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Fisica: al via ELMA, progetto italo – tedesco finanziato da MAECI

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Il progetto di ricerca ELMA, presentato congiuntamente da UniTS e dai Laboratori del GSI di Darmstadt, in Germania, ha ottenuto un finanziamento di  150.000 Euro per condurre uno studio sulla risposta energetica dei sensori a pixel monolitici di silicio (MAPS).

ELMA è finanziato da fondi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) nell'ambito del quadro di Cooperazione Culturale Italia – Germania, che mira a facilitare l'accesso del personale di ricerca italiano ai grandi centri di ricerca tedeschi.

I gruppi di ricerca del progetto ELMA, guidati da Giacomo Contin del Dipartimento di Fisica dell'Università di Trieste e da Silvia Masciocchi dell'Università di Heidelberg e del laboratorio GSI, studieranno sistematicamente la risposta dei MAPS a particelle accelerate a determinate energie. I ricercatori prepareranno e caratterizzeranno campioni funzionali di MAPS, in geometrie planari e curve, e li irraggeranno presso i fasci di ioni dell’acceleratore GSI-FAIR. La forma e le dimensioni dei gruppi di pixel attivati dalle particelle incidenti con diverso numero di carica ed energia, e le informazioni sul segnale analogico conservate dalla logica del rivelatore, saranno utilizzate per studiare la risposta e calibrare accuratamente i sensori per un ulteriore utilizzo nelle diverse applicazioni sperimentali.

I laboratori del GSI metteranno a disposizione del progetto le strutture locali del fascio di irraggiamento e forniranno supporto scientifico e tecnico.

Il progetto darà inoltre modo di instaurare una collaborazione duratura tra i gruppi italiano e tedesco, consentendo lo scambio di studenti e studentesse e del personale scientifico, l'accesso routinario alle rispettive strutture, ulteriori iniziative di ricerca congiunte e pubblicazioni scientifiche.

Il finanziamento ha permesso anche di bandire borse di ricerca e due posizioni di assegnista post-dottorato. 

Per info per inviare la candidatura entro il 6 settembre 2024: https://amm.units.it/en/node/51946/assegno/pub e https://amm.units.it/en/node/51947/assegno/pub.

 

FOTO: Illustrazione di 2 x 2 pixel del chip ALPIDE, attualmente operativo nel detector dell’esperimento ALICE al CERN.

Credits: per gentile concessione della Collaborazione ALICE

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UniTS, Università di Heidelberg e GSI insieme in uno studio sui MAPS
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Mare Sopra entra nel vivo

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Entra nel vivo il progetto di divulgazione scientifica Mare Sopra ideato dall’Università di Trieste per sensibilizzare la cittadinanza sull’aumento del livello del mare causato dal riscaldamento globale. Il Friuli Venezia Giulia, con i suoi quasi 100 chilometri di costa, è particolarmente vulnerabile ai rischi causati dall’erosione costiera e dalle inondazioni che potrebbero minacciare le comunità locali e le infrastrutture. L'aumento del livello del mare in regione potrebbe compromettere non solo l’ambiente ma anche molte delle attività che gravitano sulle zone costiere, come la pesca e il turismo.
Per comprendere meglio le condizioni delle coste del Friuli Venezia Giulia in questi giorni i ricercatori coinvolti nel progetto Mare Sopra hanno iniziato a monitorare il litorale triestino con un particolare mezzo, una sorta di kayak-pedalò-catamarano attrezzato con moderne tecnologie. Oltre alle misurazioni che verranno effettuate, tramite queste uscite in mare verrà raccolto un vasto patrimonio di immagini e riprese, anche subacquee e realizzate con i droni. Tutti gli aggiornamenti e i video delle prossime attività saranno disponibili sulla playlist dedicata a Mare Sopra disponibile sul canale YouTube dell’Università di Trieste
Al termine dell’estate il progetto proseguirà con ulteriori attività di sensibilizzazione sulle spiagge, indirizzate alle scolaresche e alla cittadinanza. Di particolare interesse sarà anche la realizzazione di video aerei sferici a 360° gradi acquisiti da un drone. Le immagini che verranno selezionate a partire da queste immersioni subacquee diventeranno un virtual tour ad altissima risoluzione.
A conclusione di tutte queste attività le principali località costiere verranno contrassegnate con due linee: la linea gialla segnerà dove arriverà il mare nel 2050, quella rossa il suo livello nel 2100.

Mare sopra è un progetto interdisciplinare ideato dal professor Stefano Furlani (Units), realizzato con la collaborazione di diversi partner e il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Coinvolge geomorfologi, sociologi e biologi di tre dipartimenti universitari (Matematica, Informatica e Geoscienze; Scienze Politiche e Sociali; Scienze della Vita), ma anche la cittadinanza, le scuole e le associazioni.

 

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Parte il monitoraggio del litorale triestino
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Fast Radio Burst: su Nature studio INAF – UNITS

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I Fast Radio Burst (FRB), o lampi radio veloci, sono uno dei misteri aperti più recenti dell'astrofisica moderna: in pochi millisecondi rilasciano una quantità di energia tra le più alte osservabili nei fenomeni cosmici. Scoperti poco più di dieci anni fa, questi forti lampi in banda radio provengono da sorgenti per lo più extragalattiche, ma la loro origine è ancora incerta e molti sono gli sforzi della comunità astrofisica di tutto il mondo per cercare di comprendere i processi fisici alla loro origine.

In pochissimi casi, il rapido lampo che caratterizza i fast radio burst coincide con un’emissione persistente, sempre in banda radio. Una nuova ricerca guidata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha registrato l'emissione radio persistente più debole mai rilevata finora per un FRB. Si tratta di FRB20201124A, un lampo radio veloce scoperto nel 2020, la cui sorgente si trova a circa 1,3 miliardi di anni luce da noi. Oltre al lavoro di ricercatori e ricercatrici INAF, lo studio vede la collaborazione di UniTS (Roberta Tripodi), dell’Università di Bologna, della Calabria e la partecipazione internazionale di istituti di ricerca e università in Cina, Stati Uniti, Spagna e Germania.

Le osservazioni, rese possibili dal radiotelescopio più sensibile al mondo, il Very Large Array (VLA) negli Stati Uniti, hanno permesso di verificare la predizione teorica che prevede una bolla di plasma all'origine dell'emissione radio persistente dei lampi radio veloci. I risultati sono pubblicati oggi sulla rivista Nature.

Il nuovo lavoro aiuta anche a circoscrivere la natura del motore di questi misteriosi lampi. Secondo i nuovi dati, alla base del fenomeno risiederebbe una magnetar (stella di neutroni fortemente magnetizzata) oppure una binaria a raggi X con regime di accrescimento molto alto, ovvero un sistema binario formato da una stella di neutroni o da un buco nero che accresce materiale da una stella compagna a ritmi molto intensi. Sarebbero infatti i venti prodotti dalla magnetar, oppure dal sistema binario X, a “gonfiare” la bolla di plasma che dà origine all’emissione radio persistente. C’è quindi una relazione fisica diretta tra il “motore” del FRB e la bolla, che si trova nelle sue immediate vicinanze.

 

A nebular origin for the persistent radio emission of fast radio bursts”, di Gabriele Bruni, Luigi Piro, Yuan-Pei Yang, Salvatore Quai, Bing Zhang, Eliana Palazzi, Luciano Nicastro, Chiara Feruglio, Roberta Tripodi, Brendan O'Connor, Angela Gardini, Sandra Savaglio, Andrea Rossi, A. M. Nicuesa Guelbenzu, Rosita Paladino.

 

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Scoperta l’origine dell’emissione persistente osservata nei “lampi radio veloci”: è una bolla di plasma
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DC Microgrids: speech UniTS all'University of South Carolina, ateneo di riferimento nel settore

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Buon Compleanno UniTS anche dagli Stati Uniti!

Il gruppo di ricerca dei laboratori D-ETEF del Dipartimento di Ingegneria e Architettura ha partecipato alla sesta edizione della "International Conference on DC Microgrids" organizzata dal IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engineers,   https://attend.ieee.org/icdcm-2024/ ) con una delegazione formata da Giorgio Sulligoi, Daniele Bosich e Andrea Alessia Tavagnutti, docenti e ricercatori di sistemi elettrici per l'energia nel nostro Ateneo.

La conferenza si è svolta a Columbia (SC), alla University of South Carolina, università di riferimento per gli studi e le simulazioni real-time sui sistemi elettrici integrati, flessibili e ibridi AC/DC.

Il prof. Sulligoi, che ha tenuto un keynote speech dal titolo "DC grids and ships: technological trends, proof of concepts, integrated ship design", ha dichiarato: "L'invito a partecipare come keynote speaker è giunto dai professori Enrico Santi, general chair, e Roger Dougal, general co-chair, figure di riferimento nel settore che ebbi la fortuna di conoscere ad alcune conferenze IEEE durante il mio dottorato di ricerca. Ricevere da loro l'invito a dare uno speech in sessione plenaria, dopo vent'anni di lavoro nel settore, mi ha reso particolarmente onorato. E' un risultato che è frutto del lavoro di tutto il gruppo di ricerca dei laboratori D-ETEF. Assieme a me han preso parte ai lavori i colleghi prof. Daniele Bosich, specialista del settore DC microgrids e track chair della conferenza sulle tematiche "Circuit Breakers and Protections", e la dott.ssa Andrea Alessia Tavagnutti, che ha appena preso servizio nel nostro Ateneo e che ha svolto parte del Dottorato in Ingegneria Industriale e dell'Informazione alMIT di Boston svolgendo ricerche nel settore specifico degli accumuli per le microgrid a corrente continua. Desidero inoltre ringraziare il nostro Ateneo per aver colto l’importanza di avere dei laboratori competitivi per eseguire test e prove di potenza sui sistemi elettrici in scala industriale, contribuendo alla ristrutturazione degli spazi per ottenere infrastrutture all'avanguardia".

La keynote speech si è svolta esattamente l'8 di agosto, quindi il team UniTS ha potuto fare pubblicamente, dagli Stati Uniti, gli auguri del Centenario alla nostra Università!

 

Nella foto: il prof. Giorgio Sulligoi ed Enrico Santi, General Chairman di ICDCM 2024

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Negli USA il gruppo di ricerca dei laboratori D-ETEF del DIA
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Convertire i gas serra in combustili green: la "dream reaction" da sogno a prospettiva scientifica

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Raggiungere la “dream reaction”, la reazione - a lungo cercata - che permette di convertire i gas serra in combustili green, non è più solo un sogno, ma una prospettiva scientifica incoraggiata dai risultati di uno studio che ha riunito i principali enti di ricerca e gli Atenei del Friuli Venezia Giulia.

Il Consiglio nazionale delle ricerche con l’Istituto Officina dei materiali di Trieste (Cnr-IOM), l’Università di Udine, l’Università di Trieste, Elettra Sincrotrone e Area Science Park hanno messo in atto una sinergia che ha costituito un gruppo di ricerca ampio e interdisciplinare: la collaborazione al progetto ha consentito la messa a punto di una tecnologia per la preparazione di catalizzatori innovativi in grado di promuovere la trasformazione del metano, un potente gas serra che incide negativamente sul bilancio energetico del pianeta favorendo il riscaldamento globale.  

La metodologia individuata ha riguardato, in particolare, la possibilità di convertire direttamente il metano in metanolo, un prezioso alleato nel processo di transizione energetica, attraverso un nuovo materiale a basso costo a base di Cerio e Rame, le cui proprietà catalitiche sono state esplorate grazie alle tecniche all’avanguardia disponibili presso i poli universitari e centri di ricerca della regione. 

“È stata investigata la possibilità di sintetizzare dei materiali innovativi a basso costo, evitando l’utilizzo di solventi aggiuntivi e passaggi dispendiosi in fase di preparazione: questa tecnologia sfrutta semplicemente la forza meccanica che va a modificare la struttura del materiale di partenza e lo rende più efficiente nel trasformare il metano in altre molecole”, spiegano Silvia Mauri, ricercatrice di Cnr-Istituto Officina dei Materiali e Rudy Calligaro, ricercatore dell’Università di Udine, entrambi autori del lavoro. 

“Il risultato è stato duplice: da un lato aver identificato un materiale promettente per il processo di catalisi, dall’altro aver implementato le nostre conoscenze sui meccanismi che stanno alla base dell’efficacia di questi materiali. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo di tecniche avanzate che utilizzano la luce di sincrotrone, unitamente alla potenza di calcolo oggi disponibile. In questo modo, sarà da ora in poi più semplice e veloce migliorare ulteriormente il design e l’utilizzo di questi catalizzatori”. 

Lo studio ha, quindi, implicazioni importanti nel supportare il processo della transizione energetica imposta dalle conseguenze del riscaldamento globale: “Il metano è una risorsa preziosa e la sua valorizzazione rappresenta una sfida importante nella catalisi eterogenea: per questo la comunità scientifica di tutto il mondo sta concentrando i suoi sforzi nella ricerca di nuovi materiali che ne facilitino i processi di trasformazione in prodotti che possano essere utilizzati in modo più sostenibile”, aggiunge Luca Braglia di Area Science Park. “Questo studio fondamentale, identifica una nuova classe di catalizzatori preparati in modo economicamente e ambientalmente più sostenibile. Conferma, inoltre, come l’utilizzo simultaneo di più tecniche avanzate e competenze interdisciplinari sia necessario per identificare e sviluppare di nuovi materiali e tecnologie a supporto della transizione ecologica”. 

Del gruppo di lavoro ha fatto parte anche Carlo Federico Pauletti, dottorando di ricerca in Fisica dell’Università di Trieste: “Ho contribuito al progetto realizzando al computer un modello che rappresentasse il catalizzatore sintetizzato e caratterizzato dai gruppi di ricerca del prof. Alessandro Trovarelli (UniUD) e del dott. Piero Torelli (Cnr-IOM), per poi studiarne il comportamento tramite delle simulazioni numeriche. Quanto è emerso dal nostro studio è, in accordo con i risultati sperimentali, una promettente attività per quanto riguarda la conversione diretta di metano in metanolo, dovuta alle particolari caratteristiche nano-strutturali del materiale, osservate anche negli esperimenti. 

L'ampia varietà di tecniche, sia sperimentali che teoriche, utilizzate nello studio di questo sistema costituisce, secondo il dottorando UniTS, un notevole valore aggiunto: "Ha migliorato notevolmente la nostra comprensione di questa reazione e del materiale utilizzato e la grande molteplicità di approcci ha reso molto stimolante il lavoro, grazie al confronto continuo con i ricercatori di tutti gli enti coinvolti", commenta Pauletti.

La ricerca, che conferma il ruolo di primo piano assunto dall’Italia nell’affrontare la sfida cruciale della transizione verde e dei nuovi materiali, dimostra come la cooperazione tra le eccellenze scientifiche regionali porti risultati di grande impatto. I risultati di questa collaborazione sono stati descritti sulla rivista scientifica statunitense “Small”, edita da Wiley, che le ha dedicato anche la copertina.

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Importanti risultati pubblicati in uno studio in collaborazione tra enti di ricerca del FVG. Nel team anche un dottorando in Fisica di UniTS
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Decarbonizzare il settore dell’acciaio in Italia: uno studio UniTS e WWF

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Il Centro Interdipartimentale Giacomo Ciamician su energia, ambiente, trasporti dell'Università di Trieste ha pubblicato, in collaborazione con il WWF Italia, il rapporto intitolato "Il Settore dell’Acciaio in Italia: Criticità ed Opportunità": lo studio innovativo esplora le prospettive di sostenibilità del settore siderurgico italiano, evidenziando le sfide in corso e i possibili scenari futuri.

Il contributo scientifico propone una visione sistemica del settore industriale dell'acciaio, suddivisa in diverse sezioni che analizzano la produzione mondiale, europea e italiana di acciaio, le emissioni di gas serra associate e le opportunità di decarbonizzazione legate non solo all’aspetto ambientale, ma anche a quelli economico e sociale.

Il lavoro è rivolto principalmente alle imprese e alle istituzioni che guidano la transizione verso gli obiettivi di neutralità climatica entro il 2050, considerando gli interessi della società civile organizzata e dei sindacati.

Tra gli elementi innovativi dello studio si evidenziano l’analisi quantitativa e qualitativa della produzione di acciaio, con un focus sui diversi processi produttivi, inclusi il forno ad arco elettrico (EAF), il ciclo integrale (BF-BOF) e gli impianti a riduzione diretta (DRI), le strategie di decarbonizzazione a breve e lungo termine, con un'attenzione particolare alle tecnologie emergenti e alle energie rinnovabili e le valutazioni economiche e occupazionali degli scenari di transizione verso una produzione più sostenibile.

Il gruppo di ricerca dell'Università di Trieste include Andrea Mio del Dipartimento di Ingegneria e Architettura (DIA), Romeo Danielis del Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Matematiche e Statistiche "Bruno de Finetti" (DEAMS) e Giovanni Carrosio del Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali (DiSPeS). 

Il team UniTS ha lavorato in stretta collaborazione con il WWF Italia per sviluppare un'analisi dettagliata e multidisciplinare del settore. La supervisione del progetto è stata curata da Mariagrazia Midulla del WWF Italia, garantendo che le raccomandazioni fossero allineate con le migliori pratiche ambientali.

"Questo rapporto - sostiene Andrea Mio, che ha coordinato scientificamente lo studio - rappresenta un passo importante verso una maggiore sostenibilità del settore dell'acciaio in Italia. Le strategie proposte mirano a ridurre le emissioni di CO₂ e a promuovere l'uso di energie rinnovabili, contribuendo così agli obiettivi climatici nazionali ed europei."

Lo studio delinea tre scenari di decarbonizzazione (Conservativo, Prospettico e Auspicabile), ciascuno con diverse implicazioni ambientali, economiche e occupazionali. Gli scenari offrono un quadro completo delle possibili evoluzioni, evidenziando i benefici di una transizione verso tecnologie a basso impatto ambientale.

La valutazione complessiva degli scenari di decarbonizzazione presentata dai ricercatori evidenzia alcune considerazioni chiave. Dal punto di vista ambientale la riduzione delle emissioni di CO2 deve essere uno degli obiettivi principali. Fra i diversi scenari delineati, quello Auspicabile prevede una significativa diminuzione delle emissioni attraverso l'adozione di tecnologie innovative e l’impiego di energie rinnovabili.

Dal punto di vista economico gli investimenti necessari per la transizione verso una produzione più sostenibile sono considerevoli, ma i benefici a lungo termine, inclusi risparmi sui costi energetici e miglioramenti nella competitività del settore, sono significativi.

Per quanto riguarda le ricadute occupazionali, la transizione verso una produzione di acciaio più sostenibile porterà a dei cambiamenti sostanziali, con una probabile crescita nei settori legati alla produzione di energia rinnovabile e alla manutenzione degli impianti innovativi.

Alcuni dettagli tecnici dei tre scenari

  • Scenario Conservativo: è uno scenario legato all’immobilismo e prevede azioni correttive piuttosto limitate, legate principalmente alla cattura e il riuso della CO₂ prodotta tramite tecnologie esistenti (BF-BOF e EAF). La riduzione complessiva delle emissioni al 2050 sarà di -10,02 MtonCO₂ (-53,37% rispetto al 2022). Gli investimenti annuali saranno di 1,478 miliardi di euro, con un LCOP stimato a 612,76 €/ton e un livello occupazione di 42.600 addetti nel settore siderurgico e circa 4.000 nel settore delle rinnovabili.
  • Scenario Prospettico: in questo caso è introdotta la tecnologia DRI (Direct Reduced Iron) utilizzando gas naturale e biometano con cattura della CO₂. Lariduzione delle emissioni sarà di -12,735 MtonCO₂ (-67,85% rispetto al 2022). Come nello scenario precedente, la cattura della CO2 risulta necessaria alla decarbonizzazione. Tuttavia, la sua implementazione richiede delle condizioni molto stringenti per essere condotta in maniera sostenibile, condizioni che vengono presentate all’interno del report. Gli investimenti annuali saranno di 1,845 miliardi di euro, con un LCOP stimato a 607,28 €/ton e un livello di occupazione di 39.400 unità nel settore siderurgico e circa 5.000 nel settore delle rinnovabili.
  • Scenario Auspicabile: questo prospetto prevede l’utilizzo della tecnologia DRI basata sull'idrogeno verde e fonti rinnovabili accoppiate al mix energetico nazionale. La riduzione delle emissioni complessive sarà di -12,735 MtonCO₂ (-67,84% rispetto al 2022), senza introdurre la cattura della CO2 e con una potenziale riduzione ulteriore legata alla progressiva decarbonizzazione del settore energetico nazionale. Gli investimenti annuali saranno di 1,386 miliardi di euro, con un LCOP stimato a 621,61 €/ton e un livello di occupazione di 39.400 addetti nel settore siderurgico e più di 12.000 nel settore delle rinnovabili.

Il ricordo

Gli autori hanno voluto, inoltre, onorare la memoria Maurizio Fermeglia, professore ordinario di Principi di Ingegneria Chimica e già Rettore dell'Università di Trieste, appassionato dei temi della sostenibilità ambientale, collaboratore del WWF e delegato dell’associazione in Friuli Venezia Giulia. 

"Maurizio ha contribuito allo sviluppo iniziale del lavoro e ci ha aiutato a coniugare in questo rapporto il rigore scientifico con la visione climatica e ambientale. Manca tantissimo a tutti noi e vogliamo testimoniarlo e ricordarlo anche in questa occasione", si legge nella dedica del rapporto.

 

Il report completo è disponibile sul sito del WWF Italia

 

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Il Centro Interdipartimentale Ciamician delinea tre scenari con le relative implicazioni ambientali, economiche e occupazionali
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Centenario UniTS: nascono i PhD Innovation Awards

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In occasione del Centenario dalla sua fondazione, l'Università di Trieste istituisce i "PhD Innovation Awards" per premiare le migliori tesi di dottorato di ricerca presentate nell'ambito dei corsi di terzo livello che hanno sede a UniTS.

Allo scopo sono stati stanziati 15mila euro che consentiranno di assegnare cinque premi da tremila euro ciascuno

La prima edizione del concorso si rivolge ai dottori di ricerca che hanno superato la prova finale tra il 1° gennaio 2023 e il 30 giugno 2024, discutendo una tesi che si è distinta per il grado di innovazione dei risultati ottenuti. Le domande di partecipazione dovranno essere presentate online con credenziali di Ateneo entro le ore 13 del 29 agosto 2024.

L'iniziativa intende riconoscere l'eccellenza e il pensiero innovativo che caratterizzano il lavoro di coloro che rappresentano il futuro della ricerca.

"Investire sui giovani ricercatori, promuovendone la crescita culturale e professionale - sostiene il prof. Alessandro Baraldi, delegato del rettore alla ricerca scientifica e ai dottorati - è uno degli obiettivi più importanti del nostro Ateneo. Con i premi che mettiamo a concorso vogliamo valorizzare idee, originalità e creatività che sono le fondamenta del sapere e dell’innovazione che celebriamo nell’anno del Centenario.

Se nel corso degli ultimi anni abbiamo favorito l’accesso al livello più alto della formazione universitaria incrementando il numero delle borse di dottorato, adesso attraverso questa iniziativa desideriamo celebrare anche i risultati raggiunti al termine del percorso, frutto dell’enorme impegno profuso dai nostri dottorandi di ricerca".

Le candidature saranno valutate in una prima fase da una Commissione di Ateneo che selezionerà le dieci tesi migliori. I finalisti potranno partecipare a un seminario di esperti nel settore dell'innovazione che decreteranno poi la graduatoria finale e l'assegnazione dei cinque premi.

La cerimonia di conferimento si svolgerà in occasione dell’evento intitolato “PhD, autori del futuro della conoscenza”, previsto nel mese di novembre 2024, all'interno del quale i vincitori del concorso presenteranno i risultati delle ricerche svolte nell'ambito della tesi dottorale.

Tutte le informazioni relative al concorso sono disponibile sul relativo Bando.

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Cinque premi per riconoscere e valorizzare il contributo scientifico innovativo dei dottori di ricerca. Domande entro il 29 agosto
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Iris Zalaudek tra i leader internazionali in dermatologia

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Iris Zalaudek, professoressa ordinaria di Malattie Cutanee e Veneree e direttrice della Scuola di specializzazione in Dermatologia, ha ricevuto il prestigioso Certificate of Appreciation Awards nell'ambito della Leadership Internazionale della dermatologia.

Il riconoscimento è assegnato dalla International League of Dermatological Societies (ILDS) che riunisce 215 diverse società scientifiche di 103 paesi al mondo, con lo scopo di promuovere leadership strategica a livello internazionale nell'ambito della medicina che si occupa delle patologie a carico della pelle e degli annessi cutanei.

Alla docente UniTS, che è anche direttrice della Struttura Complessa Clinica Dermatologica e Centro MST di Asugi, è stato riconosciuto il significativo contributo alla promozione della dermatologia internazionale, con un impatto positivo sulle politiche e sulle pratiche sanitarie globali, promuovendo la ricerca transfrontaliera, l'istruzione e l'emancipazione dei dermatologi, delle loro società e del pubblico.

La professoressa Zalaudek è stata la prima Presidente donna della Società Internazionale di Dermoscopia (2016-2021) ed è stata nominata tra le 50 donne più influenti nell'ambito della dermatologia nel 2021.

In occasione di questo conferimento abbiamo chiesto alla nostra docente un contributo che descriva lo stato dell'arte e le sfide più importanti della dermatologia internazionale all'interno dei sistemi sanitari.


La dermatologia – una branca multidisciplinare 
Oltre 2.000 malattie della pelle e delle mucose dimostrano la diversità della dermatologia. È una specialità che si interfaccia con molte altre discipline occupandosi della fisiologia e patologia della pelle e delle mucose, delle malattie tumorali, delle malattie infiammatorie croniche e delle dermatosi autoimmuni, dei processi di invecchiamento, delle infezioni, delle allergie e di altre malattie ambientali. 

Le malattie della pelle colpiscono tutti i gruppi di età e generi. Le malattie croniche, come la dermatite atopica o la psoriasi, sono malattie molto comuni e richiedono cure per tutta la vita. 

La dermatologia, come tante altre specialità, sta vivendo una vera rivoluzione nelle terapie mediche: sempre di più arrivano nuovi farmaci innovativi e efficaci per il trattamento dei tumori cutanei e malattie infiammatorie. I biologici, piccole molecole, immunoterapie e immuno-check-point inibitori, JAK-inibitori ecc. hanno ampliato il panorama della dermatologia personalizzata.  

 

La dermatologia - una disciplina in costante trasformazione
La ricerca dermatologica è il prerequisito per acquisire nuove conoscenze, la cui applicazione clinica viene utilizzata per la diagnosi e cura dei pazienti. Uno scambio attivo a livello nazionale e internazionale (conferenze, associazioni e lavoro sulle linee guida) consente di condividere i risultati della ricerca e di sviluppare nuove domande e approcci di ricerca. 

La qualità del trattamento dermatologico si basa fondamentalmente su linee guida che vengono regolarmente revisionate e aggiornate. 

In una società che invecchia costantemente, la prevenzione e la diagnosi precoce, così come i concetti di terapia precoce con terapie innovative, come la “terapia proattiva anziché reattiva”, devono essere incorporate più che mai al fine di modificare il decorso della malattia, prevenire le comorbidità e ridurre o evitare gli effetti collaterali, anche in termini di finanziamenti del sistema sanitario. 

 

La dermatologia - sfide per il futuro
L'invecchiamento della società pone sfide importanti al sistema sanitario: il numero degli anziani bisognose di cure e dei malati cronici aumenterà con significative ricadute e pressioni sui finanziamenti. Sono necessari più prevenzione, multi-professionalità e una buona interazione tra le professioni sanitarie. Le cliniche stanno già ora affrontando grandi sfide a causa della carenza personale. 

Si sta cercando di contrastare questo fenomeno, ma le previsioni per i prossimi 5-6 anni prevedono comunque un ulteriore peggioramento. 

La pelle però rappresenta anche un organo modello particolarmente adatto alla medicina digitale perché facilmente accessibile. Le app e l'intelligenza artificiale sono già componenti del supporto digitale per la diagnostica e la terapia. Le applicazioni digitali per la salute, la messa in rete digitale sistematica dei dati nella ricerca (big data), i dispositivi diagnostici e la teledermatologia hanno il potenziale per migliorare l'assistenza dermatologica completa e quindi evitare i tempi di attesa. 

Sebbene la digitalizzazione non possa sostituire il contatto personale con un medico in tutti i casi, offre alle persone con alterazioni cutanee una reale opportunità di consultare uno specialista/app, senza dover aspettare mesi. 

 

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La docente del DSM ha ricevuto il Certificate of Appreciation Awards della Lega Internazionale delle Società Dermatologiche, che riunisce 215 sigle di 103 diversi Paesi
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Ricercatori UniTS scoprono in Antartide un nuovo crostaceo

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Un gruppo internazionale di ricercatori coordinato dall’Università degli Studi di Trieste ha scoperto una nuova specie di gamberetto antartico – la Orchomenella rinamontiae –, un crostaceo appartenente all’ordine degli anfipodi, individuato in prossimità della Stazione Antartica Italiana Mario Zucchelli da Piero Giulianini, zoologo e professore presso il dipartimento di scienze della vita dell’Università degli studi di Trieste, durante la XXXIII spedizione antartica italiana nella Baia di Terra Nova.

L’evento apre nuove strade per la ricerca e rappresenta un significativo passo avanti per una comprensione più approfondita della vita e della biodiversità marina nelle regioni più remote e inospitali del pianeta: la conoscenza delle comunità marine antartiche e delle specie che le compongono, infatti, è di fondamentale importanza per monitorare, attraverso i mutamenti che le vedono coinvolte, i cambiamenti globali dovuti alle attività umane.

“Lo scopo iniziale della ricerca era quello di verificare le risposte di una specie di gamberetto antartico al riscaldamento dei mari. Tuttavia, dalle analisi morfologiche e genetiche è emerso che alcuni dei campioni appartenevano a una specie mai descritta prima” spiega Piero Giulianini, zoologo e docente presso il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste. “La nuova specie appartiene ad un gruppo dominante ed endemico nelle acque antartiche, gamberetti spazzini che svolgono un ruolo chiave nelle comunità marine, consumando e disperdendo cibo di tutte le dimensioni. Come fosse una cartina al tornasole, il monitoraggio dell'abbondanza e della diversità di questi gamberetti permetterà di capire gli impatti antropici in atto su questi delicati ecosistemi: l’impatto causato dall’uomo sull’ambiente, infatti, influisce negativamente sulle comunità marine, ostacolandone diversità e complessità. Non solo, nei nostri laboratori condurremo analisi per studiare come la nuova specie individuata risponda al riscaldamento degli oceani” conclude il professore.

Per l’analisi morfologica i ricercatori si sono avvalsi di una tecnica innovativa e avanzata di imaging, la microtomografia a raggi X, che ha permesso di ottenere immagini tridimensionali ad alta risoluzione della nuova specie, offrendo il vantaggio di esaminare digitalmente il campione senza introdurre artefatti e distorsioni dovuti alla manipolazione.

La scoperta non solo arricchisce il catalogo delle specie marine antartiche, ma sottolinea anche l’importanza di combinare analisi fisiche e genetiche per la classificazione delle specie, attraverso strumenti tecnologicamente avanzati come la microtomografia, che potrebbe rivoluzionare il modo in cui si studiano e classificano i campioni biologici. Con il continuo miglioramento della risoluzione delle immagini e la riduzione dei costi delle attrezzature, la microtomografia potrebbe presto diventare una tecnica standard nelle ricerche sulla biodiversità, accelerando notevolmente il processo di scoperta, descrizione e classificazione delle specie.

Il nome scelto per descrivere il nuovo gamberetto, Orchomenella rinamontiae, è un omaggio del gruppo di ricerca alla zoologa Rina Monti, che nel 1907 divenne la prima donna italiana a ottenere una cattedra all’Università di Sassari, e celebra il suo contributo pionieristico alla zoologia in ambito accademico.

Lo studio ha visto la partecipazione dei gruppi di ricerca di zoologia applicata e di genomica applicata dell’Università degli Studi di Trieste (Piero Giulianini, Samuele Greco, Elisa D'Agostino, Marco Gerdol, Alberto Pallavicini, Chiara Manfrin) con il contributo di due esperti nel campo della classificazione dei gamberetti antartici: Claude de Broyer del Royal Belgian Institute of Natural Sciences e Ed Hendrycks del Canadian Museum of Nature. Un fisico e una zoologa dell’Università della Calabria (Sandro Donato e Anita Giglio) hanno partecipato all’analisi dei dati della microtomografia a raggi X eseguita al Sincrotrone Elettra di Trieste.

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Studio completo pubblicato su Zoological Journal of the Linnean Society  
‘A new Antarctic species of Orchomenella G.O. Sars, 1890 (Amphipoda: Lysianassoidea: Tryphosidae): is phase-contrast micro-tomography a mature technique for digital holotypes?’

Piero G. Giulianini1, Claude De Broyer2, Ed A. Hendrycks3, Samuele Greco1, Elisa D’Agostino1, Sandro Donato4,5,6, Anita Giglio7, Marco Gerdol1, Alberto Pallavicini1, Chiara Manfrin1

1Department of Life Sciences, University of Trieste, Trieste, Italy
2Royal Belgian Institute of Natural Sciences, Bruxelles, Belgium
3Canadian Museum of Nature, Research and Collections, Ottawa, Canada
4Department of Physics, University of Calabria, Cosenza, Italy
5Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Division of Frascati, Frascati, Rome, Italy
6Elettra-Sincrotrone Trieste SCpA, in AREA Science Park, Basovizza, Trieste, Italy
7Department of Biology, Ecology and Earth Science, University of Calabria, Cosenza, Italy

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Lo studio internazionale ha utilizzato una tecnica di imaging innovativa. IL monitoraggio della nuova specie rivelerà l'impatto antropico sulla biodiversità e sugli ecosistemi marini
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Cambiamenti climatici: sei contributi UniTS nell'edizione 2024 di "Segnali dal clima in FVG"

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È liberamente consultabile l’edizione 2024 di “Segnali dal clima in FVG”, la pubblicazione divulgativa realizzata dal Gruppo di lavoro tecnico-scientifico Clima FVG istituito dall’Amministrazione Regionale nel 2022 e coordinato da Arpa FVG. 

Questo lavoro, disponibile online sul sito web dell’Agenzia, si propone di far conoscere alla popolazione regionale - e a tutti i soggetti pubblici e privati interessati - i cambiamenti climatici, i loro effetti e le azioni che si possono intraprendere per affrontarli nella nostra regione. Al contempo, la pubblicazione consente anche di collegare la dimensione locale con quella globale, attraverso alcuni articoli che allargano lo sguardo a ciò che accade su scala più ampia.

"Segnali dal clima" non è quindi un report sullo stato del clima in Friuli Venezia Giulia, bensì una descrizione dello stato delle cose, di quanto sia importante prenderne coscienza ed agire, di come la società, la pubblica amministrazione e il mondo scientifico si stiano già attivando.

Il “magazine” raccoglie più di 40 articoli di 67 autori che operano presso gli enti del Gruppo Clima FVG: Regione, ARPA FVG, Università di Trieste, Università di Udine, ICTP, OGS e CNR con i due istituti di Scienze Marine e Scienze Polari.

Il 2023 è stato il terzo anno più caldo mai registrato in regione: atmosfera e mare hanno raggiunto temperature per molti mesi superiori alla media ed eventi estremi di notevole intensità hanno colpito diverse aree della regione. Da qui comincia quest’anno il racconto dei segnali di cambiamento climatico che rileviamo nel nostro territorio e che si traducono in effetti diversificati sui diversi sistemi naturali e settori produttivi, chiamandoci ad “agire per il clima”. 

Esperti dei diversi campi – climatologi, geologi, oceanografi, biologi, agronomi, economisti, ingegneri, architetti, professionisti dell’ambiente, della pubblica amministrazione e della salute – della nostra Regione accompagnano il lettore in un percorso di conoscenza che parte dalle nostre montagne e si snoda seguendo idealmente il fluire delle acque attraverso la pianura, per arrivare alla laguna e al mare. Tornando sulla terraferma gli articoli esplorano gli effetti dei cambiamenti climatici su piante e animali, sia negli ecosistemi allo stato naturale che nel settore agricolo

Anche questo numero si conclude con alcuni esempi di azioni intraprese dagli enti pubblici, in primis la Regione FVG, per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici.

Questa edizione ospita anche un ricordo di Maurizio Fermeglia, già rettore di UniTS scomparso lo scorso febbraio, e uno dei suoi ultimi contributi divulgativi. Sei complessivamente gli articoli firmati dai ricercatori del Dipartimento di Ingegneria e Architettura e del Dipartimento di Scienze della Vita dell'Università di Trieste. 

La montagna e i cambiamenti climatici: un equilibrio fragile in un ambiente vulnerabile  (pag.43)
Maurizio Fermeglia (DIA) con prefazione di Sabrina Pricl (DIA)
Gli effetti dei cambiamenti climatici sono particolarmente evidenti in montagna, un ambiente molto vulnerabile dove anche “piccoli” aumenti di temperatura hanno effetti amplificati e possono compromettere i delicati equilibri che ruotano intorno ai 0 °C. Le conseguenze sono rilevanti, dalla fusione dei ghiacciai e del permafrost agli impatti sugli ecosistemi e sulle attività montane. Importanti cambiamenti sono già oggi percepiti dai frequentatori della montagna: escursionisti, alpinisti, sciatori e scialpinisti.

Le acque dolci: cambiare prospettiva per affrontare il clima che cambia (pag. 89)
Elisabetta Pizzul, Marco Bertoli (DSV)
Gli ecosistemi delle acque dolci sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti dell’ambiente e del clima. Un cambiamento nel nostro modo di percepirli e di gestirli è necessario non solo per preservarli, ma anche per consentire a essi di svolgere quelle funzioni che rappresentano soluzioni naturali efficaci per affrontare anche i cambiamenti climatici.

Trasformazione dei paesaggi della bonifica e nuovi deserti friulani in un quadro dei cambiamenti dei modelli agricoli e climatici (pag.105)
Thomas Bisiani, Adriano Venudo (DIA)
Le bonifiche della pianura friulano-isontina hanno modellato il paesaggio, creando un reticolo idrografico che oggi svolge rilevanti funzioni ecologiche. Questo patrimonio ambientale, storico e culturale è oggi messo a rischio da nuovi modelli agricoli e da modalità di efficientamento dell’irrigazione adottate per fronteggiare i cambiamenti climatici. È necessario trovare un equilibrio tra le esigenze di agricoltura, ambiente e paesaggio per arginare una vera e propria “desertificazione” del territorio.

Topi coraggiosi: il ruolo dei piccoli mammiferi nell’adattamento di querce e faggi ai cambiamenti climatici (pag 153)
Alessio Mortelliti (DSV)
Fino al 90% delle piante in un ecosistema possono dipendere dagli animali per la dispersione dei loro semi, come avviene per le querce e i faggi, alberi ecologicamente ed economicamente importanti in Friuli Venezia Giulia. I piccoli mammiferi, quali topi e arvicole, svolgono questa vitale funzione con modalità complesse e affascinanti e alcune ricerche mostrano come alcuni individui siano particolarmente importanti in questo processo.

Cambiamento climatico e benessere: le temperature estive negli spazi abitativi (pag. 195)
Marco Manzan, Atlas Ramezani (DIA)
Temperature elevate, specialmente se associate a elevata umidità, possono risultare pericolose per le persone, specialmente le più fragili. Per poter agire a loro tutela, in un’ottica di equità climatica, è importante valutare questo fenomeno all’interno delle abitazioni, specialmente quelle sprovviste di impianti di climatizzazione. Uno studio di UniTS ha analizzato le condizioni interne di benessere e stress in un edificio plurifamiliare, considerando il clima attuale e futuro e anche l’effetto di ventilatori elettrici. 

Edilizia e cambiamento climatico: progettare strutture più resistenti agli eventi estremi (pag. 203)
Chiara Bedon (DIA)
Con il riscaldamento globale aumenta, in generale, la frequenza e l’intensità degli eventi meteorologici estremi. Molti componenti e sistemi costruttivi, progettati per resistere agli eventi atmosferici convenzionali, risultano carenti per fenomeni estremi, come quelli registrati di recente in FVG. Sarà necessaria una nuova attenzione per adeguare i sistemi edilizi e in particolare le loro componenti più vulnerabili, per renderli più resistenti agli eventi meteo più intensi.

Abstract
Nella pubblicazione divulgativa coordinata da Arpa FVG anche un articolo del Prof. Maurizio Fermeglia, recentemente scomparso
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