UniTS e Genomics England sviluppano TINC, un algoritmo per migliorare diagnosi e trattamenti dei tumori del sangue Read more about UniTS e Genomics England sviluppano TINC, un algoritmo per migliorare diagnosi e trattamenti dei tumori del sangue Immagine Caravagna nuovo sito.jpg Data notizia Thu, 18/01/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Comunicati stampa Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Testo notizia I ricercatori di Genomics England, dell'Università di Trieste e del Great Ormond Street Hospital for Children dell’NHS Foundation Trust hanno sviluppato un nuovo algoritmo per rendere più accurata l'analisi del sequenziamento completo del genoma, effettuato con tecniche di Whole Genome Sequencing (WGS) in pazienti con tumori del sangue.L’algoritmo sviluppato ha l’obiettivo di interpretare più precisamente i dati del sequenziamento nei casi in cui i campioni di cellule idealmente sane, prelevati dai pazienti, risultino invece contaminati da cellule malate.Nei pazienti malati di cancro, il sequenziamento completo del genoma può essere utilizzato per identificare mutazioni che possono influenzare il successivo sviluppo del tumore e quindi la prognosi della malattia. Per identificarle tali mutazioni è necessario confrontare il DNA delle cellule tumorali con quello di un tessuto sano dello stesso paziente. A questo scopo vengono prelevati almeno due campioni diversi, uno direttamente dal tumore e uno attraverso un prelievo di sangue che in principio dovrebbe contenere solo cellule sane.Una volta effettuato il sequenziamento del DNA contenuto nei due campioni, le sequenze ottenute sono analizzate tramite procedure bioinformatiche. Si tratta di processi automatizzati che tuttavia, in caso di pazienti malati di cancro, possono incontrare problemi se il campione di cellule sane è contaminato da cellule tumorali. La contaminazione può infatti influenzare negativamente l’accuratezza dei risultati generati da questa procedura. Il rischio è particolarmente rilevante nel caso di tumori del sangue, dato che le cellule tumorali si trovano proprio nel flusso sanguigno ed è dunque pressoché impossibile separarle da quelle sane in un prelievo.Per risolvere questo problema, il gruppo di ricercatori ha sviluppato un nuovo strumento informatico, un algoritmo chiamato TINC – Tumour In Normal Contamination assessment, con cui stimare il livello di contaminazione tumorale nei campioni normali. Lo strumento si basa su algoritmi utilizzati per comprendere l'evoluzione del tumore ed i risultati ottenuti sono stati pubblicati oggi su Nature Communications.L‘algoritmo TINC aiuta a stabilire la percentuale di cellule tumorali presenti nel campione normale, in modo che, in presenza di un elevato livello di contaminazione, si possa attivare un flusso di analisi alternativo a quello standard, in grado di fornire a scienziati e medici dati più precisi sul genoma tumorale. Il fine è arrivare a una diagnosi più accurata che permetta di scegliere le terapie più adatte da somministrare a ciascun paziente.Il nuovo algoritmo è immediatamente entrato a far parte degli strumenti di lavoro con cui Genomics England, società britannica di proprietà del Ministero della Salute e dell'Assistenza Sociale del Regno Unito, quotidianamente fornisce le analisi di Whole Genome Sequencing agli ospedali e ai centri clinici de Servizio Sanitario Nazionale del Regno Unito.I ricercatori hanno testato TINC utilizzando i dati di sequenziamento raccolti nell’ambito del progetto su larga scala “100.000 genomi”, che nel 2013 ha portato alla fondazione di Genomics England. Hanno quindi confrontato i dati elaborati dall’algoritmo con quelli ottenuti attraverso le tecnologie standard utilizzate per il test di malattia residua nei tumori del sangue. Si tratta di test in cui si verifica il numero di cellule tumorali rimaste nel sangue di un paziente dopo il trattamento.“I Progetti che su larga scala utilizzano le tecnologie di sequenziamento per studiare le malattie oncologiche hanno un potenziale rivoluzionario”, sostiene Giulio Caravagna (nella foto), professore di Informatica dell’Università di Trieste e responsabile del Laboratorio Cancer Data Science, sostenuto dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro. “Tuttavia – prosegue Caravagna – l‘uso di tecnologie innovative come Whole Genome Sequencing richiede strumenti di analisi altrettanto innovativi. Il nostro laboratorio è fortemente specializzato nella costruzione di tali strumenti. Lo sviluppo di TINC nasce nell’ambito di una prestigiosa collaborazione internazionale tra l'Università degli Studi di Trieste e Genomics England e la sua implementazione in un contesto clinico su tutto il territorio inglese rappresenta un traguardo eccezionale che conferma il valore della ricerca in scienza dei dati del nostro ateneo”.“L'implementazione dell'algoritmo TINC nella pipeline di Genomics England – spiega Alona Sosinsky, direttore scientifico del settore oncologico dell’azienda pubblica britannica – ci ha permesso di migliorare l'accuratezza dei test genomici per i pazienti con tumori del sangue. Questo progetto è un esempio di successo in cui dati generati da un progetto di sequenziamento su larga scala vengono interpretati usando tecniche di analisi avanzate, al fine di ottenere strumenti maggiormente precisi da cui prendere decisioni cliniche per la cura dei pazienti”."Grazie al Servizio di Medicina Genomica, ora utilizziamo il sequenziamento dell'intero genoma di routine per la diagnostica in ambito clinico - afferma Jack Bartram, specialista in ematologia pediatrica del Great Ormond Street Hospital for Children, struttura gestita dal NHS Foundation Trust -. L'implementazione dell'algoritmo TINC ci consente, come clinici, una maggiore fiducia nell'analisi dei dati genomici, che in ultima analisi vengono utilizzati ogni giorno per migliorare le terapie rivolte ai nostri pazienti".***************************Studio pubblicato su Nature Communications, 18 gennaio 2024 ‘Clinical application of tumour in normal contamination assessment from whole genome sequencing’Jonathan Mitchell1,8, Salvatore Milite2,3,8, Jack Bartram4, Susan Walker1, Nadezda Volkova1, Olena Yavorska1, Magdalena Zarowiecki1, Jane Chalker5, Rebecca Thomas4, Luca Vago6, Alona Sosinsky1,9 & Giulio Caravagna3,7,91Genomics England, London, UK.2Computational Biology Research Centre, Human Technopole, Milan, Italy.3Cancer Data Science Laboratory, Department of Mathematics, Informatics and Geosciences, University of Trieste, Trieste, Italy.4Department of Haematology, Great Ormond Street Hospital for Children, London, UK.5Specialist Integrated Haematological Malignancy Diagnostic Service - Acquired Genomics, Great Ormond Street Hospital for Children, London, UK.6Research Unit of Immunogenetics, Leukemia Genomics and Immunobiology, IRCCS Hospital San Raffaele, Milan, Italy.7Centre for Evolution and Cancer, The Institute of Cancer Research, London, UK.8These authors contributed equally: Jonathan Mitchell, Salvatore Milite.9These authors jointly supervised this work: Alona Sosinsky, Giulio Caravagna. Abstract Pubblicato su Nature Communications uno studio con il rilevante contributo di Giulio Caravagna (MIGe) e del Laboratorio Cancer Data Science, che è supportato da Fondazione AIRC Mostra nel diario Off
Ritrovate 5.000 monete medievali che raccontano la storia giuliana Read more about Ritrovate 5.000 monete medievali che raccontano la storia giuliana Immagine 1T3A6227.jpg Data notizia Fri, 22/03/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Destinatari target Territorio e società Testo notizia “Dobrila Tat. Il tesoro di Erpelle 1921” è il libro dell’assegnista di ricerca in Numismatica e Storia monetaria al Dipartimento di Studi Umanistici UniTS, Giulio Carraro, sullo straordinario ritrovamento di 5000 monete che raccontano la storia dell’area giuliana.Nel 1921 fu rinvenuto a Erpelle, paesino sloveno abitato da agricoltori, un “tesoro” composto da oltre cinquemila monete d’oro e d’argento, tutte del tardo medioevo ma di diversa provenienza. Una scoperta straordinaria che diede testimonianza della vitalità economica di quel periodo storico, caratterizzato da un’intensa produzione monetaria come naturale reazione alle complesse circostanze sociali, politiche ed economiche. Il tesoro di Erpelle scomparve misteriosamente subito dopo la sua scoperta: Giulio Carraro l’ha riportato alla luce dopo oltre un secolo di oblio. “L’insieme delle monete ritrovate non è frutto di un singolo furto ma di una serie di rapine messe in atto da una banda nell’arco di qualche anno” – spiega Giulio Carraro – “si tratta verosimilmente di una “cassa di raccolta” delle refurtive che offre oggi uno spaccato straordinario della vita nelle nostre zone nel 1300. La grande eterogeneità delle valute ritrovate racconta in modo inedito le relazioni mercantili e gli scambi commerciali nell’Europa centrale e orientale del XIV secolo.” Le caratteristiche del tesoro di Erpelle permettono anche un approfondimento degli studi sul fenomeno del banditismo medievale, spesso stimolato non solo dalla cupidigia ma anche dall’istinto di sopravvivenza.Il volume è edito da EUT ed è dedicato al Civico Museo d’Antichità “J. J. Winckelmann”. Abstract La scoperta del ricercatore UniTS Giulio Carraro nel libro EUT “Dobrila Tat. Il tesoro di Erpelle 1921” Mostra nel diario Off
UniTS su Nature Physics con un esperimento quantistico innovativo sulla “turbolenza” Read more about UniTS su Nature Physics con un esperimento quantistico innovativo sulla “turbolenza” Immagine scazza.jpg Data notizia Thu, 09/05/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Destinatari target Territorio e società Testo notizia Francesco Scazza, responsabile del laboratorio congiunto ArQuS del Dipartimento di Fisica di UniTS e Cnr-Ino, è tra i firmatari dello studio pubblicato su Nature Physics “Connecting shear flow and vortex array instabilities in annular atomic superfluids”.In dettaglio, un team di ricerca dell'Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche di Sesto Fiorentino (Cnr-Ino) e dell’Università di Firenze (Laboratorio Europeo di Spettroscopia Non lineare e Dipartimento di Fisica), in collaborazione con l’Università di Trieste, l'Istituto Nazionale di Scienza e Tecnologia Ulsan in Corea del Sud e del Dipartimento di Fisica dell’Università dei Paesi Baschi ha realizzato un innovativo esperimento con un simulatore quantistico che ha permesso di fare luce su uno dei più affascinanti e complessi fenomeni della fisica: la cosiddetta instabilità di Kelvin-Helmholtz, un fenomeno fluidodinamico che gioca un ruolo fondamentale nell'insorgere della “turbolenza”.Il fenomeno deve il suo nome ai due studiosi Lord Kelvin e Hermann von Helmholtz che, alla fine del XIX secolo, osservarono come fluidi di diversa densità e messi in moto relativo siano soggetti a perturbazioni di tipo ondoso che evolvono rapidamente in strutture vorticose di grandi dimensioni. Si tratta di un fenomeno ampiamente diffuso, dall'atmosfera all'oceano alle nuvole e persino in contesti astrofisici, come nelle atmosfere stellari o nelle nebulose. L’esperimento ha permesso di riprodurre le dinamiche di interazione tra due superfluidi di atomi ultrafreddi di litio (raffreddati cioè a temperature prossime allo zero assoluto, ovvero -273°C) grazie a un simulatore quantistico atomico, un dispositivo progettato per studiare e simulare fenomeni quantistici della materia in maniera estremamente controllata. Per la prima volta, è stato testato l’utilizzo di tali dispositivi per lo studio di fenomeni fluidodinamici in condizioni estreme, che risultano estremamente difficili da studiare attraverso convenzionali tecniche numeriche.Francesco Scazza di UniTS, sottolinea: “Tramite sistemi sintetici di atomi ultrafreddi è ormai possibile studiare la materia in condizioni estremamente controllate, anche ben oltre quelle che si possono trovare spontaneamente in natura. Queste possibilità verranno ancor meglio sfruttate ottenendo in laboratorio il controllo individuale di ogni singolo atomo che compone il sistema, un obiettivo chiave del laboratorio ArQuS a Trieste.” “Connecting shear flow and vortex array instabilities in annular atomic superfluids”, D. Hernández-Rajkov, N. Grani, F. Scazza, G. Del Pace, W. J. Kwon, M. Inguscio, K. Xhani, C. Fort, M. Modugno, F. Marino e G. Roati, Nature Physics (2024).DIDA IMMAGINENell’esperimento condotto al CNR-INO un fluido quantistico di atomi ultrafreddi manifesta un’instabilità di Kelvin-Helmholtz: un anello formato da vortici quantizzati inizialmente ordinato perde gradualmente stabilità e si frammenta, formando cluster di vortici disordinati. Abstract Testato per la prima volta in condizioni estreme un simulatore quantistico atomico per studiare fenomeni fluidodinamici Mostra nel diario Off
Cancro: dal 13 al 16 maggio a Trieste i massimi esperti di p53, la proteina “guardiano del genoma” Read more about Cancro: dal 13 al 16 maggio a Trieste i massimi esperti di p53, la proteina “guardiano del genoma” Immagine Progetto senza titolo (74).jpg Data notizia Fri, 10/05/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Società e territorio Destinatari canale Ateneo Impegno pubblico e sociale Destinatari target Territorio e società Testo notizia Domenica 12 maggio 20.000 volontari tornano nelle piazze di tutta Italia per distribuire l’Azalea della Ricerca AIRC durante la Festa della mamma, a fronte di una piccola donazione.Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, è anche sponsor del 19° International p53 Workshop si terrà dal 13 al 16 Maggio al Trieste Convention Center. Il Workshop riunirà 300 partecipanti provenienti da 49 paesi, sotto la guida del Comitato Scientifico composto da Giannino Del Sal (Università degli Studi di Trieste, ICGEB-Trieste, IFOM-ETS Milano), Lawrence Banks (ICGEB, Trieste), Giovanni Blandino (Istituto Nazionale Tumori Regina Elena, Roma) e Gerry Melino (Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”).Il cancro continua a essere una delle sfide più complesse per la ricerca scientifica, per i sistemi sanitari e per l’intera società. Nel 2022 a livello mondiale i nuovi casi di cancro sono stati circa 20 milioni, e i decessi sono stati 9.7 milioni. Piu del 40% di tutti i casi di cancro presenta mutazioni nel gene TP53 nei tessuti malati. Il gene è infatti responsabile della produzione di uno dei più potenti soppressori tumorali. Sono quindi circa una decina di milioni i pazienti che si stima possono sviluppare, ogni anno, un tumore con mutazioni a carico di questo gene. La proteina p53 è dunque tra le molecole più studiate, anche perché è uno dei bersagli terapeutici più complessi da colpire.Quando il gene TP53 funziona correttamente, la proteina p53 controlla a sua volta una vasta gamma di geni che regolano processi biologici cruciali per mantenere l’integrità del DNA e prevenire lo sviluppo del cancro. Per questo ruolo di protettore del materiale genetico, la proteina è stata soprannominata il “guardiano del genoma”. Tuttavia, quando subisce una mutazione, p53 nelle sue molteplici forme alterate aumenta la probabilità di una crescita incontrollata delle cellule, favorendo lo sviluppo di diversi tipi di tumore.Il workshop esplorerà le ultime scoperte e innovazioni legate a TP53 e indagherà il suo intricato ruolo nel cancro e il suo potenziale impatto terapeutico.Tra i 50 relatori previsti saranno presenti gli scienziati che hanno scoperto p53 nel lontano 1979 e coloro che hanno scoperto il ruolo di p53 nella sindrome di Li-Fraumeni (LFS), una malattia genetica ereditaria che predispone a un elevato rischio di sviluppare neoplasie durante tutto il corso della vita. Abstract Domenica 12 maggio torna nelle piazze “L’azalea della Ricerca AIRC” Mostra nel diario Off
La miglior tesi italiana di dottorato in chimica organica è di Beatrice Bartolomei Read more about La miglior tesi italiana di dottorato in chimica organica è di Beatrice Bartolomei Immagine Progetto senza titolo (75).jpg Data notizia Mon, 13/05/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Destinatari target Post lauream Testo notizia Beatrice Bartolomei, PhD in Nanotecnologie dell'Università di Trieste, ha vinto il premio per la miglior tesi di dottorato in Chimica Organica del 2024. Il riconoscimento è stato assegnato dalla Società Chimica Italiana (SCI) su indicazione del Consiglio Direttivo della Divisione di Chimica Organica.Bartolomei, che ha conseguito il dottorato nel 36° ciclo sotto la supervisione del Prof. Maurizio Prato, lavorando nel Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche (DSCF), è autrice di una tesi incentrata sullo studio di una nuova generazione di nanoparticelle di carbonio luminescenti, i Carbon Nanodots. I Nanodots sono nanoparticelle sferiche, di dimensioni inferiori ai 10 nm, che vengono preparate trattando ad alta temperatura (200-300°C) piccole molecole organiche, come ad esempio aminoacidi. Bartolomei ha messo a punto nuove strategie sintetiche per la preparazione di Nanodots con proprietà interessanti per numerose applicazioni: ad esempio, sono stati preparati nuovi Nanodots chirali poi utilizzati come catalizzatori per promuovere trasformazioni organiche, sostituendo catalizzatori costosi e/o inquinanti. Durante il triennio di dottorato, Bartolomei ha svolto un periodo di ricerca presso l’Università del Michigan (USA), nel gruppo del Prof. Nicholas Kotov, dove ha avuto modo di approfondire alcuni aspetti riguardanti la struttura e le proprietà di queste particelle, utilizzando tecniche straordinariamente avanzate.La dottoressa di ricerca di UniTS ritirerà il premio a Milano il prossimo 29 Agosto al 28° Congresso Nazionale della Società Chimica Italiana, durante il quale presenterà le parti più significative della sua tesi. Abstract La Società di Chimica Italiana ha assegnato il riconoscimento alla dottoressa di ricerca in Nanotecnologie di UniTS Mostra nel diario Off
I geofisici UniTS svelano aspetti del "dark side of the Moon" Read more about I geofisici UniTS svelano aspetti del "dark side of the Moon" Immagine Cattura Luna.JPG Data notizia Wed, 04/09/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo ateneo Comunicati stampa Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Destinatari target Territorio e società Testo notizia A cinquantacinque anni dallo sbarco dell’Apollo 11, la Luna continua a svelarsi nel suo lato oscuro agli scienziati ancora oggi impegnati nello studio del satellite naturale della Terra: per la prima volta, una ricerca internazionale ha identificato più di venti strutture legate a crateri ora sepolti e diverse stratificazioni inclinate nella regolite, lo strato di materiale composto da polvere, roccia e detriti, che si trova sulla superficie della Luna ed è il risultato di millenni di impatti di meteoriti e di processi erosivi.A coordinare il team di ricercatori è il gruppo di Geofisica Applicata del professore Michele Pipan del Dipartimento di Matematica, Informatica e Geoscienze dell’Università di Trieste.Gli scienziati hanno interpretato le strutture geologiche a una profondità di oltre trenta metri dalla superficie lunare, analizzando i dati radar raccolti dalla missione cinese Chang’E-4 dal 2019, attraverso il primo rover atterrato sulla faccia nascosta della Luna, e integrandoli con misure da sensori remoti.L’indagine ha interessato una parte del cratere Van Kármán, situato all’interno del South Pole-Aitken Basin, una zona inesplorata del satellite con un diametro di oltre 180 km ora al centro di nuove rivelazioni geologiche. Per la prima volta, nelle fasi di raccolta ed elaborazione dei dati, i ricercatori hanno utilizzato algoritmi di deep learning basati sull’intelligenza artificiale, che hanno permesso di esaminare i dati radar in modo molto più preciso e oggettivo rispetto al passato, scoprendo caratteristiche ed evoluzione del lato nascosto della superficie lunare e rivelando una complessità nella geometria della regolite sino ad oggi sconosciuta. La regolite della zona osservata, infatti, non ha uno spessore costante, contrariamente a quanto ipotizzato in precedenza, ma variabile tra i cinque e i quindici metri.“Questi risultati dimostrano l’importanza delle analisi multidisciplinari, che non solo forniscono informazioni cruciali dal punto di vista scientifico, ma costituiscono anche l’imprescindibile punto di partenza per la valutazione di potenziali risorse del sottosuolo lunare e per la pianificazione di future missioni e basi lunari permanenti”, spiega Michele Pipan, professore di Geofisica Applicata all’Università di Trieste.La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Icarus, ha coinvolto scienziati dell’Università di Trieste, dell’INAF – Istituto nazionale di astrofisica di Roma, della Purdue University (USA), dell’Accademia cinese delle Scienze e dell’Università di Zhejiang (Cina).Nel gennaio 2024, lo stesso gruppo di ricerca ha corretto e validato i dati radar raccolti dalla missione, disponibili sul sito del Lunar and Planetary data release system del National Astronomical Observatory of China, e li ha resi disponibili alla comunità internazionale attraverso la pubblicazione sulla rivista Scientific DataAttualmente, il gruppo di ricerca dell’Università di Trieste che ha guidato questo studio è coinvolto in un progetto selezionato dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA) per l’invio sulla Luna di un magnetometro e di un sistema radar per indagini geofisiche del sottosuolo lunare.***************************Studio completo pubblicato su IcarusDeep learning driven interpretation of Chang’E – 4 Lunar Penetrating RadarG. Roncoroni a, E. Forte a, I. Santin a, A. ˇCernok a, A. Rajˇsi´c b, A. Frigeri c, W. Zhao d, G. Fang e,f,g, M. Pipan aa Department of Mathematics, Informatics and Geosciences, University of Trieste, Italyb Department of Earth, Atmospheric and Planetary Sciences, Purdue University, West Lafayette, IN, USAc Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali (IAPS), Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF), Rome, Italyd Key Laboratory of Geoscience Big Data and Deep Resource of Zhejiang Province, School of Earth Sciences, Zhejiang University, Hangzhou 310058, Chinae Aerospace Information Research Institute, Chinese Academy of Sciences, Beijing 100190, Chinaf Key Laboratory of Electromagnetic Radiation and Sensing Technology, Chinese Academy of Sciences, Beijing 100190, Chinag School of Electronic, Electrical and Communication Engineering, University of Chinese Academy of Sciences, Beijing 100049, China Abstract Il gruppo di ricerca del prof. Pipan ha coordinato uno studio internazionale che ha analizzato i dati della missione lunare cinese Chang’E-4 Mostra nel diario Off Fotogallery
Fisica: al via ELMA, progetto italo – tedesco finanziato da MAECI Read more about Fisica: al via ELMA, progetto italo – tedesco finanziato da MAECI Immagine Progetto senza titolo (11).png Data notizia Thu, 29/08/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Destinatari target Post lauream Territorio e società Testo notizia Il progetto di ricerca ELMA, presentato congiuntamente da UniTS e dai Laboratori del GSI di Darmstadt, in Germania, ha ottenuto un finanziamento di 150.000 Euro per condurre uno studio sulla risposta energetica dei sensori a pixel monolitici di silicio (MAPS).ELMA è finanziato da fondi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) nell'ambito del quadro di Cooperazione Culturale Italia – Germania, che mira a facilitare l'accesso del personale di ricerca italiano ai grandi centri di ricerca tedeschi.I gruppi di ricerca del progetto ELMA, guidati da Giacomo Contin del Dipartimento di Fisica dell'Università di Trieste e da Silvia Masciocchi dell'Università di Heidelberg e del laboratorio GSI, studieranno sistematicamente la risposta dei MAPS a particelle accelerate a determinate energie. I ricercatori prepareranno e caratterizzeranno campioni funzionali di MAPS, in geometrie planari e curve, e li irraggeranno presso i fasci di ioni dell’acceleratore GSI-FAIR. La forma e le dimensioni dei gruppi di pixel attivati dalle particelle incidenti con diverso numero di carica ed energia, e le informazioni sul segnale analogico conservate dalla logica del rivelatore, saranno utilizzate per studiare la risposta e calibrare accuratamente i sensori per un ulteriore utilizzo nelle diverse applicazioni sperimentali.I laboratori del GSI metteranno a disposizione del progetto le strutture locali del fascio di irraggiamento e forniranno supporto scientifico e tecnico.Il progetto darà inoltre modo di instaurare una collaborazione duratura tra i gruppi italiano e tedesco, consentendo lo scambio di studenti e studentesse e del personale scientifico, l'accesso routinario alle rispettive strutture, ulteriori iniziative di ricerca congiunte e pubblicazioni scientifiche.Il finanziamento ha permesso anche di bandire borse di ricerca e due posizioni di assegnista post-dottorato. Per info per inviare la candidatura entro il 6 settembre 2024: https://amm.units.it/en/node/51946/assegno/pub e https://amm.units.it/en/node/51947/assegno/pub. FOTO: Illustrazione di 2 x 2 pixel del chip ALPIDE, attualmente operativo nel detector dell’esperimento ALICE al CERN.Credits: per gentile concessione della Collaborazione ALICE Abstract UniTS, Università di Heidelberg e GSI insieme in uno studio sui MAPS Mostra nel diario Off
Mare Sopra entra nel vivo Read more about Mare Sopra entra nel vivo Immagine WhatsApp Image 2024-08-19 at 16.24.32.jpeg Data notizia Mon, 19/08/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Comunicati stampa Ricerca Società e territorio Destinatari canale Ateneo Ricerca Impegno pubblico e sociale Destinatari target Territorio e società Testo notizia Entra nel vivo il progetto di divulgazione scientifica Mare Sopra ideato dall’Università di Trieste per sensibilizzare la cittadinanza sull’aumento del livello del mare causato dal riscaldamento globale. Il Friuli Venezia Giulia, con i suoi quasi 100 chilometri di costa, è particolarmente vulnerabile ai rischi causati dall’erosione costiera e dalle inondazioni che potrebbero minacciare le comunità locali e le infrastrutture. L'aumento del livello del mare in regione potrebbe compromettere non solo l’ambiente ma anche molte delle attività che gravitano sulle zone costiere, come la pesca e il turismo.Per comprendere meglio le condizioni delle coste del Friuli Venezia Giulia in questi giorni i ricercatori coinvolti nel progetto Mare Sopra hanno iniziato a monitorare il litorale triestino con un particolare mezzo, una sorta di kayak-pedalò-catamarano attrezzato con moderne tecnologie. Oltre alle misurazioni che verranno effettuate, tramite queste uscite in mare verrà raccolto un vasto patrimonio di immagini e riprese, anche subacquee e realizzate con i droni. Tutti gli aggiornamenti e i video delle prossime attività saranno disponibili sulla playlist dedicata a Mare Sopra disponibile sul canale YouTube dell’Università di Trieste. Al termine dell’estate il progetto proseguirà con ulteriori attività di sensibilizzazione sulle spiagge, indirizzate alle scolaresche e alla cittadinanza. Di particolare interesse sarà anche la realizzazione di video aerei sferici a 360° gradi acquisiti da un drone. Le immagini che verranno selezionate a partire da queste immersioni subacquee diventeranno un virtual tour ad altissima risoluzione.A conclusione di tutte queste attività le principali località costiere verranno contrassegnate con due linee: la linea gialla segnerà dove arriverà il mare nel 2050, quella rossa il suo livello nel 2100.Mare sopra è un progetto interdisciplinare ideato dal professor Stefano Furlani (Units), realizzato con la collaborazione di diversi partner e il contributo della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia. Coinvolge geomorfologi, sociologi e biologi di tre dipartimenti universitari (Matematica, Informatica e Geoscienze; Scienze Politiche e Sociali; Scienze della Vita), ma anche la cittadinanza, le scuole e le associazioni. Abstract Parte il monitoraggio del litorale triestino Mostra nel diario Off
Fast Radio Burst: su Nature studio INAF – UNITS Read more about Fast Radio Burst: su Nature studio INAF – UNITS Immagine INAF.jpg Data notizia Wed, 14/08/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Ricerca Internazionale Destinatari target Territorio e società Testo notizia I Fast Radio Burst (FRB), o lampi radio veloci, sono uno dei misteri aperti più recenti dell'astrofisica moderna: in pochi millisecondi rilasciano una quantità di energia tra le più alte osservabili nei fenomeni cosmici. Scoperti poco più di dieci anni fa, questi forti lampi in banda radio provengono da sorgenti per lo più extragalattiche, ma la loro origine è ancora incerta e molti sono gli sforzi della comunità astrofisica di tutto il mondo per cercare di comprendere i processi fisici alla loro origine.In pochissimi casi, il rapido lampo che caratterizza i fast radio burst coincide con un’emissione persistente, sempre in banda radio. Una nuova ricerca guidata dall’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) ha registrato l'emissione radio persistente più debole mai rilevata finora per un FRB. Si tratta di FRB20201124A, un lampo radio veloce scoperto nel 2020, la cui sorgente si trova a circa 1,3 miliardi di anni luce da noi. Oltre al lavoro di ricercatori e ricercatrici INAF, lo studio vede la collaborazione di UniTS (Roberta Tripodi), dell’Università di Bologna, della Calabria e la partecipazione internazionale di istituti di ricerca e università in Cina, Stati Uniti, Spagna e Germania.Le osservazioni, rese possibili dal radiotelescopio più sensibile al mondo, il Very Large Array (VLA) negli Stati Uniti, hanno permesso di verificare la predizione teorica che prevede una bolla di plasma all'origine dell'emissione radio persistente dei lampi radio veloci. I risultati sono pubblicati oggi sulla rivista Nature.Il nuovo lavoro aiuta anche a circoscrivere la natura del motore di questi misteriosi lampi. Secondo i nuovi dati, alla base del fenomeno risiederebbe una magnetar (stella di neutroni fortemente magnetizzata) oppure una binaria a raggi X con regime di accrescimento molto alto, ovvero un sistema binario formato da una stella di neutroni o da un buco nero che accresce materiale da una stella compagna a ritmi molto intensi. Sarebbero infatti i venti prodotti dalla magnetar, oppure dal sistema binario X, a “gonfiare” la bolla di plasma che dà origine all’emissione radio persistente. C’è quindi una relazione fisica diretta tra il “motore” del FRB e la bolla, che si trova nelle sue immediate vicinanze. “A nebular origin for the persistent radio emission of fast radio bursts”, di Gabriele Bruni, Luigi Piro, Yuan-Pei Yang, Salvatore Quai, Bing Zhang, Eliana Palazzi, Luciano Nicastro, Chiara Feruglio, Roberta Tripodi, Brendan O'Connor, Angela Gardini, Sandra Savaglio, Andrea Rossi, A. M. Nicuesa Guelbenzu, Rosita Paladino. Abstract Scoperta l’origine dell’emissione persistente osservata nei “lampi radio veloci”: è una bolla di plasma Mostra nel diario On Periodo di permanenza in Magazine Mon, 19/08/2024 - 12:00 - Tue, 20/08/2024 - 12:00
DC Microgrids: speech UniTS all'University of South Carolina, ateneo di riferimento nel settore Read more about DC Microgrids: speech UniTS all'University of South Carolina, ateneo di riferimento nel settore Immagine CAROLINA.jpg Data notizia Mon, 12/08/2024 - 12:00 Categoria notizia Ateneo Ricerca Destinatari canale Ateneo Internazionale Destinatari target Territorio e società Testo notizia Buon Compleanno UniTS anche dagli Stati Uniti!Il gruppo di ricerca dei laboratori D-ETEF del Dipartimento di Ingegneria e Architettura ha partecipato alla sesta edizione della "International Conference on DC Microgrids" organizzata dal IEEE (Institute of Electrical and Electronic Engineers, https://attend.ieee.org/icdcm-2024/ ) con una delegazione formata da Giorgio Sulligoi, Daniele Bosich e Andrea Alessia Tavagnutti, docenti e ricercatori di sistemi elettrici per l'energia nel nostro Ateneo.La conferenza si è svolta a Columbia (SC), alla University of South Carolina, università di riferimento per gli studi e le simulazioni real-time sui sistemi elettrici integrati, flessibili e ibridi AC/DC.Il prof. Sulligoi, che ha tenuto un keynote speech dal titolo "DC grids and ships: technological trends, proof of concepts, integrated ship design", ha dichiarato: "L'invito a partecipare come keynote speaker è giunto dai professori Enrico Santi, general chair, e Roger Dougal, general co-chair, figure di riferimento nel settore che ebbi la fortuna di conoscere ad alcune conferenze IEEE durante il mio dottorato di ricerca. Ricevere da loro l'invito a dare uno speech in sessione plenaria, dopo vent'anni di lavoro nel settore, mi ha reso particolarmente onorato. E' un risultato che è frutto del lavoro di tutto il gruppo di ricerca dei laboratori D-ETEF. Assieme a me han preso parte ai lavori i colleghi prof. Daniele Bosich, specialista del settore DC microgrids e track chair della conferenza sulle tematiche "Circuit Breakers and Protections", e la dott.ssa Andrea Alessia Tavagnutti, che ha appena preso servizio nel nostro Ateneo e che ha svolto parte del Dottorato in Ingegneria Industriale e dell'Informazione alMIT di Boston svolgendo ricerche nel settore specifico degli accumuli per le microgrid a corrente continua. Desidero inoltre ringraziare il nostro Ateneo per aver colto l’importanza di avere dei laboratori competitivi per eseguire test e prove di potenza sui sistemi elettrici in scala industriale, contribuendo alla ristrutturazione degli spazi per ottenere infrastrutture all'avanguardia".La keynote speech si è svolta esattamente l'8 di agosto, quindi il team UniTS ha potuto fare pubblicamente, dagli Stati Uniti, gli auguri del Centenario alla nostra Università! Nella foto: il prof. Giorgio Sulligoi ed Enrico Santi, General Chairman di ICDCM 2024 Abstract Negli USA il gruppo di ricerca dei laboratori D-ETEF del DIA Mostra nel diario On Periodo di permanenza in Magazine Mon, 19/08/2024 - 12:00 - Tue, 20/08/2024 - 12:00