sosinsky1,9 & Giulio Caravagna3,7,9

1Genomics England, London, UK.
2Computational Biology Research Centre, Human Technopole, Milan, Italy.
3Cancer Data Science Laboratory, Department of Mathematics, Informatics and Geosciences, University of Trieste, Trieste, Italy.
4Department of Haematology, Great Ormond Street Hospital for Children, London, UK.
5Specialist Integrated Haematological Malignancy Diagnostic Service - Acquired Genomics, Great Ormond Street Hospital for Children, London, UK.
6Research Unit of Immunogenetics, Leukemia Genomics and Immunobiology, IRCCS Hospital San Raffaele, Milan, Italy.
7Centre for Evolution and Cancer, The Institute of Cancer Research, London, UK.
8These authors contributed equally: Jonathan Mitchell, Salvatore Milite.
9These authors jointly supervised this work: Alona Sosinsky, Giulio Caravagna.

 

 

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Pubblicato su Nature Communications uno studio con il rilevante contributo di Giulio Caravagna (MIGe) e del Laboratorio Cancer Data Science, che è supportato da Fondazione AIRC
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Ritrovate 5.000 monete medievali che raccontano la storia giuliana

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“Dobrila Tat. Il tesoro di Erpelle 1921” è il libro dell’assegnista di ricerca in Numismatica e Storia monetaria al Dipartimento di Studi Umanistici UniTS, Giulio Carraro, sullo straordinario ritrovamento di 5000 monete che raccontano la storia dell’area giuliana.

Nel 1921 fu rinvenuto a Erpelle, paesino sloveno abitato da agricoltori, un “tesoro” composto da oltre cinquemila monete d’oro e d’argento, tutte del tardo medioevo ma di diversa provenienza. Una scoperta straordinaria che diede testimonianza della vitalità economica di quel periodo storico, caratterizzato da un’intensa produzione monetaria come naturale reazione alle complesse circostanze sociali, politiche ed economiche. Il tesoro di Erpelle scomparve misteriosamente subito dopo la sua scoperta: Giulio Carraro l’ha riportato alla luce dopo oltre un secolo di oblio. 

L’insieme delle monete ritrovate non è frutto di un singolo furto ma di una serie di rapine messe in atto da una banda nell’arco di qualche anno” – spiega Giulio Carraro – “si tratta verosimilmente di una “cassa di raccolta” delle refurtive che offre oggi uno spaccato straordinario della vita nelle nostre zone nel 1300. La grande eterogeneità delle valute ritrovate racconta in modo inedito le relazioni mercantili e gli scambi commerciali nell’Europa centrale e orientale del XIV secolo.” 

Le caratteristiche del tesoro di Erpelle permettono anche un approfondimento degli studi sul fenomeno del banditismo medievale, spesso stimolato non solo dalla cupidigia ma anche dall’istinto di sopravvivenza.

Il volume è edito da EUT ed è dedicato al Civico Museo d’Antichità “J. J. Winckelmann”.

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La scoperta del ricercatore UniTS Giulio Carraro nel libro EUT “Dobrila Tat. Il tesoro di Erpelle 1921”
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UniTS su Nature Physics con un esperimento quantistico innovativo sulla “turbolenza”

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Francesco Scazzaresponsabile del laboratorio congiunto ArQuS del Dipartimento di Fisica di UniTS e Cnr-Ino, è tra i firmatari dello studio pubblicato su Nature Physics “Connecting shear flow and vortex array instabilities in annular atomic superfluids”.

In dettaglio, un team di ricerca dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Cnr-Ino) e dell’Università di Firenze (Laboratorio Europeo di Spettroscopia Non lineare e Dipartimento di Fisica), in collaborazione con l’Università di Trieste, l'Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia Ulsan in Corea del Sud e del Dipartimento di Fisica dell’Università dei Paesi Baschi ha realizzato un innovativo esperimento con un simulatore quantistico che ha permesso di fare luce su uno dei più affascinanti e complessi fenomeni della fisica: la cosiddetta instabilità di Kelvin-Helmholtz, un fenomeno fluidodinamico che gioca un ruolo fondamentale nell'insorgere della “turbolenza”.

Il fenomeno deve il suo nome ai due studiosi Lord Kelvin e Hermann von Helmholtz che, alla fine del XIX secolo, osservarono come fluidi di diversa densità e messi in moto relativo siano soggetti a perturbazioni di tipo ondoso che evolvono rapidamente in strutture vorticose di grandi dimensioni. Si tratta di un fenomeno ampiamente diffuso, dall'atmosfera all'oceano alle nuvole e persino in contesti astrofisici, come nelle atmosfere stellari o nelle nebulose. 

L’esperimento ha permesso di riprodurre le dinamiche di interazione tra due superfluidi di atomi ultrafreddi di litio (raffreddati cioè a temperature prossime allo zero assoluto, ovvero -273°C) grazie a un simulatore quantistico atomico, un dispositivo progettato per studiare e simulare fenomeni quantistici della materia in maniera estremamente controllata. Per la prima volta, è stato testato l’utilizzo di tali dispositivi per lo studio di fenomeni fluidodinamici in condizioni estreme, che risultano estremamente difficili da studiare attraverso convenzionali tecniche numeriche.

Francesco Scazza di UniTS, sottolinea: “Tramite sistemi sintetici di atomi ultrafreddi è ormai possibile studiare la materia in condizioni estremamente controllate, anche ben oltre quelle che si possono trovare spontaneamente in natura. Queste possibilità verranno ancor meglio sfruttate ottenendo in laboratorio il controllo individuale di ogni singolo atomo che compone il sistema, un obiettivo chiave del laboratorio ArQuS a Trieste.” 

“Connecting shear flow and vortex array instabilities in annular atomic superfluids”, D. Hernández-Rajkov, N. Grani, F. Scazza, G. Del Pace, W. J. Kwon, M. Inguscio, K. Xhani, C. Fort, M. Modugno, F. Marino e G. Roati, Nature Physics (2024).

DIDA IMMAGINE

Nell’esperimento condotto al CNR-INO un fluido quantistico di atomi ultrafreddi manifesta un’instabilità di Kelvin-Helmholtz: un anello formato da vortici quantizzati inizialmente ordinato perde gradualmente stabilità e si frammenta, formando cluster di vortici disordinati.

 

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Testato per la prima volta in condizioni estreme un simulatore quantistico atomico per studiare fenomeni fluidodinamici
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Cancro: dal 13 al 16 maggio a Trieste i massimi esperti di p53, la proteina “guardiano del genoma”

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Domenica 12 maggio 20.000 volontari tornano nelle piazze di tutta Italia per distribuire l’Azalea della Ricerca AIRC durante la Festa della mamma, a fronte di una piccola donazione.

Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, è anche sponsor del 19° International p53 Workshop si terrà dal 13 al 16 Maggio al Trieste Convention Center

Il Workshop riunirà 300 partecipanti provenienti da 49 paesi, sotto la guida del Comitato Scientifico composto da Giannino Del Sal (Università degli Studi di Trieste, ICGEB-Trieste, IFOM-ETS Milano), Lawrence Banks (ICGEB, Trieste), Giovanni Blandino (Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma) e Gerry Melino (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”).

Il cancro continua a essere una delle sfide più complesse per la ricerca scientifica, per i sistemi sanitari e per l’intera società. Nel 2022 a livello mondiale i nuovi casi di cancro sono stati circa 20 milioni, e i decessi sono stati 9.7 milioni. Piu del 40% di tutti i casi di cancro presenta mutazioni nel gene TP53 nei tessuti malati. Il gene è infatti responsabile della produzione di uno dei più potenti soppressori tumorali. Sono quindi circa una decina di milioni i pazienti che si stima possono sviluppare, ogni anno, un tumore con mutazioni a carico di questo gene. La proteina p53 è dunque tra le molecole più studiate, anche perché è uno dei bersagli terapeutici più complessi da colpire.

Quando il gene TP53 funziona correttamente, la proteina p53 controlla a sua volta una vasta gamma di geni che regolano processi biologici cruciali per mantenere l’integrità del DNA e prevenire lo sviluppo del cancro. Per questo ruolo di protettore del materiale genetico, la proteina è stata soprannominata il “guardiano del genoma”. Tuttavia, quando subisce una mutazione, p53 nelle sue molteplici forme alterate aumenta la probabilità di una crescita incontrollata delle cellule, favorendo lo sviluppo di diversi tipi di tumore.

Il workshop esplorerà le ultime scoperte e innovazioni legate a TP53 e indagherà il suo intricato ruolo nel cancro e il suo potenziale impatto terapeutico.

Tra i 50 relatori previsti saranno presenti gli scienziati che hanno scoperto p53 nel lontano 1979 e coloro che hanno scoperto il ruolo di p53 nella sindrome di Li-Fraumeni (LFS), una malattia genetica ereditaria che predispone a un elevato rischio di sviluppare neoplasie durante tutto il corso della vita.

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Domenica 12 maggio torna nelle piazze “L’azalea della Ricerca AIRC”
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La miglior tesi italiana di dottorato in chimica organica è di Beatrice Bartolomei

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Beatrice Bartolomei, PhD in Nanotecnologie dell'Università di Trieste, ha vinto il premio per la miglior tesi di dottorato in Chimica Organica del 2024. 

Il riconoscimento è stato assegnato dalla Società Chimica Italiana (SCI) su indicazione del Consiglio Direttivo della Divisione di Chimica Organica.

Bartolomei, che ha conseguito il dottorato nel 36° ciclo sotto la supervisione del Prof. Maurizio Prato, lavorando nel Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche (DSCF), è autrice di una tesi incentrata sullo studio di una nuova generazione di nanoparticelle di carbonio luminescenti, i Carbon Nanodots

I Nanodots sono nanoparticelle sferiche, di dimensioni inferiori ai 10 nm, che vengono preparate trattando ad alta temperatura (200-300°C) piccole molecole organiche, come ad esempio aminoacidi. 

Bartolomei ha messo a punto nuove strategie sintetiche per la preparazione di Nanodots con proprietà interessanti per numerose applicazioni: ad esempio, sono stati preparati nuovi Nanodots chirali poi utilizzati come catalizzatori per promuovere trasformazioni organiche, sostituendo catalizzatori costosi e/o inquinanti. 

Durante il triennio di dottorato, Bartolomei ha svolto un periodo di ricerca presso l’Università del Michigan (USA), nel gruppo del Prof. Nicholas Kotov, dove ha avuto modo di approfondire alcuni aspetti riguardanti la struttura e le proprietà di queste particelle, utilizzando tecniche straordinariamente avanzate.

La dottoressa di ricerca di UniTS ritirerà il premio a Milano il prossimo 29 Agosto al 28° Congresso Nazionale della Società Chimica Italiana, durante il quale presenterà le parti più significative della sua tesi.

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La Società di Chimica Italiana ha assegnato il riconoscimento alla dottoressa di ricerca in Nanotecnologie di UniTS
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I geofisici UniTS svelano aspetti del "dark side of the Moon"

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A cinquantacinque anni dallo sbarco dell’Apollo 11, la Luna continua a svelarsi nel suo lato oscuro agli scienziati ancora oggi impegnati nello studio del satellite naturale della Terra: per la prima volta, una ricerca internazionale ha identificato più di venti strutture legate a crateri ora sepolti e diverse stratificazioni inclinate nella regolite, lo strato di materiale composto da polvere, roccia e detriti, che si trova sulla superficie della Luna ed è il risultato di millenni di impatti di meteoriti e di processi erosivi.

A coordinare il team di ricercatori è il gruppo di Geofisica Applicata del professore Michele Pipan del Dipartimento di Matematica, Informatica e Geoscienze dell’Università di Trieste.

Gli scienziati hanno interpretato le strutture geologiche a una profondità di oltre trenta metri dalla superficie lunare, analizzando i dati radar raccolti dalla missione cinese Chang’E-4 dal 2019, attraverso il primo rover atterrato sulla faccia nascosta della Luna, e integrandoli con misure da sensori remoti.

L’indagine ha interessato una parte del cratere Van Kármán, situato all’interno del South Pole-Aitken Basin, una zona inesplorata del satellite con un diametro di oltre 180 km ora al centro di nuove rivelazioni geologiche. Per la prima volta, nelle fasi di raccolta ed elaborazione dei dati, i ricercatori hanno utilizzato algoritmi di deep learning basati sull’intelligenza artificiale, che hanno permesso di esaminare i dati radar in modo molto più preciso e oggettivo rispetto al passato, scoprendo caratteristiche ed evoluzione del lato nascosto della superficie lunare e rivelando una complessità nella geometria della regolite sino ad oggi sconosciuta. La regolite della zona osservata, infatti, non ha uno spessore costante, contrariamente a quanto ipotizzato in precedenza, ma variabile tra i cinque e i quindici metri.

“Questi risultati dimostrano l’importanza delle analisi multidisciplinari, che non solo forniscono informazioni cruciali dal punto di vista scientifico, ma costituiscono anche l’imprescindibile punto di partenza per la valutazione di potenziali risorse del sottosuolo lunare e per la pianificazione di future missioni e basi lunari permanenti”, spiega Michele Pipan, professore di Geofisica Applicata all’Università di Trieste.

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Icarus, ha coinvolto scienziati dell’Università di Trieste, dell’INAF – Istituto nazionale di astrofisica di Roma, della Purdue University (USA), dell’Accademia cinese delle Scienze e dell’Università di Zhejiang (Cina).

Nel gennaio 2024, lo stesso gruppo di ricerca ha corretto e validato i dati radar raccolti dalla missione, disponibili sul sito del Lunar and Planetary data release system del National Astronomical Observatory of China, e li ha resi disponibili alla comunità internazionale attraverso la pubblicazione sulla rivista Scientific Data

Attualmente, il gruppo di ricerca dell’Università di Trieste che ha guidato questo studio è coinvolto in un progetto selezionato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per l’invio sulla Luna di un magnetometro e di un sistema radar per indagini geofisiche del sottosuolo lunare.

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Studio completo pubblicato su Icarus

Deep learning driven interpretation of Chang’E – 4 Lunar Penetrating Radar

G. Roncoroni a, E. Forte a, I. Santin a, A. ˇCernok a, A. Rajˇsi´c b, A. Frigeri c, W. Zhao d, G. Fang e,f,g, M. Pipan a

a Department of Mathematics, Informatics and Geosciences, University of Trieste, Italy
b Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences, Purdue University, West Lafayette, IN, USA
c Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS), Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Rome, Italy
d Key Laboratory of Geoscience Big Data and Deep Resource of Zhejiang Province, School of Earth Sciences, Zhejiang University, Hangzhou 310058, China
e Aerospace Information Research Institute, Chinese Academy of Sciences, Beijing 100190, China
f Key Laboratory of Electromagnetic Radiation and Sensing Technology, Chinese Academy of Sciences, Beijing 100190, China
g School of Electronic, Electrical and Communication Engineering, University of Chinese Academy of Sciences, Beijing 100049, China


 

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Il gruppo di ricerca del prof. Pipan ha coordinato uno studio internazionale che ha analizzato i dati della missione lunare cinese Chang’E-4
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