Data notizia 16 Maggio 2025 Immagine Image Testo notizia Il gruppo di ricerca del prof. Pierangelo Gobbo del Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche dell’Università di Trieste ha compiuto un entusiasmante passo avanti nella creazione di tessuti artificiali che rispondono alla luce e che hanno battezzato "prototessuti fotonastici".Questo lavoro affronta una sfida centrale nella biologia sintetica, la disciplina a cavallo tra ingegneria e biologia nata per costruire sistemi biologici artificiali combinando chimica, biotecnologia e ingegneria: creare tessuti artificiali che non solo imitino la struttura dei sistemi viventi, ma integrino anche movimento e funzioni biochimiche. Il gruppo di ricerca UniTS ha creato una potente piattaforma per la progettazione di materiali che appunto non si limitano ad esistere passivamente, ma reagiscono e si adattano attivamente all’ambiente.Le potenziali applicazioni incideranno sensibilmente sulle tecniche di somministrazione programmata di farmaci, nel settore dei materiali bioispirati e nella soft robotica, che utilizza materiali morbidi e flessibili per creare robot in grado di piegarsi, deformarsi e adattarsi all'ambiente circostante.In dettaglio i ricercatori, ispirandosi al modo in cui i tessuti reali convertono l'energia in movimento e funzioni, hanno progettato materiali sintetici simili a tessuti che possono contrarsi e spegnere la loro reattività interna quando vengono esposti alla luce.Il segreto di questi prototessuti dinamici risiede nella combinazione di due elementi: nanoparticelle d'oro che convertono la luce in calore e una “proto-cortex” polimerica sensibile alle variazioni termiche. Analogamente alla cortex delle cellule viventi, questa altro non è che uno strato polimerico che ricopre l’interno della membrana protocellulare e conferisce alla protocellula una maggiore resistenza meccanica. Quando vengono irradiate, le nanoparticelle d'oro generano calore e innescano la contrazione della proto-cortex. Questo fa sì che le singole protocellule che compongono il materiale si contraggano proprio come un piccolo muscolo. Quando la luce viene spenta, la struttura si rilassa prontamente.Oltre al movimento, hanno dimostrato che queste contrazioni possono regolare il metabolismo enzimatico del tessuto, bloccando o consentendo l'accesso a piccole molecole di substrato. In altre parole, l'intensità della luce può essere utilizzata per provocare contrazioni reversibili che possono modulare un processo biochimico ospitato all'interno del materiale.Il lavoro, ora pubblicato su Advanced Materials, https://advanced.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/adma.202502830 è stato sviluppato in collaborazione con i professori Piero Pavan e Silvia Todros (Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università di Padova; Tissue Engineering Lab, Fondazione Istituto di Ricerca Pediatrica Città della Speranza).La ricerca è stata sostenuta dal Consiglio Europeo della Ricerca (ERC Starting Grant PROTOMAT, 101039578), dall'Unione Europea Next Generation EU (progetto PRIN PNRR 3D-L- INKED, P2022BLNCS; progetto PRIN SAMBA 2022285HC5_002; progetto PNRR “Metabolic and cardiovascular diseases ‘CN00000041) e dal progetto Marie Skłodowska-Curie Individual Fellowship ’SAPTiMeC” (101023978).Nella foto: flessione del prototessuto fotonastico a forma di stella marina a sei braccia dopo l'esposizione alla luce (stato rilassato con luce spenta – stato contratto con luce accesa)