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Valorizzazione del capitale umano, sostenibilità, ricerca, innovazione e attrattività internazionale al centro dei festeggiamenti dell’Università degli studi di Trieste, che a cento anni dalla sua fondazione ha inaugurato l’anno accademico 2023-2024 alla presenza del sindaco di Trieste Roberto Dipiazza, del presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga e della neoeletta presidente della CRUI – Conferenza dei Rettori delle Università italiane Giovanna Iannantuoni.

“Per il nostro ateneo è un onore ospitare per la prima volta nella nostra storia giunta e assemblea CRUI – ha esordito il rettore Roberto Di Lenarda – in questo anno così particolare per noi vogliamo ribadire il ruolo centrale che le Università pubbliche rivestono e fare appello affinchè vengano sempre meglio supportate con un sistema di finanziamenti efficace e che non generi eccessive disparità tra Nord e Sud e tra atenei pubblici e privati. E’ necessario soprattutto arginare con una regolamentazione seria il proliferare delle università telematiche, che offrono una didattica non paragonabile ai corsi degli atenei “in presenza”, e aumentare in maniera sensibile e con gli adeguati aiuti economici il numero dei laureati, drammaticamente basso. Solo se saremo sostenuti adeguatamente potremo supportare il Paese a far fronte alle sfide che arrivano dall’Intelligenza artificiale, dalla crisi energetica e ambientale e dal drammatico calo demografico le cui conseguenze si faranno sentire a breve”.

“Quando si parla di università in genere il primo pensiero va alla formazione dei giovani – ha commentato Giovanna Iannantuoni, Presidente della CRUI – Ma l’università ha anche un’altra missione fondamentale per le sorti del Paese. Ovvero quella che passa prima per la ricerca e poi per la valorizzazione dei suoi risultati, che genera innovazione. Il PNRR sta in questi anni fornendo ossigeno prezioso a queste attività, spesso trascurate dalla politica. Ma il PNRR, lo sappiamo, si conclude nel 2026 e il 2026 è domani. È quindi fin da ora che dobbiamo riflettere su che Paese vogliamo essere dal 2027 in poi. Io credo che l’Italia meriti di diventare un luogo dove tradizione e innovazione si alimentano a vicenda, economicamente prospero, dove i giovani non fuggono ma anzi vengono a realizzare i loro progetti. Nelle nostre università c’è un fermento incessante che spinge in questa direzione, ma da soli non possiamo di certo farcela. Abbiamo bisogno che il legame inscindibile che la crescita economica e lo sviluppo sociale hanno con l’innovazione che proviene dalla ricerca venga ribadito non solo nei proclami, ma nelle scelte concrete di politica economica.”