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Intervista a Ashot Agayan, studente incoming armeno partecipante al programma Erasmus KA171

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Raccontaci qualcosa di te: da dove vieni, il tuo background personale e accademico, le motivazioni che ti hanno spinto a partecipare al programma Erasmus.

Mi chiamo Ashot, vengo da Yerevan, in Armenia, e studio Politics and Governance all’American University of Armenia. Nel mio percorso mi sono concentrato soprattutto su politica comparata, sociologia e metodi di ricerca sociale. La politica mi ha sempre affascinato, fin da ragazzo: è il modo in cui una società si organizza, prende decisioni e affronta le proprie sfide, e io volevo capirla da dentro.

Durante gli studi ho capito che non basta restare fermi nella propria zona di comfort. Per capire davvero come funzionano le cose nel mondo serve guardare oltre i confini, confrontarsi con chi ha vissuti diversi, con sistemi diversi, con mentalità diverse. È proprio questo che mi ha spinto a candidarmi per il programma Erasmus. 

Alla mia università ho avuto modo di conoscere molti studenti internazionali, ma partire per vivere io stesso questa esperienza è stato un passo in più. È un’occasione che ti cambia, dentro e fuori dall’aula.

Il tuo impatto con l’Università di Trieste: città, campus, lezioni, docenti, studenti, servizi... com’è andata?

Trieste mi ha colpito subito per il suo equilibrio: è una città tranquilla, sul mare, ma allo stesso tempo piena di storia e stimoli. Non è dispersiva come alcune grandi città, e questo aiuta molto a concentrarsi e a trovare un buon ritmo nello studio. C’è un’atmosfera accogliente, rilassata, che mi ha permesso di ambientarmi in fretta.

Dal punto di vista accademico, l’esperienza è molto positiva. Sto seguendo i corsi nel campus di Gorizia, che ha un ambiente raccolto e ben organizzato. Le lezioni sono coinvolgenti, i docenti preparati e molto disponibili: si crea facilmente un dialogo, anche se si arriva da altri sistemi universitari.

Ma la parte più bella è sicuramente la dimensione internazionale. Qui ho conosciuto studenti da tutta Europa e oltre. Ci si aiuta, ci si confronta, si condividono esperienze. A volte basta una pausa caffè per scoprire prospettive completamente nuove. Anche i servizi per gli studenti internazionali sono ben strutturati e accessibili: mi sono sentito supportato fin dal mio arrivo.

C’è qualcosa della tua cultura o del tuo Paese che hai avuto modo di condividere con gli altri studenti qui a Trieste? E viceversa, c’è un aspetto della cultura italiana che ti ha colpito o ispirato particolarmente?

Sì, ho avuto l’occasione di condividere diversi aspetti della cultura armena con altri studenti. Abbiamo parlato della nostra storia, delle tradizioni, della musica, della cucina… In tanti si sono dimostrati curiosi e molto interessati. Ho raccontato anche della presenza armena in Italia, in particolare della comunità di Venezia, che ha una storia lunghissima e un legame forte con la cultura italiana.

D’altra parte, l’Italia mi ha lasciato davvero il segno. Mi ha colpito la cura per i dettagli, per l’estetica, per la qualità: nell’arte, nel cibo, nel modo di vivere in generale. C’è un senso del “bello” che attraversa tutto, e che non è superficiale: è parte della cultura profonda del Paese. Anche lo stile di vita italiano mi ha fatto riflettere: il modo di bilanciare lavoro e tempo libero, di essere appassionati ma anche rilassati, di prendersi il proprio tempo senza per forza correre.

Guardando al futuro, in che modo pensi che questa esperienza potrà influenzare i tuoi prossimi passi, sia dal punto di vista accademico che personale?

Questa esperienza mi ha dato tanto, su più livelli. A livello accademico, mi ha permesso di affrontare alcuni temi con uno sguardo nuovo. Corsi come EU Law and Policies e Conflict Resolution and Peace-Building mi hanno stimolato molto e mi hanno aiutato ad affinare le mie capacità critiche. Sto imparando a porre domande più complesse, a leggere i fenomeni politici con più profondità, e questo avrà un impatto diretto sui miei studi e sulle mie future ricerche.

Sul piano personale, invece, credo che il cambiamento sia ancora più forte. Vivere e studiare in un Paese diverso ti obbliga a uscire dai tuoi schemi, a adattarti, a comunicare in modo efficace con persone che hanno abitudini e mentalità differenti. Ora mi sento più autonomo, più sicuro, più pronto ad affrontare situazioni nuove.

E queste competenze – flessibilità, comunicazione interculturale, spirito di iniziativa – sono utili ovunque: nel mondo accademico, nel lavoro, ma anche nella vita in generale.

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