Data notizia 3 Settembre 2025 Immagine Image Testo notizia Un nuovo materiale composito, basato sull’interazione tra ossido di cerio e nanostrutture di carbonio, è stato sviluppato in uno studio coordinato da Università di Trieste e Università di Bologna e pubblicato sulla rivista Advanced Functional Materials. Il materiale si è dimostrato in grado di convertire elettrochimicamente la CO₂ con alta efficienza energetica, utilizzando una quantità significativamente ridotta di componenti cataliticamente attivi.Il biossido di carbonio, principale gas serra e causa diretta del riscaldamento globale, è al centro dell’attenzione della ricerca internazionale per la transizione verso un’economia a impatto zero. L’elettrocatalisi rappresenta una delle strategie più promettenti per trasformare la CO₂ in prodotti utili per l’industria, contribuendo al tempo stesso alla decarbonizzazione dei processi produttivi.Come sottolinea Michele Melchionna, professore di Chimica Generale e Inorganica all’Università di Trieste, che ha firmato lo studio insieme a Giovanni Valenti dell’Università di Bologna, “la conversione catalitica di CO2 è una delle sfide più interessanti e rilevanti nel panorama moderno, e va necessariamente integrata nell’ambito di processi sostenibili come la fotocatalisi o l’elettrocatalisi. Questo richiede lo sviluppo di materiali catalitici piuttosto complessi perché l’efficienza della conversione chimica di CO2 dipende in maniera critica da un preciso bilancio delle proprietà del catalizzatore. Per questo motivo una strategia molto utile è quella di ricorrere all’opportuno interfacciamento di più fasi, come nel caso del nostro progetto.”Anche Paolo Fornasiero,ordinario di Chimica Generale e Inorganica a UniTS e co-autore dello studio insieme alla ricercatrice UniTS Miriam Marchi, evidenzia un aspetto cruciale del lavoro: “in un panorama politicamente molto instabile, in cui l’estrazione e la distribuzione dei elementi chimici strategici ha forti dipendenze geopolitiche, diventa sempre più importante massimizzare l’efficienza catalitica e la stabilità dei materiali riducendone così le quantità necessarie a ottenere prestazioni industrialmente accettabili.” Lo studio ha visto la partecipazione di altri gruppi di ricerca dell’Università di Padova e del centro di ricerca CIC biomaGUNE di San Sebastián ed è stato condotto grazie al finanziamento di diversi progetti di ricerca, tra cui il progetto europeo H2020 Decade e i progetti nazionali PRIN-PNRR ECHO-EF e PRIDE.Link all’articolo