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Recenti osservazioni realizzate con l’ausilio dell’Hubble Space Telescope hanno rivelato un numero sorprendentemente elevato di buchi neri nell’universo primordiale. Questa ricerca, guidata dal professor Matthew Hayes dell'Università di Stoccolma e pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, ha coinvolto anche il dottorando di ricerca Vieri Cammelli dell’Università di Trieste.

L'Hubble Space Telescope (HST) è un telescopio spaziale lanciato nel 1990 da NASA ed ESA, che continua a fornire immagini straordinarie del cosmo. Una delle sue osservazioni più iconiche, nonché una delle più profonde mai raccolte nello spettro della luce visibile, è stata l'Hubble Ultra Deep Field (HUDF), un’immagine dell’universo che mostra galassie formatesi non molto tempo dopo il Big Bang.

A distanza di 12 anni, il team di ricercatori ha nuovamente osservato questa stessa area dell’universo per identificare i cosiddetti nuclei galattici attivi, segnali della presenza di buchi neri in accrescimento. Utilizzando le variazioni di luminosità delle galassie sono stati scoperti numerosi buchi neri ospitati al loro interno, molti dei quali formati durante le prime fasi di vita dell'universo.

La scoperta si allinea con i risultati ottenuti dal James Webb Space Telescope (JWST), un nuovo strumento che continua a spingere i limiti delle osservazioni astronomiche. JWST, lanciato nel 2021, è in grado di osservare oggetti ancora più lontani e fornire nuove informazioni sulla nascita e la crescita dei buchi neri.

Vieri Cammelli, dottorando all'Università di Trieste e cofinanziato dall’Università Chalmers di Göteborg, ha avuto un ruolo fondamentale nell’analisi dei dati: la sua ricerca, che sarà parte integrante della sua tesi di dottorato, rappresenta un contributo significativo alla comprensione di come i buchi neri supermassicci si siano formati nelle prime fasi dell’evoluzione cosmica.

Per approfondire i risultati della ricerca, è possibile leggere Glimmers in the Cosmic Dawn: A Census of the Youngest Supermassive Black Holes by Photometric Variability su The Astrophysical Journal Letters.